13/04/2023, 08.57
RUSSIA
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I russi del Caucaso sperano nella fine della guerra all’Ucraina

di Vladimir Rozanskij

Un’indagine sulle ricerche web rivela che la popolazione della regione ha meno paura della mobilitazione militare. Cresce l’attesa per l’uscita di scena di Vladimir Putin. non si hanno più remore nell’usare la definizione di “guerra” per l’operazione speciale. Critiche al regime di Mosca portate con ironia.

Mosca (AsiaNews) – La gente oggi ha meno paura della mobilitazione di quanto avveniva lo scorso autunno; sempre più si attende l’uscita di scena di Vladimir Putin; e non si hanno più remore nell’usare la definizione di “guerra” per l’operazione speciale in Ucraina, per la quale cresce anche l’attesa della fine. In generale, aumenta la disapprovazione sommersa nei confronti della politica del Cremlino, tanto da far dire ad alcuni osservatori che si sta formando una situazione “pre-rivoluzionaria”.

Sono tre risultati, in contrasto con la propaganda e le informazioni ufficiali, di una indagine del sito Kavkaz.Realii sulle questioni che agitano la popolazione del Caucaso russo rispetto alla guerra in Ucraina. Per evitare le ambiguità dei sondaggi tradizionali, a cui ormai nessuno confida i propri autentici pensieri, è stato utilizzato Yandex-Metrika, uno strumento a libera disposizione di chiunque, per analizzare le questioni più popolari degli abitanti dei due distretti federali della zona, in base a quanto diffuso tramite internet e le reti social.

L’uso del termine “guerra” è passibile di sanzioni amministrative e anche penali, ma la ricerca sul tema “novità sulla guerra in Ucraina” ha evidenziato la parola proibita 54mila volte nel Caucaso meridionale (quello di Rostov e della Crimea), e 16mila volte in quello settentrionale (Cecenia, Daghestan, Inguscezia). La zona dove si parla più intensamente e liberamente della guerra è la repubblica del Karačaj-Circassia, con oltre 1.000 ricerche mensili, e anche nella regione di Volgograd (Stalingrad) con 11mila indagini, per una popolazione molto più vasta.

La definizione ufficiale di “operazione speciale” rimane confinata alle dichiarazioni ufficiali e pubbliche, mentre la popolazione sa bene che si tratta di una guerra vera e propria, a prescindere da quanto ci si schieri a favore o contro. Il noto sociologo Nikolaj Mitrokhin, emigrato in Germania, conferma che “la gente non si fa ingannare dalla propaganda, anche se teme di parlare liberamente”. In ogni caso, anche i sondaggi normali del Levada-Centr sottolineano che il sostegno alla guerra continua a diminuire.

Un altro sociologo rimasto in Russia, Iskander Jasaveev, conferma che la popolazione “non sta assimilando la nuova lingua del potere”, tutti capiscono bene la realtà di ciò che avviene, e le critiche alla politica ufficiale sono diffuse sia nel senso del radicalismo bellico che in quello del pacifismo e della voglia di conclusione del conflitto, in varie forme. Dalle espressioni in rete è evidente “la stanchezza rispetto alla negatività di tutta la vicenda, non se ne può più di guardare le notizie e le trasmissioni dei mezzi di Stato, che ripetono sempre le stesse cose”.

Diminuiscono i consigli su “come sfuggire alla mobilitazione”, che erano diffusissimi alcuni mesi fa, e ora se ne trovano al più qualche decina, anche se rimane attuale il tema “come arruolarsi volontario”. La frase più popolare è “quando finisce la guerra” (62mila volte), ma si trova sempre più la domanda “quando muore Putin?”. In Cecenia questa questione interessa meno, ma a migliaia cercano la risposta a “quando muore Kadyrov?”. Secondo la sociologa Margarita Zavadskaja, spesso queste domande “si rivolgono agli indovini e sciamani”.

In generale, l’inchiesta rivela il grande disagio della popolazione russo-caucasica (che riflette in buona parte l’intera Federazione) a fare i conti con la realtà. Si fanno domande a cui non c’è risposta, perché quella ufficiale suona chiaramente come falsa. Si cerca di diffondere barlumi di speranza, anche usando “le battute di umor nero”, spiega Zavadskaja, molto tradizionali per il Caucaso. Ai tempi sovietici era popolarissima “Radio Erevan”, una modalità semi-ufficiale per diffondere con ironia le critiche al regime totalitario, facendo capire che la paura non cancella la coscienza delle persone.

 

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