30/01/2022, 09.00
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Il vescovo Chow: ‘La mia Hong Kong che spera nei giovani’

Nella sua prima intervista – rilasciata alla rivista del Pime “Mondo e Missione” - mons. Stephen Chow Sau-yan racconta le sfide del suo ministero nella città alle prese con le pressioni sempre più dure di Pechino: “ Siamo qui come profeti, ma con l’umiltà del dialogo. Il nostro compito è proteggere gli studenti. La cultura può essere sovversiva”.

Milano (AsiaNews) - "Trovo inaccettabile che la dignità umana sia ignorata, calpestata o tolta di mezzo. Dio ci ha dato questa dignità quando ci ha creati a sua immagine e somiglianza. E dunque è universale perché proviene dall’amore di Dio". Parla così del tema dei diritti umani il nuovo vescovo di Hong Kong, mons. Stephen Chow Sau-yan, nella sua prima intervista dall’inizio del suo ministero alla guida della Chiesa dell’ex colonia britannica. A pubblicarla sul numero di febbraio 2022 è Mondo e Missione, la rivista dei missionari del Pime che a Hong Kong sono presenti da quasi 165 anni.

Nel dialogo con p. Gianni Criveller, missionario del Pime e sinologo, mons. Chow (che ha preso il posto di mons. Michael Yeung Ming-cheung, scomparso nel 2019, ed è stato consacrato vescovo il 4 dicembre scorso nella cattedrale dell’Immacolata Concezione) racconta lo stato d’animo con cui vive il suo compito. Una missione resa particolarmente difficile oggi dalle profonde divisioni che la morsa sempre più stretta del controllo di Pechino ha imposto a Hong Kong, con gli arresti e le altre forme di repressione delle libertà democratiche in nome della “sicurezza nazionale”.«Non vivo di opinione pubblica - commenta il 62enne presule gesuita - sennò non sarei libero di discernere la volontà di Dio e di avere libertà interiore. Il mio è un esercizio di bilanciamento e trovo questo stimolante. Non sono un diplomatico: il vescovo non lo è. Certo, a volte dobbiamo essere diplomatici, ma la mia preoccupazione principale è discernere la volontà di Dio».

L’intervista ripercorre l’attenzione al tema dell’educazione e l’impegno per i diritti umani che hanno contraddistinto fin dagli anni giovanili il percorso umano di p. Stephen Chow. "Sono entrato in Amnesty International prima del 1989 - ricorda il presule - anche se ora non ne faccio più parte. Gli incidenti del 1989 (il movimento di piazza Tiananmen e la sua violenta repressione ndr) mi avevano molto colpito. Mi hanno messo in contatto con la mia identità di cinese. La mia vicenda personale e quella del popolo cinese sono state collegate da quell’evento".

"Nei molti anni trascorsi all’estero - continua il presule che ha perfezionato gli studi in Irlanda e negli Stati Uniti - ho imparato l’importanza della cultura. Ad Harvard, in particolare, ho capito come essa impatti sulla nostra vita. Ecco perché ora do grande importanza a quella che stiamo creando. La cultura può essere sovversiva. E poi c’è l’idea che la realtà non sia un dato di fatto, ma viene costruita; e noi la costruiamo insieme. Gli educatori, in particolare, sono 'co-costruttori' con i giovani. Anche la Chiesa dovrebbe essere così: lavorare con le nuove generazioni per costruire il futuro insieme".

Alla domanda sulle difficoltà e le sfide per l’educazione dei giovani a Hong Kong dopo l’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale, il primo luglio 2020, mons. Chow risponde: "Siamo in una fase diversa. Dobbiamo stare attenti a non mettere nei guai i nostri figli, i nostri studenti e la scuola. Il nostro compito principale è proteggere gli studenti. Come educatori speriamo che possano maturare un pensiero indipendente, e non solo all’interno di uno schema prestabilito. Ci auguriamo che saranno in grado di avere più prospettive, in modo da apprezzare le differenze e venire a patti con la realtà. Dobbiamo comprendere cosa è legale e cosa non lo è. È nostro dovere aiutarli a capire la situazione e allo stesso tempo aiutarli a pensare. Alcune persone del mondo accademico non sono equilibrate. O sono rigidamente conservatori o nevroticamente liberali. Questi estremismi non sono salutari. Molti insegnanti esperti, però, sono emigrati. Non è facile assumere insegnanti e presidi. Anche diversi professionisti, come ad esempio assistenti sociali e psicologi, sono andati via. Questa è un’altra realtà che dobbiamo affrontare".

Ai giovani delusi dall’attuale situazione politica il nuovo vescovo di Hong Kong rivolge un invito: "Vorrei dire: 'Sii una giraffa con i piedi per terra e una visione di futuro'. Ma non si possono avere contemporaneamente tutti i piedi a terra: quando la giraffa si muove, uno è in aria. C’è bisogno di visione. E c’è bisogno di capire il presente e il contesto. Non guardare i muri, guardare il futuro. Ai giovani dico anche di immaginare come vogliono che sia la Chiesa, il mondo, la nostra Hong Kong; e di condividere la loro visione con gli altri, non ascoltando solo quelli che la pensano come loro. Questo significherebbe finire negli stessi vicoli ciechi. Occorre ascoltare anche persone diverse, e persino quelle con cui non si va d’accordo. Solo così è possibile avere più prospettive".

Sul tema, infine, degli stranieri che lasciano Hong Kong preoccupati per il futuro e sull’incertezza che respirano gli stessi missionari, mons. Chow commenta: "Hong Kong deve continuare a essere una città internazionale. Non ci si potrà liberare degli espatriati. Come religiosi, dobbiamo imparare a lavorare con il governo e a trovare tutto lo spazio possibile. Ma questo non significa che non possiamo più essere critici. Siamo qui come profeti, ma con l’umiltà del dialogo. Credo davvero che i missionari abbiano un posto nella Chiesa di Hong Kong. Apprezziamo il loro ruolo e quello che hanno fatto, e faremo del nostro meglio per tenerli qui".

 

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