16/03/2022, 10.48
YEMEN - GOLFO
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Conflitto Yemen: monarchie del Golfo vogliono soluzione negoziale

Il Gcc invita a Riyadh una delegazione Houthi per cercare di raggiungere un cessate il fuoco duraturo. A breve verranno inviati “inviti formali”. Ma i ribelli sembrano propensi a declinare per il ruolo attivo dei sauditi. Si aggrava la crisi umanitaria: agenzie Onu lanciano l’allarme: 161mila persone a rischio carestia entro fine anno. 

 

Riyadh (AsiaNews) - Il Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc), organizzazione con base a Riyadh, si propone come mediatore per raggiungere una tregua duratura nello Yemen invitando una delegazione Houthi nella capitale saudita per consultazione con le controparti. L’iniziativa si inserisce nel solco degli sforzi messi in atto dalle Nazioni Unite in un’ottica di pace, mentre nel Paese si fa sempre più drammatica l’emergenza umanitaria sulla quale potrebbe influire anche la guerra russa in Ucraina e la crisi nelle forniture di grano. 

Nei prossimi giorni dovrebbero partire “inviti formali” per colloqui riguardanti questioni militari, politiche ed economiche nel conflitto fra Houthi (sostenuti dall’Iran) e la coalizione araba a guida saudita che supporta il governo yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale. La guerra è entrata nel suo ottavo anno e ha provocato decine di migliaia di morti, milioni di sfollati interni e danni le cui conseguenze si avvertiranno per i prossimi decenni.

Una fonte ufficiale del Gcc, dietro anonimato, spiega che gli Houthi saranno “ospiti” del segretario generale dell’organizzazione Nayef Falah Mubarak Al-Hajraf nel suo quartier generale a Riyadh. Alla delegazione del movimento ribelle verranno assicurate tutte le garanzie nell’ottica dei colloqui, che si dovrebbero tenere fra il 29 marzo e il 7 aprile. Tuttavia, le speranze di successo appaiono assai limitate per il ruolo di primo piano ricoperto dall’Arabia Saudita. Un alto ufficiale Houthi, interpellato dalla Reuters, sottolinea che il gruppo difficilmente accetterà di viaggiare nel regno wahhabita, che è parte attiva nella guerra e sostiene l’esecutivo di Abd-Rabbu Mansour Hadi, considerato corrotto e frutto di una “aggressione straniera” dai ribelli sciiti. “Riyadh - spiega Mohammed Ali al-Houthi, capo del comitato supremo - è parte della guerra e non un negoziatore”. 

Intanto nello Yemen si fa sempre più drammatica la situazione umanitaria, come denunciano in un rapporto pubblicato in questi giorni oltre una decina di organizzazioni internazionali legate all’Onu e presenti sul territorio. Secondo l’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), nel Paese arabo 161mila persone saranno soggette alla carestia nella seconda metà del 2022, con un dato cinque maggiore rispetto a quello attuale e livelli catastrofici di fame. 

David Beasley, capo del World Food Program (Wfp), sottolinea che “queste cifre strazianti confermano che è in atto un conto alla rovescia per la catastrofe in Yemen e siamo quasi fuori tempo massimo per evitarlo”. Il rapporto dell’Ipc afferma che 19 milioni di yemeniti - su una popolazione di oltre 30 milioni - con tutta probabilità non potranno soddisfare il fabbisogno alimentare minimo tra giugno e dicembre, un dato in crescita rispetto agli attuali 17,4 milioni. Inoltre, 2,2 milioni di bambini, tra cui 538mila già gravemente malnutriti e circa 1,3 milioni di donne, saranno a rischio fame grave entro la fine dell’anno. “Sempre più bambini - sottolinea Catherine Russell, direttore esecutivo Unicef - andranno a letto affamati” e questo li mette in grave rischio “di deterioramento fisico e cognitivo, persino di morte”. 

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