25/06/2009, 00.00
SRI LANKA
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Sei sacerdoti prigionieri e in isolamento nei campi profughi tamil

di Ranil Kumaratunga
Sono quattro preti della diocesi di Jaffna e 2 missionari Omi che hanno vissuto tra la popolazione tamil sino agli ultimi istanti della guerra. Le condizioni sono al collasso e le organizzazioni umanitarie hanno le mani legate. L’esercito sorveglia i rifugiati in cerca di tracce delle Tigri tamil.
Chennai (AsiaNews) - Sei sacerdoti cattolici sono  tenuti in isolamento nei campi profughi dello Sri Lanka. Il vescovo di Jaffna ha chiesto la loro liberazione, ma non ha ancora ottenuto alcuna risposta dal ministero della Difesa. Un operatore umanitario impegnato nei campi in cui vivono 300mila sfollati della guerra racconta la loro vicenda e denuncia la scomparsa anche di tre medici governativi che avevano diffuso le cifre dei morti durante gli ultimi giorni di guerra tra esercito e Tigri Tamil. Di loro non si hanno più notizie. Ranil Kumaratunga è un nome di fantasia che usiamo per mantenere l’anonimato della fonte di AsiaNews.
 
Il governo dello Sri Lanka deve rilasciare immediatamente i sei sacerdoti cattolici che sono imprigionati e tenuti nascosti in isolamento nei centri degli Internally displaced persons (IDPs). Quattro sono della diocesi di Jaffna e due appartengono ai missionari Oblati di Maria Immacolata (Omi). Questi sacerdoti hanno aiutato in modo disinteressato la popolazione tamil durante la guerra e sino alle ultime ore in cui i militari hanno intensificato l’attacco. Questi sacerdoti hanno solo aiutato la gente. Il governo dello Sri Lanka li ha messi in isolamento nei campi degli IDPs senza che nessuno possa incontrarli. Si teme per la loro sicurezza, le loro condizioni psicologiche ed emotive, ed anche per la salute fisica. Il vescovo di Jaffna ha chiesto al segretario della Difesa la liberazione dei sei preti, ma finora non c’è stata risposta.
 
Dopo che l’esercito ha portato a termine l’operazione per eliminare i leader del Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte), nella zona di guerra erano rimaste poche persone. I militari li hanno prelevati e portati in posti isolati perché erano gli unici testimoni oculari delle brutalità compiute nella zona di sicurezza. Tra queste persone c’erano anche i sei sacerdoti.
 
Durante l’ultima fase dell’attacco finale, 25mila tamil sono rimasti uccisi. Le autorità di Colombo devono rilasciare i tre medici governativi che hanno diffuso le statistiche delle vittime - cifre che le autorità respingono. I tre medici, dopo essere stati accusati di complicità con l’Ltte, sono scomparsi.
 
I campi degli IDPs sono sparsi tra Mannar e Vavuniya. Circa 500 ettari di territorio occupato dalla foreste [pari a 5 kmq, ndr] sono stati evacuati e ora gli abitanti dei distretti di Kilinochchi e Mullaitivu e la popolazione di alcune zone di Jaffna, Mannar e Vavuniya è tenuta nei campi profughi.
 
Circa 300 mila persone vivono nei campi, in tende e alloggi temporanei. Le tende sono da cinque posti, ma in ognuno ci vivono tra le 15 e le 16 persone. C’è una cronica scarsità d’acqua e mancano i servizi sanitari per tutti: per circa 1500 persone ci sono solo due bagni. La richiesta delle agenzie umanitarie di costruire almeno 2500 bagni è un’urgenza assoluta. Tutte i rifugiati vivono in centri di detenzione e internamento in cui manca un’adeguata disponibilità di cibo, medicine e riparo; non c’è accesso all’informazione e possibilità di comunicazione.
 
A causa della dolorosa situazione nei campi un elevato numero di anziani è morto infezioni come la diarrea e la varicella si diffondono con rapidità.
 
C’è bisogno urgente di organizzare servizi di assistenza e le organizzazioni umanitarie devono essere ammesse a lavorare nei campi. C’è un bisogno fondamentale di terapie per il sostegno psicologico per aiutare le persone che sono rimaste traumatizzate dalla guerra.
 
Alle ong non è permesso lavorare tra la gente: possono visitare i campi portando gli aiuti ma  devono consegnarli ai militari che sono gli unici a poterli distribuire. Essi controllano i campi e tengono tutti sotto costante sorveglianza. I preti a cui è concesso di celebrare la messa sono sempre accompagnati da personale del’esercito.
 
Il mondo tace davanti a questa tragedia. Nessun giornalista, nessuna agenzia, nessun attivista per i diritti umani, e nemmeno i parenti degli IDP possono visitare i campi. Le persone che ci vivono sono private della loro libertà e vogliono sapere quando il governo permetterà loro di tornare a casa. Le autorità affermano che le zone da cui provengono i profughi sono cosparse di mine e ci vuole tempo per la bonifica, per cui gli IDP devono restare nei campi.
 
Il governo tiene segregati i profughi perché non vuole che militanti del Ltte si infiltrino nei campi. Agenti in borghese dei servizi di intelligence girano per i campi e controllano ogni possibile segno che rivela la presenza di cellule o di sostenitori delle Tigri tamil; alcune persone sono sparite.
 
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
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