25/12/2023, 12.20
VATICANO
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Francesco a Natale: ‘Basta logica delle armi, per dire sì al Principe della pace’

Nel messaggio Urbi et Orbi le “stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra”. Francesco torna a chiedere la liberazione degli ostaggi e la fine dei bombardamenti a Gaza. Un pensiero agli sfollati del Nagorno Karabakh. “Si avvicini la pace nella penisola coreana”.

 

Città del Vaticano (AsiaNews) – “Come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi?”. In un Natale così segnato dal dramma delle guerre, nel suo messaggio Urbi et Orbi dalla loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro, papa Francesco ha lanciato un forte invito a scegliere “il Principe della pace” nato a Betlemme, opponendosi a quello che la Scrittura chiama “il principe di questo mondo” (Gv 12,31) che, seminando morte, agisce contro il Signore, “amante della vita”.

“Lo vediamo in azione a Betlemme quando, dopo la nascita del Salvatore, avviene la strage degli innocenti - ha continuato Francesco -. Quante stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi”.

Per Francesco dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, “a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire ‘no’ alla guerra - ha aggiunto - bisogna dire ‘no’ alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre”.

Ricordando la profezia di Isaia - “una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione” – Francesco ha invocato che si avvicini questo giorno “in Israele e Palestina, dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni. Le abbraccio tutte – ha commentato - in particolare le comunità cristiane di Gaza e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le Parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale”.

Allargando lo sguardo sul mondo ha rivolto il suo pensiero anche “alla popolazione della martoriata Siria, come pure a quella dello Yemen ancora in sofferenza. Penso al caro popolo libanese e prego perché possa ritrovare presto stabilità politica e sociale.  Con gli occhi fissi sul Bambino Gesù imploro la pace per l’Ucraina. Rinnoviamo la nostra vicinanza spirituale e umana al suo martoriato popolo, perché attraverso il sostegno di ciascuno di noi senta la concretezza dell’amore di Dio”.
Ha auspicato che “si avvicini il giorno della pace definitiva tra Armenia e Azerbaigian. La favoriscano la prosecuzione delle iniziative umanitarie, il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità”. Ma ha chiesto anche che “si avvicini il giorno in cui si rinsalderanno i vincoli fraterni nella penisola coreana, aprendo percorsi di dialogo e riconciliazione che possano creare le condizioni per una pace duratura”.

“Dal presepe – ha detto ancora - il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce: voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli”.

Ha infine ricordato l’appuntamento del Giubileo che si aprirà tra un anno: “Questo periodo di preparazione sia occasione per convertire il cuore; per dire ‘no’ alla guerra e ‘sì’ alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama, come ancora profetizzò Isaia, ‘a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri’”.

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