05/05/2010, 00.00
HONG KONG - CINA
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Hong Kong, Giustizia e pace invita a votare per la democrazia

di Annie Lam
Le elezioni parziali del 16 maggio sono viste (anche dal card. Zen) come un “referendum” a favore del suffragio universale nel territorio. Il governo propone un nuovo pacchetto di riforme politiche – approvate da Pechino – ma giudicate insoddisfacenti dai democratici e dai cattolici.
Hong Kong (AsiaNews) – La Commissione Giustizia e pace di Hong Kong sta invitando tutti i cattolici e la popolazione ad andare a votare per la democrazia il prossimo 16 maggio, nonostante il governo abbia proposto un pacchetto di riforme politiche, appoggiate da Pechino, ma considerate ancora non democratiche.
 
Fra 11 giorni gli abitanti di Hong Kong sono chiamati a un’elezione parziale, dopo le dimissioni di cinque parlamentari democratici lo scorso gennaio. L’alleanza dei partiti democratici domanda alle persone di Hong Kong di andare alle urne e sostenere i suoi candidati per dimostrare al governo che la popolazione di Hong Kong esige il suffragio universale, trasformando il voto in una specie di “referendum per la democrazia”, per l’eliminazione dei rappresentanti delle corporazioni (functional constituencies) dal mini-parlamento (Legco) e l’elezione diretta del capo dell’esecutivo.
 
Nel Legco solo metà dei 60 seggi sono eletti in via diretta; gli altri sono eletti dalle corporazioni o sono scelti dal governo. Ciò significa che in qualche modo i membri delle corporazioni hanno doppio voto. Inoltre, il capo dell’esecutivo è eletto da 800 rappresentanti, in maggioranza fedeli a Pechino.
 
La Gran Bretagna non ha mai concesso la piena democrazia al territorio, e lo stesso ha fatto Pechino, avocando a sé ogni possibile riforma politica ad Hong Kong.
 
Timoroso di un risultato del “referendum” a favore della democrazia, il mese scorso il governo di Hong Kong ha proposto un pacchetto di riforme politiche per le elezioni 2012. Esso comprende l’aumento da 800 a 1200 rappresentanti per l’elezione del governatore e 10 seggi in più da aggiungere al Legco. Ma il governo ha paura che anche questo pacchetto venga bocciato, come è avvenuto per uno simile nel 2005.
 
In questi giorni, responsabili del governo hanno cercato di convincere i legislatori che se passa questo pacchetto, si potrà sperare nello sviluppo democratico completo di Hong Kong, previsto per il 2017 (elezione del capo dell’esecutivo) e per il 2020 per il Legco. Le date sono quelle programmate dal governo cinese.
 
Ieri Li Gang, vice-direttore del Liaison office ad Hong Kong, che riporta la voce di Pechino, ha chiesto ai democratici di accettare il pacchetto e ha avvertito che se non si giunge al consenso su questa proposta, si rischia di peggiorare la situazione.
 
Lew Mon-hung, delegato di Hong Kong alla Conferenza politica consultiva di Pechino ha perfino detto che coloro che bloccheranno il pacchetto saranno giudicati come “i peccatori della storia”.
 
Audrey Eu, capo del Civic Party, sul suo sito afferma che gli argomenti di Li Gang capovolgono la verità. Secondo la parlamentare cattolica (e i democratici), solo se si aboliscono i rappresentanti delle corporazioni, si può attuare un pieno suffragio nel sistema elettivo.
 
Lina Chan, segretaria esecutiva di Giustizia e pace, è impegnata a spingere i cattolici e la popolazione a partecipare al voto del 16 maggio. Anche lei è insoddisfatta del pacchetto di riforme proposto dall’esecutivo. Nonostante vi siano “più elementi democratici” nel metodo elettorale – afferma ad AsiaNews – il governo “non ha dato alcuna assicurazione o road map che porti a un vero suffragio universale”.
 
In precedenza, il card. Joseph Zen ha detto ad AsiaNews che pur avendo impegni a Roma nei giorni precedenti le elezioni, tornerà in fretta per parteciparvi e ha domandato a più riprese la gente di Hong Kong ad avere chiaro lo scopo del “referendum” che è mostrare il sostegno per il suffragio universale.
 
Diverse inchieste mostrano che il 60% della popolazione di Hong Kong sostiene la democrazia. Ma alcune inchieste in questi giorni evidenziano che il pubblico non è entusiasta delle elezioni parziali e forse solo il 30% degli elettori andrà a votare.
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