17/05/2010, 00.00
HONG KONG - CINA
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Hong Kong: bassa affluenza, ma grande entusiasmo per il "referendum" della democrazia

Alle elezioni parziali di ieri vota soltanto il 17,1% degli aventi diritto, dopo una campagna di boicottaggio da parte del governo. Rieletti i cinque parlamentari democratici. Un uomo torna dalla Finlandia per le elezioni: “Abbiamo bisogno del suffragio universale”.
Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Bassissima affluenza alle urne per le elezioni “parziali” dei deputati del Consiglio Legislativo di Hong Kong, svoltesi ieri nel Territorio dopo le dimissioni dello scorso gennaio di cinque deputati democratici. Soltanto 579mila elettori – sui 3,37 milioni di aventi diritto – si sono presentati al seggio: si tratta del 17,1% del corpo elettorale. L’affluenza è stata condizionata in modo pesante dalla massiccia campagna contraria al voto operata dai funzionari del governo locale e dai suoi alleati. L’Alleanza democratica, tuttavia, le considera “un successo”.
 
Gli abitanti di Hong Kong sono stati chiamati all’elezione parziale dopo le dimissioni di cinque parlamentari democratici lo scorso gennaio. L’alleanza dei partiti democratici ha chiesto alla popolazione di sostenere i suoi candidati per dimostrare al governo che Hong Kong esige il suffragio universale, trasformando il voto in una specie di “referendum per la democrazia”, per l’eliminazione dei rappresentanti delle corporazioni (functional constituencies) dal mini-parlamento (Legco) e l’elezione diretta del capo dell’esecutivo.
 
Nel Legco solo metà dei 60 seggi sono eletti in via diretta; gli altri sono eletti dalle corporazioni o sono scelti dal governo. Ciò significa che in qualche modo i membri delle corporazioni hanno doppio voto. Inoltre, il capo dell’esecutivo è eletto da 800 rappresentanti, in maggioranza fedeli a Pechino. La Gran Bretagna non ha mai concesso la piena democrazia al territorio, e lo stesso ha fatto Pechino, avocando a sé ogni possibile riforma politica ad Hong Kong.
 
Timoroso di un risultato del “referendum” a favore della democrazia, il mese scorso il governo di Hong Kong aveva proposto un pacchetto di riforme politiche per le elezioni 2012. Esso comprende l’aumento da 800 a 1200 rappresentanti per l’elezione del governatore e 10 seggi in più da aggiungere al Legco. In ogni caso, ha pesato moltissimo l’opposizione di Pechino: i partiti vicini al governo centrale hanno boicottato apertamente il voto, così come il capo dell’esecutivo Donald Tsang Tam-kuen e tutti i ministri.
 
In ogni caso, i cinque dimissionari - Tanya Chan e Alan Leong Kah-kit del Civic Party; Leung Kwok-hung, Wong Yuk-man e Albert Chan Wai-yip della League of Social Democrats – sono stati rieletti con ampie maggioranze. Parlando prima del voto, la leader del Civic Party Audrey Eu Yuet-mee aveva indicato nel 25% di affluenza “un successo senza precedenti”. Alla luce del dato di ieri, si è detta comunque “soddisfatta”.
 
Secondo gli exit poll dell’Università di Hong Kong, il 50% dei votanti ha detto di essere andato al seggio “per dovere civico”; il 65% ha aggiunto di aver voluto sostenere il “referendum de facto” e il 59% si è espresso contro le proposte avanzate dal governo.
 
La Chiesa cattolica del Territorio si era espressa a favore dell’elezione. Il vescovo emerito di Hong Kong, cardinale Joseph Zen Ze-kiun, aveva dichiarato: “Senza un sistema democratico, non si può in alcun modo migliorare lo stile di vita della popolazione. Questo referendum è un’occasione inusuale, che ci permette di dimostrare la nostra ira per la situazione con metodi pienamente pacifici”.
 
Oltre a non sostenere in alcun modo il voto, il governo ha cercato di boicottarlo anche in maniera poco pulita. Alcuni seggi dei Nuovi Territori, ad esempio, non hanno aperto i battenti perché i gestori si sono rifiutati di lavorare: molti votanti non hanno votato per la distanza fra i seggi aperti, nel centro di Hong Kong, e le proprie abitazioni. Il presidente della Commissione Affari elettorali, Baranabas Fung Wah, non ha chiesto all’elettorato di votare, come hanno fatto tutti i suoi predecessori.
 
In ogni caso, i votanti hanno espresso in modo chiaro il loro sostegno al referendum, oltre che al voto parlamentare. Chapman Chen, ricercatore presso l’università, dice subito dopo aver votato: “Ho vissuto gli ultimi due anni in Finlandia, ma sono tornato per le elezioni. Non possiamo più ritardare il giorno del suffragio universale”.
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