10/02/2023, 08.59
RUSSIA
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I mongoli Nogai contro l’impero russo

di Vladimir Rozanskij

Sono distribuiti nel Caucaso settentrionale. Esponenti indipendentisti sostengono la rinascita dell’Orda mongola. Sono attivi soprattutto all’estero. In passato vittime di deportazioni zariste e staliniane. La guerra in Ucraina ha risvegliato il nazionalismo etnico.

Mosca (AsiaNews) – Tra i relatori del recente incontro del “Forum dei popoli liberi della post-Russia”, che si è tenuto nell’emiciclo del Parlamento europeo di Bruxelles, vi era anche il rappresentante del Movimento nazionale dei Nogai, Anvar Kurmanakaev (v. foto). Ha rivolto un appello all’Occidente perché sostenga la rinascita dell’indipendenza statale dell’Orda mongola del Caucaso settentrionale, distrutta dall’impero di Mosca a metà del XVI secolo, sotto Ivan il Terribile.

Secondo i dati ufficiali, in Russia vivono oggi circa 100mila Nogai, dispersi dai monti Altaj fino al Daghestan e alla Karacaevo-Cerkesija, senza un proprio territorio, che in parte contendono anche alla Calmucchia, zona di mongoli emigrati più di recente in territorio europeo. Secondo Kurmanakaev, esiste il rischio della scomparsa della identità Nogai, delle sue tradizioni e della sua lingua, una variante turcofona vicina alla lingua tatara.

I Nogai residenti nella Federazione russa si sono scagliati contro Kurmanakaev, chiamandolo “traditore e provocatore”, ma egli risponde che “queste persone non rappresentano niente per me”. Durante l’ultimo anno l’attivista ha rivolto diversi appelli ai suoi compatrioti Nogai, affinchè non inviassero i propri figli a fare la guerra in Ucraina, ma essi “chiudono gli occhi per proteggere i loro interessi e non si occupano dei problemi del nostro popolo”. A suo dire non sono degni “di essere chiamati Nogai, e neppure di sposare le donne dei cumucchi”, alludendo alla pratica storica di imparentarsi con un’altra tribù turcica della zona caucasica.

La causa dell’indipendenza dei Nogai dipende dall’identificazione dei territori storici dell’antica Orda, derivati dalle suddivisioni successive alle invasioni del XIII secolo. Su di essi gli indipendentisti Nogai intendono “costruire uno stato moderno prospero e forte, che si metta alla pari con i popoli europei”. I Nogai erano collegati anche ai tatari di Crimea, “famosi per la loro capacità di organizzarsi, e il principio creativo è rimasto nella memoria della nostra etnia, possiamo riattivarlo in qualunque momento”, garantisce Kurmanakaev.

La riconquista dei territori dovrebbe avvenire senza conflitti, ma con un dialogo costruttivo insieme a tutte le altre popolazioni oggi residenti nelle regioni russe del Daghestan, della Calmucchia e di varie altre repubbliche e circoscrizioni. Si propone di preparare insieme una serie di referendum su questioni in grado di soddisfare le esigenze di tutti e di “determinare il soggetto statale a cui intendono aderire i vari ceppi etnici”.

Il politico autonomista ricorda che “elementi dell’epos nogaico sono presenti nelle canzoni dei cosacchi del Terek [il fiume caucasico sui cui isolotti si riparavano i nomadi combattenti], dei baškiri, dei tatari di Kazan, di quelli del Karakalpakstan e dei popoli del Caucaso settentrionale, con i quali noi combattevamo, ma anche collaboravamo per formare zone di civiltà”. A suo dire gli imperialisti russi, sia in epoca zarista che sovietica, temevano le popolazioni più attive, e permettevano limitate forme di autonomia soltanto a quelle più remissive.

Spesso per tenere a bada le etnie più vivaci i russi sono ricorsi all’arma della deportazione, le ultime e massive ai tempi di Stalin, ma i Nogai ricordano in modo drammatico lo sterminio operato del generalissimo Suvorov a fine 1700. Di recente alcuni ritratti del comandante di Caterina II sono stati divelti, dietro azioni di protesta degli attivisti Nogai ad Astrakhan e in Cerkesija. Il primo ottobre i Nogai ricordano le vittime dei genocidi operati contro il proprio popolo, ma lo Stato russo vieta ogni manifestazione per l’occasione.

Così oggi il piccolo popolo dei Nogai è diviso in sei e più regioni, soprattutto nel Caucaso settentrionale, zona non certo scevra da conflitti interetnici, essendo un coacervo di decine di nazionalità diverse. La guerra in Ucraina sta risvegliandole tutte, con effetti che si potranno verificare solo nel corso degli anni a venire.

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