25/05/2009, 00.00
PAKISTAN
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Cristiani pakistani, digiuno e preghiera per la pace nello Swat

di Qaiser Felix
A Mingora talebani ed esercito si affrontano in una battaglia “casa per casa”. Agenzia Onu per i rifugiati parla di circa 2,4 milioni di profughi in fuga dalla guerra. Leader cattolici e protestanti chiedono parità di diritti per le minoranze e giustizia sociale.
Lahore (AsiaNews) – I cristiani del Pakistan esprimono “profonda preoccupazione” per la guerra fra esercito e talebani nello Swat e annunciano una giornata di “digiuno e preghiera” per il 30 maggio prossimo. Per le strade di Mingora è in corso una battaglia “casa per casa” fra gli estremisti e militari; secondo fonti Onu, il numero dei profughi in fuga dalla guerra ha raggiunto quota 2,4 milioni.
 
I vertici dell’esercito di Islamabad avvertono che saranno necessari “da sette a 10 giorni per liberare Mingora dai talebani” e aggiungono che le operazioni “potranno andare a rilento per evitare vittime civili, danneggiamenti e distruzioni delle proprietà”. Un ufficiale dell’esercito, in condizioni di anonimato, riferisce la morte dei sei fondamentalisti la scorsa notte a Kabal, 20 km a ovest di Mingora, la roccaforte dei talebani nello Swat. “Stavano piazzando una bomba in un moschea – spiega l’ufficiale – ma questa gli è esplosa in faccia”. Altre voci parlano di “talebani in fuga” che “abbandonano i corpi delle vittime”, ma non vi sono conferme per la mancanza di fonti indipendenti.
 
Ariane Rumery, portavoce dell’Alto commissario Onu per i rifugiati, afferma che “circa 2,4 milioni di persone” si sono registrate presso le autorità della North-West Frontier Province (Nwfp), dopo aver abbandonato le zone teatro del conflitto nello Swat, nel vicino Lower Dir e Buner. La maggior parte dei rifugiati ha trovato ospitalità presso partenti e amici, ma moltissimi altri sono ammassati nei campi profughi governativi.
 
La guerra nello Swat e il dramma degli sfollati, specchio della crisi attraversata dal Pakistan,  preoccupano la Chiesa protestante e cattolica, che lanciano una campagna per aiutare le vittime. “Come rappresentanti della Chiesa e a nome dei cristiani del Pakistan – sottolineano i leader cattolici e protestanti – esprimiamo profonda preoccupazione per la situazione attuale del Paese”. Essi si rivolgono al governo centrale e ai governi locali per chiedere: la cancellazione di parte del 17esimo emendamento della Costituzione del 1973, in cui vengono sancite “discriminazioni di genere e di credo religioso”; il sostegno del principio “un cittadino, un voto” e la promozione del concetto di giustizia sociale a favore delle minoranze emarginate; un rafforzamento del sistema scolastico, dal quale vengano rimossi i testi che incitano all’odio interconfessionale.
 
Cattolici e protestanti hanno inoltre indetto una giornata di “digiuno e preghiera” per la pace il 30 maggio; il 13 giugno vi sarà una marcia di protesta a livello nazionale; il 16 agosto le chiese del Pakistan celebreranno la “Domenica per la giustizia sociale” dedicata agli emarginati.
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