14/11/2017, 08.52
SIRIA - RUSSIA - TURCHIA
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Decine di vittime civili in un raid aereo sulla cittadina ribelle di Atareb

Il bilancio provvisorio è di 53 morti, ma la cifra è destinata ad aumentare per i molti feriti gravi. Ancora incerti gli autori del raid: attivisti locali parlano di caccia dell’esercito siriano o aerei russi. L’area rientra nelle zone di de-escalation. Putin ed Erdogan rilanciano gli sforzi diplomatici per la pace nel Paese.

 

Damasco (AsiaNews/Agenzie) - È di almeno 53 vittime, in maggioranza civili e bambini, il bilancio aggiornamento di una serie di raid aerei che ha colpito il mercato centrale di una cittadina ribelle, in una delle zone di “de-escalation” del conflitto a nord della Siria. A riferirlo sono fonti locali rilanciate dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdh), che non sono però in grado di precisare se a sferrare l’attacco di ieri sono stati caccia dell’aviazione di Damasco o dell’alleato russo.

Epicentro dell’operazione militare la cittadina di Atareb, controllata dai gruppi in lotta contro il presidente siriano Bashar al-Assad. Per identificare gli autori degli attacchi, di solito i testimoni sul campo si basano sulla tipologia di aerei impiegati, la loro localizzazione e le munizioni che restano sul terreno dopo l’attacco.

Atareb, situata nel settore occidentale della provincia di Aleppo e controllata da diversi gruppi ribelli, è stata oggetto di tre diversi raid aerei. Fonti della Osdh non escludono un aggiornamento verso l’alto del bilancio, a causa dell’elevato numero dei feriti alcuni dei quali in gravi condizioni. Abitanti sotto shock per l’attacco hanno cercato di evacuare i feriti rimasti sotto le macerie; le distruzioni sono enormi e diffuse, con rovine sparse dappertutto.

Le zone di de-escalation del conflitto sono il frutto dei colloqui di Astana, capitale del Kazakistan, sponsorizzati da Russia, Iran (alleate al governo di Damasco) e la Turchia (vicina alla galassia dei gruppi ribelli). In totale ve ne sono quattro, situate in zone diverse del Paese, e al loro interno vige - in linea di principio - il cessate il fuoco fra esercito governativo e gruppi ribelli. Una di queste aree riguarda la provincia di Idlib, la sola del nord-ovest a restare in mano ai ribelli, oltre che parti delle vicine province di Hama, Aleppo, Lattakia.

Ieri intanto si sono incontrati il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan, in faccia a faccia durato oltre quattro ore a Sochi, resort turistico sul mar Nero. I due leader, su fronti opposti nel contesto del conflitto siriano, si sono accordati sulla necessità di rafforzare gli sforzi diplomatici per il raggiungimento di un accordo politico di lungo periodo fra le parti in lotta. “Siamo uniti - ha dichiarato il leader del Cremlino al termine dell’incontro - nel bisogno di accrescere gli sforzi per assicurare una stabilizzazione [della Siria] di lungo periodo. E soprattutto di portare avanti il processo nella direzione di un accordo politico”. Gli fa eco il presidente turco, secondo cui vi è oggi “una base che ci permette di focalizzare l’attenzione sul processo politico”.

Il conflitto siriano, divampato nel marzo 2011 come moto di protesa contro il presidente Assad poi trasformatosi in una guerra a tutto campo con infiltrazioni jihadiste, ha causato sinora quasi 400mila morti. Esso ha innescato al contempo la peggiore crisi umanitaria dalla Seconda guerra mondiale, con milioni di profughi e sfollati interni.

 

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