12/02/2004, 00.00
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Emigrati clandestini travestiti da turisti

Pechino (AsiaNews/SCMP) – Guo Binlong, uno dei 35 raccoglitori cinesi di molluschi, travolti da una mareggiata giovedì 5 febbraio in Gran Bretagna, ha telefonato col cellulare alla moglie in Cina poco prima di morire. Guo , 30 anni, originario del Fujian, era cristiano. Mentre la marea saliva, la moglie ha rivelato al Daily Telegraph che Guo le diceva: "Sono in grande pericolo; l'acqua mi giunge al petto. Forse sto per morire….Dì a tutta la famiglia di pregare per me. Siamo vicini, sto morendo".

Guo lavorava a Morecambe Bay (Gran Bretagna nord-occidentale) solo da qualche giorno. Le 19 vittime del tragico incidente, 17 uomini e 2 donne, erano tutti giovani ventenni, fatti espatriare illegalmente da una rete di trafficanti cinesi per lavorare su quelle spiagge pericolose. Vivevano in condizioni disumane, vivendo in case sovraffollate e guadagnando circa 10 dollari l'ora.

Questo episodio rientra nel più vasto e drammatico problema dell'emigrazione e del traffico illegale di lavoratori cinesi, che da decenni vengono ingaggiati da bande criminali ben organizzate ed operanti a livello mondiale, con la promessa di un lavoro sicuro e ben pagato in occidente.

Negli ultimi anni, l'apertura della Cina all'occidente e un crescente benessere economico hanno spinto Pechino ha eliminare le restrizioni su viaggi e spostamenti, causando un flusso sempre maggiore di cinesi in viaggio per l'estero. Questo ha comportato un cambiamento anche nella gestione del traffico dei lavoratori illegali, in particolare nelle modalità di reclutamento della manodopera. Approfittando della maggiore facilità di ottenere visti turistici, le organizzazioni criminali riescono a gestire i loro traffici in modo più sicuro, economico e "regolare": gli "aspiranti lavoratori" non sono più fatti espatriare senza visto, in condizioni di rischio e precarietà dove è più facile essere scoperti (nascosti nelle navi, nei treni, nei camion), ma in modo "legale", con il visto turistico per il paese di destinazione, di solito Stati Uniti, Europa, Australia, Giappone, Corea del Sud. Lo scorso ottobre, l'Unione Europea e la Cina hanno firmato un accordo, che permette a 12 paesi membri di rilasciare visti turistici ai cittadini cinesi, che in passato potevano ottenere il visto turistico solo per alcuni paesi del Sud-est asiatico. Altri 28 paesi (fra cui Ungheria, Australia, Nuova zelanda, Turchia, Egitto…) possono accogliere gruppi di almeno 5 persone provenienti dalla Cina grazie agli accordi stipulati.

Il World Tourism Organization prevede che entro il 2020 più di 100 milioni di cinesi si recheranno in vacanza all'estero. Secondo Xu Peng, direttore del Dipartimento di amministrazione e organizzazione del Ufficio del Turismo del Zhejiang, negli ultimi anni è aumentato il numero dei turisti scomparsi. Il prof. Huang Lunlong, esperto di emigrazione all'Università di Nanchino, ha detto che diminuiscono i cinesi che vanno all'estero illegalmente, mentre aumentano quelli che vi si recano con un visto turistico. Secondo stime ufficiali, l'1-3% dei turisti non torna a casa: più di 50 mila nel 2002, tra i 60-70 mila nel 2003.

Per contrastare il traffico clandestino di "turisti-lavoratori", Pechino ha imposto regole e sanzioni più severe alle agenzie di viaggi, che lamentano difficoltà nel gestire la situazione. Se qualche turista rimane più a lungo in un paese, all'agenzia viene revocata la licenza per organizzare viaggi in quel paese. Le agenzie hanno anche l'obbligo di informarsi sulla condizione economica e patrimoniale dei propri clienti, per tentare di capire se si tratta di turisti "veri" o possibili vittime delle bande criminali. Alla prenotazione del viaggio esse devono anche esigere un deposito tra 20-100 mila yuan (2.500 – 12.500 dollari) che sarà restituito al ritorno. Il pagamento richiesto dagli organizzatori degli espatri clandestini varia dai 20-30 mila yuan per la Corea del Sud ai 30-50 mila yuan (fino addirittura a  100 mila) per gli Stati Uniti. (MR)

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