I porti strategici dell'india nel conflitto tra Israele e Iran
L’escalation tra Tel Aviv e Teheran mette alla prova la cosiddetta “autonomia strategica” dell’India, che ha forti interessi economici e geopolitici in entrambi i Paesi. Dal porto di Haifa controllato dal gruppo Adani al terminal iraniano di Chabahar, Delhi sta cercando di difendere i propri corridoi commerciali dalle interferenze cinesi e dalle crescenti tensioni regionali. Ma l’instabilità portata dalla guerra minaccia energia, export e infrastrutture digitali.
Il conflitto tra Tel Aviv e Tehran ha messo l’India di fronte a una complessa sfida diplomatica, avendo relazioni con entrambi i Paesi, in particolare attraverso il porto di Haifa, in Israele, e il porto di Chabahar, in Iran, due asset che sono nati come alternative alla competizione geopolitica e marittima cinese.
Haifa è un hub marittimo che gestisce oltre il 30% delle importazioni totali di Israele ed è il più trafficato ed efficiente del Paese. L’India vi ha un’importante partecipazione, con una proprietà del 70% da parte del consorzio guidato dal miliardario indiano Gautam Adani, Adani Ports and Special Economic Zone Ltd (APSEZ), insieme al Gadot Group israeliano, che invece detiene una quota del 30%. L’acquisizione, del valore di circa 1,2 miliardi di dollari, è stata completata nel gennaio 2023.
Secondo fonti indiane, nonostante i recenti attacchi missilistici iraniani abbiano preso di mira una vicina raffineria di petrolio, il porto gestito da Adani è rimasto illeso e le operazioni di carico sono proseguite senza intoppi La raffineria Bazan, al contrario, la più grande del Paese, ha sospeso tutte le operazioni: nei giorni scorsi si sono verificati grossi incendi oltre alla morte di tre dipendenti.
In termini commerciali, il porto di Haifa è un asset modesto per Adani, vicino al primo ministro indiano Narendra Modi, contribuendo a meno del 2% del volume totale di merci movimentate da Adani Ports e SEZ e a circa il 5% dei suoi ricavi. Ma è la posizione a essere strategica: il porto non solo fornisce accesso in acque profonde per grandi navi, ma è anche adiacente a importanti installazioni militari, aumentandone il valore per gli investitori.
L’acquisizione del porto si allinea con gli obiettivi strategici più ampi dell’India, in particolare per quanto riguarda il Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), un’iniziativa multinazionale che coinvolge India, Israele, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, UE e Stati Uniti, e punta a collegare i porti indiani all’Europa in maniera alternativa alla rotta che passa per il canale di Suez e il Mar Rosso. Anche il primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu, ha descritto Haifa come un collegamento importante in questo senso. L’acquisizione del porto era stata definita anche il “primo successo dell’I2U2”, un riferimento a un gruppo economico di cui fanno parte India, Israele, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.
Haifa è anche un luogo di competizione tra potenze globali. La Shanghai International Port Group (SIPG) cinese gestisce un terminal separato, un accordo che in precedenza aveva scatenato una serie di controversie a causa della sua vicinanza alla base dei sottomarini nucleari di Israele e alle navi della Marina statunitense. Le preoccupazioni degli Stati Uniti per il controllo cinese sulle infrastrutture hanno portato Israele ad abbandonare i piani per un ulteriore coinvolgimento cinese nelle operazioni portuali, assegnando infine la gara per il vecchio terminal di Haifa al consorzio Adani-Gadot. Il Gruppo Adani ha poi ulteriori interessi nel settore della difesa israeliano, inclusa una joint venture con Elbit Systems per la produzione di droni Hermes 900.
Dall’altro lato della divisione regionale, l’India ha investito pesantemente nel porto di Chabahar in Iran, dove Delhi ha impegnato oltre 85 milioni di dollari e gestisce un terminal attraverso la India Ports Global Limited (IPGL). L’obiettivo di questo porto è stabilire un collegamento diretto con l’Asia centrale, bypassando così il Pakistan, e il suo porto di Gwadar, in cui invece è impegnata la Cina.
Chabahar è cruciale per rafforzare la sicurezza energetica dell’India perché garantirebbe accesso alle terre rare dell’Asia centrale, una regione con cui l’India non condivide un confine diretto, limitando così il potenziale commerciale. In questo caso il porto rientra nel Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), un’ambiziosa rotta commerciale che collega Delhi a Mosca attraverso Iran e Azerbaigian. Anche in questo caso, la regione verrebbe collegata escludendo le rotte che fanno parte della Belt and Road Initiatives cinese.
Un’escalation del conflitto tra Israele e Iran rischia di bloccare il completamento del progetto, rallentando gli sforzi dell’India di contrastare l'impronta cinese nella regione. Il porto si trova in una zona vulnerabile che non è detto venga esclusa da intrusioni informatiche e scontri navali. Mentre sul lungo termine un deterioramento della posizione dell’Iran potrebbe portare a sanzioni occidentali più severe, mettendo a rischio la redditività commerciale di Chabahar, finora esentato dall’embargo statunitense.
L’approccio mantenuto finora dall’India nei confronti del conflitto si inserisce perfettamente nella sua politica di “autonomia strategica”, in base alla quale cerca di mantenere relazioni amichevoli con Stati rivali evitando di alienare una delle due parti. L’India si è dissociata da una dichiarazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) che condannava gli attacchi di Israele all’Iran, e ha optato invece per una richiesta di de-escalation e una soluzione diplomatica. Una decisione che sottolinea la sua posizione unica, data da interessi strategici fondamentali sia in Iran che in Israele. A differenza di molti membri della SCO che non hanno forti relazioni diplomatiche con Israele, l’India è anche il più grande acquirente di armi di Tel Aviv.
Ma l’impatto che potrebbe avere il conflitto sull’economia indiana non si ferma qui: Delhi dipende fortemente dalle importazioni di petrolio dal Golfo Persico, con oltre l’'80% delle sue importazioni di greggio che transitano attraverso lo Stretto di Hormuz e che l’Iran ha minacciato di chiudere. Mentre le esportazioni di riso basmati in Iran stanno già affrontando ritardi nei pagamenti. Anche l’economia digitale dell'India, che si basa su cavi sottomarini che transitano attraverso zone a rischio vicino a Israele e Iran, rischiano di subire interruzioni e creare gravi problemi: oltre il 90% del flusso di dati globale dell'India transita attraverso il Medio Oriente.
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18/07/2022 12:01