12/06/2009, 00.00
SRI LANKA
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Il vescovo di Jaffna al governo: i profughi devono tornare a casa il prima possibile

di Melani Manel Perera
I 300mila rifugiati di guerra vivono ancora in condizioni drammatiche. Onu, Croce rossa e Caritas sono le uniche organizzazioni umanitarie che possono entrare nei campi, chiusi per tutte le altre ong. Il venerabile Thero, monaco buddista e direttore del Vipassana Meditation Centre: “Non abbiamo bisogno di suggerimenti stranieri; abbiamo vinto la guerra seguendo i nostri piani”.
Colombo (AsiaNews) - “I profughi devono tornare nelle loro terre il prima possibile”. Mons. Thomas Savundaranayagam, vescovo di Jaffna, è molto preoccupato per le condizioni in cui vivono i rifugiati della guerra dello Sri Lanka. Nei sei centri allestiti dal governo nella penisola a nord del Paese ce ne sono 120mila, quasi un terzo dei 300mila totali. Sono sotto il controllo dei militari e solo operatori di Onu, Croce Rossa e Caritas possono entrare in contatto con loro, per altro con non poche difficoltà.
 
Chi ha visitato i centri di raccolta dei cosiddetti Internally Displaced Persons descrive una situazione ancora drammatica a quasi un mese dalla fine della guerra: mancano acqua, cibo e medicinali. Mons. Savundaranayagam chiede un rapido reinsediamento dei rifugiati nelle zone di provenienza e chiede come mai il governo rinvii questa operazione. “Capisco che certi interventi necessari devono essere fatti: la bonifica dalle mine, la ricostruzione delle case e la sistemazione delle infrastrutture. Comprendo che il governo abbia chiesto tre mesi per il reinsediamento. Però adesso sento che ci vogliono sei mesi… e invece deve cominciare il prima possibile”.
 
Nei centri di Jaffna, Vavuniya e Chettikulam opera anche la Caritas e la Chiesa cattolica è impegnata a sostenere e difendere il lavoro di sacerdoti e volontari nei campi profughi. Mons. Rayappu Joseph, vescovo di Mannar, non vuole rilasciare dichiarazioni sulla situazione dei rifugiati perché teme che le sue affermazioni possano essere strumentalizzate e danneggiare il lavoro della Caritas. Si limita a dire che “gli operatori hanno visto circa 30mila persone nei campi ed io voglio che continuinino il loro buon lavoro per il nostro popolo”.
 
Sul destino dei profughi ci sono molte speculazioni. I tamil soprattutto temono che le promesse del presidente Mahinda Rajapaksa non si realizzeranno e che nel futuro dello Sri Lanka non ci sarà posto per loro. Il venerabile Harispaththuwe Ariyawansalankara Thero, monaco buddista e direttore del Vipassana Meditation Centre, afferma: “Migliaia di civili tamil che non hanno nulla a che spartire con i ribelli del Ltte sono andati nelle zone controllate dal governo con una grande speranza. Hanno creduto che le forze dell’esercito e singalesi erano la loro unica salvezza. Ora devono confidare che verranno trattati in modo giusto e adeguato”.  

Per Thero la sorte dei rifugiati è in mano alle autorità di Colombo e non si devono ostacolare in nessun modo i piani del governo di Rajpakasa. Difende la scelta dell’esecutivo di non aprire i campi alle ong, soprattutto quelle britanniche, “perché nel passato hanno dato i loro soldi al Ltte”. “Lo Sri Lanka non ha bisogno di piani o suggerimenti stranieri - afferma il leader buddista - ; noi abbiamo vinto la guerra e lo abbiamo fatto seguendo i nostri piani”.

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