29/09/2011, 00.00
ARABIA SAUDITA
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Il re saudita ribalta la sentenza: niente fustigazione per la donna alla guida

Shema Ghassaniya era stata condannata a 10 frustate per essersi fatta filmare, mentre era alla guida di un’auto per le vie di Jeddah. L’annuncio dato via Twitter dalla principessa Amira. A Riyadh una donna detenuta per ore e poi rilasciata per la stessa violazione. Cresce il movimento delle donne per i diritti civili.
Jeddah (AsiaNews/Agenzie) – Il re saudita Abdullah bin Abdul-Aziz Al Saud ha ribaltato la decisione dei giudici, che avevano condannato a 10 frustate Shema Ghassaniya per aver guidato un’auto per le vie di Jeddah. La decisione del monarca, sebbene non sia stata confermata in via ufficiale, è stata rilanciata su Twitter dalla principessa saudita Amira Al Taweel, moglie del principe Alwaleed bin Talal, e attivista per i diritti delle donne: “Grazie a Dio – scrive – la fustigazione di Shema è cancellata. Ringraziamo il nostro amato re”.

La sentenza risale al 26 settembre scorso, all’indomani di una serie di riforme annunciate dal monarca saudita, fra cui la possibilità di votare ed essere elette concessa alle donne. Il primo, storico voto femminile è previsto per il 2015. Commentando la revoca della condanna, la principessa Amira aggiunge di essere “sicura che tutte le donne saudite saranno felici per questo”.

Intanto le cronache riferiscono di un altro arresto, avvenuto ieri a Riyadh, di una donna “sorpresa” a guidare per le vie della città, mentre veniva ripresa da una giornalista straniera. Identificata con il solo nome di Madeeha, la donna avrebbe sottoscritto un documento in cui prometteva di non infrangere la legge (che vieta la guida alle donne) in futuro, ed è stata rilasciata. Raggiunta per e-mail da Arab News, Madeeha si è detta “felice” per la decisione del re di concedere maggiore potere politico alle donne. E plaude anche alla revoca della condanna a 10 frustate per Shema.

Commentando le recenti vicende di cronaca del regno, un avvocato saudita di Riyadh sottolinea che non vi è scritto da nessuna parte che l’islam proibisce alle donne di guidare. E per quanto concerne il caso di Shema, egli precisa che la sentenza non è legata alla violazione di una legge islamica, ma alle norme dello Stato. “È un deterrente – conclude il legale – ed è basato sulla discrezionalità del giudice, che punisce comportamenti che provocano il caos”.

Da mesi le donne saudite hanno avviato una campagna di protesta, con video postati in internet, per ottenere il diritto di guidare. Il numero delle attiviste che infrangono la norma cresce di continuo, mentre le autorità sono divise fra l’esigenza di concedere riforme – da mostrare alla comunità internazionale – e la realtà fatta da una società ultra-conservatrice.
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