30/04/2021, 08.37
RUSSIA-CINA
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Grazie a Putin, la Cina si prende il petrolio del Tatarstan

di Vladimir Rozanskij

Il gruppo Siburom ha acquisito il gigante petrolifero Taif. Principali azionisti sono il miliardario russo Leonid Mikhelson e l’oligarca Gennadij Timčenko, uno degli uomini di Putin. Le azioni del Siburom non vengono liberamente messe sul mercato, ma offerte a partner privilegiati: diverse società cinesi off-shore. Si prevede un raddoppio dei guadagni, “nuovi posti di lavoro” e “nuove entrate” per la repubblica vicino ai monti Urali.

Mosca (AsiaNews) - Il gigante petrolifero Taif è stato acquisito dal gruppo Siburom, in un affare da capogiro che coinvolge le autorità statali russe, quelle della repubblica del Tatarstan e investitori cinesi. La notizia diffusa ieri ha fatto molta sensazione. Taif era nato nel 1995, e la sigla indica l’unione di investitori locali e americani (Tataro-Amerikanskye Investitsii i Finansy). Per molti anni il gruppo era rimasto il simbolo dell’indipendenza della repubblica dei tatari, situata vicino ai monti Urali, che faceva affari con tutto il mondo senza passare da Mosca.

Il principale beneficiario del colossale affare di svendita è il primo presidente del Tatarstan, Mintimer Šaymiev, dal 2010 “consigliere” dell’attuale presidente, Rustam Minnikhanov. Šaymiev (a destra nella foto) aveva sistemato la sua parentela nei ruoli apicali del Taif, insieme ai parenti delle principali famiglie di oligarchi della repubblica. Con l’acquisto dell’azienda petrolifera, il Siburom diviene il principale attore del mercato russo nella lavorazione del petrolio e del gas, anche se bisogna attendere la valutazione dell’Agenzia russa contro i monopoli, che non dovrebbe porre obiezioni all’affare.

Principale azionista del Siburom è il miliardario russo Leonid Mikhelson, e il secondo (con il 17%) un altro oligarca, Gennadij Timčenko, uno degli uomini di Putin finito sotto le sanzioni occidentali fin dal 2014. Quest’ultimo ha ceduto buona parte delle sue proprietà al genero di Vladimir Putin, Nikolaj Šamalov, così che il presidente russo è in grado di controllare affari colossali come quello concluso nella terra dei tatari.

I dirigenti del Taif hanno ricevuto in compenso il 15% delle azioni del gruppo appena venduto, e lo stesso ex-presidente Šaymiev si è detto entusiasta dell’affare, convinto che “i guadagni del gruppo verranno raddoppiati, e per noi questo significa nuovi posti di lavoro e nuove entrate per il bilancio repubblicano”.

Il problema è che le azioni del Siburom non vengono liberamente messe sul mercato, come promesso da diversi anni, ma vengono offerte a partner privilegiati. L’ultimo direttore del Siburom che aveva tentato di mettere sul mercato le azioni del gruppo, Jakov Goldovskij, fu arrestato nel 2002, agli albori dell’era “verticale” putiniana.

I principali acquirenti delle azioni petrolifere sono in realtà diverse società cinesi off-shore, delle quali non vengono diffuse informazioni né sulla stampa, né attraverso i canali finanziari. In questo modo la Cina si prende anche il petrolio russo, senza apparire ufficialmente, dopo aver profumatamente ricompensato gli oligarchi russi e i vertici del potere locale.

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