01/12/2023, 12.05
EMIRATI ARABI UNITI
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Cop28, Guterres: i leader devono curare la ‘malattia’. Biden e Xi snobbano l’evento

Il leader Onu ricorda i ghiacci che si sciolgono in Antartide e sulle vette del Nepal. Un “sintomo” del male che “mette in ginocchio il clima”. Gli Emirati, padroni di casa, stanziano un fondo da 30 miliardi di dollari. Il segretario di Stato Vaticano interverrà a nome del pontefice costretto a disertare per problemi di salute. L’ambiente tema di dialogo interreligioso. 

Dubai (AsiaNews) - Dai ghiacci che “si sciolgono” in Antartide a quelli in Nepal, sono due luoghi “distanti fra loro” ma uniti “da una crisi comune”. Con un esempio frutto di un’esperienza personale dell’ultimo periodo il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha aperto la Conferenza Onu sul clima (Cop28) in programma dal 30 novembre al 12 dicembre a Expo City Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (Eau). “Il ghiaccio polare e i ghiacciai [dell’Himalaya] stanno svanendo davanti ai nostri occhi, causando il caos in tutto il mondo: dalle frane alle inondazioni, fino all’innalzamento dei mari” ha ricordato il capo delle Nazioni Unite, sottolineando che esso è “solo un sintomo della malattia che mette in ginocchio il nostro clima”.

Glissando sulle polemiche di ecologisti e ambientalisti per l’assegnazione dell’evento all’emirato del Golfo, che basa gran parte delle ricchezze sugli idrocarburi, nel discorso inaugurale si è poi rivolto ai “leader globali” ricordando che questa è una “malattia” che “solo voi potete curare”. A partire, ha concluso Guterrese, dall’innalzamento delle temperature ben oltre il fatidico limite di 1,5 gradi. Sempre oggi, in apertura dell’evento, il padrone di casa e presidente degli Emirati Arabi Uniti Sheikh Mohammed Bin Zayed, ha annunciato la creazione di un fondo da 30 miliardi di dollari per fornire “soluzioni globali” alle questioni climatiche. Il fondo è stato progettato per colmare il divario in tema di finanziamenti per il clima e mira a stimolare 250 miliardi di dollari di investimenti entro il 2030; esso segue l’istituzione, registrata ieri, di un ulteriore fondo per le perdite e i danni per aiutare le nazioni povere a far fronte agli impatti del cambiamento climatico.

All’evento prendono parte oltre 70mila fra capi di Stato, funzionari governativi, industriali internazionali e rappresentanti del settore privato. A questi si aggiungono accademici, esperti, giovani e attori non statali per approfondire i contenuti dell’Accordo di Parigi e che, negli Emirati, verranno sintetizzati per un primo bilancio globale. Tuttavia, vanno registrate alcune defezioni di primissimo piano a partire dal presidente Usa Joe Biden e dall’omologo cinese Xi Jinping (entrambi, fra l’altro, fra i principali responsabili di emissioni nocive e inquinamento) che non saranno presenti all’appuntamento.

Mancherà anche papa Francesco, che ha dovuto rinunciare all’ultimo su indicazione dei medici per i problemi di salute dell’ultimo periodo, il cui intervento alla conferenza Onu era in calendario in origine da oggi al 3 dicembre. Il pontefice avrebbe dovuto tenere un discorso nella giornata di domani, seguito da numerosi incontri bilaterali e l’inaugurazione, domenica 3, del “Padiglione della fede”; una struttura che incarna e promuove i sei obiettivi che ne hanno determinato la nascita, partendo dall’essere fonte di ispirazione per leader religiosi perché siano agenti di cambiamento per il clima. Come ha anticipato ieri il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni, a rappresentare il pontefice che più di ogni altro ha prestato attenzione ai temi ambientali e al clima sarà il segretario di Stato card. Pietro Parolin, che presiederà la delegazione della Santa Sede già presente a Dubai. Sarà il porporato a pronunciare il discorso del papa e a inaugurare, assieme al prefetto del dicastero per il Dialogo interreligioso card. Ayuso Guixot, il “Faith Pavillion”.

Sotto il pontificato di Francesco la Chiesa ha dato ampio risalto ai temi ambientali e ai cambiamenti climatici che, per mons. Paolo Martinelli vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), sono ormai temi “di catechesi” a tutti gli effetti. E l’ecologia, la cura del pianeta quale “casa comune” come l’ha definita il papa, possono essere terreno di missione ed elemento di dialogo e incontro con l’islam, soprattutto in una realtà a larga maggioranza musulmana come quella del Golfo. Le questioni sono studiate e osservate con “forte interesse” dai giovani, spiega il prelato, soprattutto “nella società emiratina e nel vicino Oman” in cui si è dato ampio spazio durante la catechesi alla lettura e all’approfondimento di “contenuti proposti nella Laudato Sì”. “L’elemento interreligioso nell’affrontare le questioni climatiche è un punto centrale ed è fattore di dialogo” ha sottolineato di recente il vicario in una intervista ad AsiaNews, mentre le fedi hanno “il compito comune di custodire e promuovere il creato”. 

Tuttavia, sulla conferenza Onu gravano anche diverse nubi a partire dalle guerre che insanguinano il pianeta. E se la Cop27 di Sharm el-Sheikh è stata segnata dalla guerra lanciata dalla Russia in Ucraina (e tuttora in corso), così l’appuntamento negli Emirati non può essere slegato dalla nuova crisi in Medio oriente insanguinato dal conflitto fra Israele e Hamas. Al tema della guerra si legano anche gli elementi collegati della sicurezza e dell’energia, anche perché nell’area si trovano oltre a giacimenti di gas e pozzi petroliferi anche fondi sovrano e questioni finanziarie. Vi è poi il peso degli obiettivi fissati dall’Accordo sul clima di Parigi del 2015 e ben lontani dall’essere raggiunti, con un bilancio complessivo a otto anni di distanza che non è eccessivo definire fallimentare.

Infine, sulla Cop28 vi sarebbero anche problemi legati alla sorveglianza e allo spionaggio su vasta scala. In un rapporto pubblicato ieri gli attivisti di Human Rights Watch (Hrw) sottolineato che i funzionari di governo, attivisti e membri della società civile, esperti di ambiente e opinion leader saranno esposti a una sorveglianza definita “intrusiva” in particolare per quanto riguarda le “voci critiche”. “I negoziati che mirano a fornire l’ambizioso risultato di cui il mondo ha urgente bisogno per affrontare il cambiamento climatico - sottolinea in una nota Hrw - non hanno molta probabilità di successo se i delegati non possono comunicare senza paura”. Le autorità degli Emirati hanno allestito una rete che permette “ampia sorveglianza delle comunicazioni” e i partecipanti “possono essere soggetti al monitoraggio governativo dei loro post e commenti online, all’intercettazione dei loro messaggi di testo e alla scansione del loro traffico di rete”. Data la “severa punizione” del dissenso del governo degli Eau, conclude la nota, questa sorveglianza “rappresenta un rischio per i partecipanti alla Cop28, in particolare per quelli che criticano le autorità”.

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