Il Salvatore delle noci della Russia
In questi giorni gli ortodossi russi hanno celebrato la festa dell’immagine del Cristo Nerukotvornyj, cioè “non fatta da mani d’uomo”, che riproduce il Volto Santo della Sindone, la cui versione originale è oggetto di infinite discussioni da molti secoli. Secondo la tradizione l’immagine è legata a un miracolo di cui fu beneficiario il re Abgar di Edessa, contemporaneo della vita terrena di Gesù.
Mosca (AsiaNews) - Il 29 agosto gli ortodossi russi hanno celebrato la festa di Orekhovyj Spas, il “Salvatore delle noci”, in cui si venera l’immagine di Cristo Nerukotvornyj, “Non fatta da mani d’uomo”, l’icona che riproduce il Volto Santo della Sindone, la cui versione originale è oggetto di infinite discussioni da molti secoli. Essa viene chiamata in greco il Mandilion, e in antico russo Ubrus, il “panno”. Secondo le tradizioni ortodosse, l’immagine è legata a un miracolo di cui fu beneficiario il re Abgar di Edessa, contemporaneo della vita terrena di Cristo, a cui inviò un servo per chiedere la guarigione dalla lebbra; Gesù si lavò il volto e lo asciugò con un panno, su cui rimase impresso il suo volto, che ottenne la guarigione del re mesopotamico, e quindi la sua conversione e il suo battesimo.
Sempre secondo la narrazione leggendaria, uno dei discendenti di Abgar ritornò al paganesimo e ordinò di distruggere il sacro panno, che fu trafugato dai cristiani locali e murato in una delle loro case, poi ritrovato cinque secoli dopo dal vescovo di Edessa. Nel VII secolo la città fu conquistata dai musulmani, e solo nel 944 l’imperatore bizantino Romano I Lecapeno assediò Edessa, scambiando il Mandilion con la promessa di ritirare l’esercito, e riportandolo trionfalmente a Costantinopoli, appunto il 29 agosto, organizzando una solenne processione e una liturgia di cui sarebbe rimasta l’omelia dell’arcidiacono Gregorios, che ora viene conservata negli archivi del Vaticano, dove è stata rinvenuta di recente.
Lo studio dell’omelia ha alimentato nuove discussioni, in quanto il suo testo contraddice la leggenda ufficiale, affermando che “Questa immagine <…> fu impressa solo dopo la lotta mortale sul Volto vivificante, allora, scorrendo come grumi di sangue, e dal dito di Dio… Questi sono i colori veramente belli che hanno creato l'impronta di Cristo, adornata dalle gocce che sgorgavano dal Suo costato”. Si parla quindi di un’altra reliquia, che corrisponde alla Sacra Sindone, e rimane il mistero su quale sia l’oggetto portato dall’imperatore nella capitale.
Nelle varie tradizioni delle Chiese non c’è accordo sull’effettiva riproduzione del Sacro Volto, e molti ritengono che ce ne possano essere diverse varianti. Sulla natura e l’antichità della Sindone i dibattiti si susseguono da sempre, come avvenuto anche di recente, come anche sul suo passaggio da Costantinopoli fino a Torino, dove viene attualmente custodita. I bizantini hanno comunque conservato una copia dell’immagine del lenzuolo sepolcrale, la cosiddetta icona di “Cristo nel sepolcro”, con un’apposita liturgia celebrativa studiata negli anni scorsi da un eminente teologo russo, il protoierej Valentin Asmus, secondo il quale il 29 agosto 944 fu trasportata a Costantinopoli proprio la vera Sindone.
Questa conclusione non contraddice, secondo Asmus, la leggenda di Abgar, e non esclude l’esistenza del panno miracoloso della lunghezza analoga a quella della Sindone, di circa 4 metri. Rimane da capire quale sia la vera icona “del Sepolcro” o “Non di mani d’uomo”, e da quale originale sarebbe stata copiata, a meno che non se ne ammettano due, entrambe sacre e degne della massima venerazione. I racconti agiografici si sovrappongono fin dal VII secolo, quando nell’Occidente latino si era diffusa anche la tradizione del panno della Veronica durante la Via Crucis, altra origine attribuita al “Sacro Volto” delle icone, come quella conservata nel santuario abruzzese di Manoppello, mentre il panno originale viene conservato nella basilica di S. Pietro a Roma, dove viene esposto a distanza soltanto una volta l’anno.
A Manoppello sarebbe invece arrivato un panno portato da un “folle pellegrino”, che lo affidò al vescovo locale con la raccomandazione di “conservarlo come un dono del cielo”, e secondo alcuni ricercatori sarebbe stato trafugato proprio dal Vaticano, dove si conserverebbe una contraffazione. Molte sono le altre versioni leggendarie sulla sacra reliquia, che i russi associano anche a tradizioni popolari pagane, come quella che invita ad assaggiare le noci il 29 agosto: se il gusto appare maturo, l’anno sarà positivo, soprattutto per le giovani donne, e per tutta la Russia in cerca del proprio vero volto.
01/06/2023 08:50