30/05/2007, 00.00
CINA
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In campo energetico annunci di un limpido futuro nascondono i problemi attuali

di Maurizio d’Orlando
Pechino costituisce società per la ricerca e la produzione, in anni a venire, di energia nucleare di terza generazione, di centrali eoliche e solari. Ma il presente è ancora fatto di miniere di carbone, che ogni anno uccidono migliaia di operai, e di approvvigionamento, anche illegale, di petrolio.

Milano (AsiaNews) - Le agenzie nei giorni scorsi hanno riportato svariate notizie sull’energia in Cina, alcune tese a sottolineare i progressi tecnologici, tutte in generale improntate all’ottimismo. In realtà, analizzandole più a fondo, si noterà che non ci sono novità di rilievo, quanto meno nel breve e medio termine. La vera notizia è dunque proprio la diffusione di una miriade di tante piccole notizie volte a suscitare attese mirabolanti di un radioso, seppur lontano, avvenire. Anche questa potrebbe essere una non notizia: da sempre i regimi comunisti si sono retti prospettando conquiste e meraviglie future. Viceversa dall’infondato e spesso anche inutile entusiasmo tecnologico di questo stesso flusso di notizie si potrebbe forse cogliere il segnale di un accresciuto nervosismo per il presente ed in particolare per le necessità di copertura del vorace fabbisogno di energia e materie prime richieste dallo sviluppo cinese.

Il limpido futuro

La scorsa settimana il governo cinese ha costituito una nuova società statale nel settore della tecnologia per la produzione di energia elettrica da nucleare la “State Nuclear Power Technology Corp” (SNPTC). Lo scopo è di avviare una nuova fase nella produzione di energia nucleare mediante l’adozione della tecnologia cosiddetta di Terza Generazione (3G). Seconde le attese attuali, gli impianti 3G saranno più economici, più sicuri e potranno essere costruiti in minor tempo rispetto quelli attuali di Seconda Generazione (2G) ed a quelli intermedi (2,5G). La decisione di costituire la SNPTC e quindi di lanciarsi nel nucleare 3G è arrivata dopo due anni impiegati a valutare a quale controparte tecnologica estera affidarsi. Si tratta ovviamente di una scommessa perché si prevede che il primo impianto 3G al mondo entrerà in funzione in Finlandia solo nel 2009. La decisione della scorsa settimana fa seguito  all’appalto del valore di 6 miliardi di dollari, per 4 impianti da 1 Giga Watt ciascuno, assegnato da Pechino lo scorso dicembre alla Westinghouse Electric, attualmente parte del gruppo giapponese Toshiba. Per non precludersi un fornitore alternativo nel 3G la Cina ha siglato anche dei preliminari d’accordo anche con la francese Areva per due impianti da 1,6 Giga. L’avvio di questa nuova fase tecnologica fa parte della decisione del governo cinese di quadruplicare la produzione di energia elettrica da nucleare: entro il 2020 il totale di tale produzione si prevede raggiunga 40 Giga Watt a fronte di una produzione corrente di 9,1 Giga Watt. Se tale obbiettivo sarà raggiunto, il nucleare fornirà nel 2020 il 4 % circa dell’energia elettrica prodotta in Cina mentre lo scorso anno era appena 1,9 %.

Sempre nell’ambito della tecnologia più avanzata un’altra notizia ci informa dell’avvio in Cina di un grande progetto di studio con il sostegno congiunto del governo cinese e di quello americano. È stato annunciato a Washington sempre la scorsa settimana durante il secondo incontro di Dialogo strategico economico (Strategic Economic Dialogue) sino-americano e riguarda la tecnologia di smaltimento  carbonico per interramento (carbon-capture and sequestration – CCS – technology). In pratica si tratta di iniettare nei giacimenti petroliferi esausti il biossido di carbonio prodotto dalle centrali termoelettriche, ed i particolare da quelle alimentate a carbone, molto diffuse in Cina. La valenza è duplice, ambientale e di incremento delle rese di riserve petrolifere non altrimenti estraibili. In termini ambientali la tecnologia permette di ridurre l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera, contribuendo a limitare l’effetto serra. Trattandosi di una ricerca sovvenzionata dai due governi ed ancora da avviare mancano ovviamente per il momento riscontri sperimentali.

Sempre al fine di ridurre l’inquinamento degli impianti a carbone, il governo cinese ha fissato l’obbiettivo programmatico di ottenere, nel 2020, il 16 % del fabbisogno energetico del Paese da energie rinnovabili.  Da esse, incluse le biomasse – derrate agricole non destinate a mangimi o al consumo umano , ma per la produzione di energia sotto varie forme – lo scorso anno in Cina è pervenuto il 7,8 % del totale dei consumi di energia. Nel resto del mondo attualmente le energie rinnovabili costituiscono in media il 16 % del totale.

Per quanto riguarda l’eolico, l’obbiettivo del governo è raggiungere l’installazione di una capacità di 5 Giga nel 2010, anche se alcuni osservatori ritengono che per tale data il totale sarà probabilmente il doppio. Sono state infatti avviate molte iniziative nel settore ed è probabile che, a causa della pressione esercitata sul governo dai produttori dei macchinari,  si venga a determinare una situazione di sovraccapacità. Gli esperti del settore fanno infatti notare che per gli impianti eolici è basilare il tasso di utilizzo dell’impianto, vale a dire che vi sia un’adeguata disponibilità di vento, piuttosto che la capacità installata. A prescindere dai maggiori costi dell’eolico è probabile perciò che molti dei progetti attualmente avviati rimangano in seguito inoperativi.

Per quanto riguarda l’energia solare, i cui costi in Cina sono circa 12 volte quelli di un impianto alimentato a carbone, Wang Zhongying, direttore del Istituto di ricerca energetica, si attende un contributo positivo per il 2040 – 2050. Con la riduzione dei costi attesi per tale epoca, Wang Zhongying ha affermato di essere convinto che l’energia solare si dimostrerà più affidabile di quella eolica.

Nel settore degli idrocarburi l’agenzia Xinhua informa della scoperta di un giacimento di metano di 240 miliardi di metri cubi. La scoperta è stata fatta nelle vicinanze del grande giacimento Puguang, ritrovato congiuntamente da PetroChina e da Sinopec nell’Ovest della Cina. Il potenziale di quest’ultimo giacimento è valutato pari a circa 600 miliardi di metri cubi e la sua messa in produzione è attesa per il 2010. Nell’area si spera di poter in futuro identificare riserve metanifere fino a 3.800 miliardi di metri cubi. Come è noto il gas naturale è considerato un combustibile a basso impatto ambientale.

Il caliginoso presente

Il carbone alimenta ancora circa il 70 % della produzione di elettricità in Cina e rimane la principale fonte di energia nel paese, con tutti i problemi di inquinamento che ciò comporta. La produzione cinese di carbone è stata di 2,33 miliardi di tonnellate a fronte di un consumo interno di 2,25 miliardi di tonnellate. Grazie agli aumenti delle quotazioni del carbone trainato dal rialzo dei prezzi energetici le compagnie minerarie hanno visto esplodere i propri utili. La scorsa settimana la società statale  China National Coal ha annunciato un aumento dell’85 % dei propri utili rispetto a quelli del precedente anno. L’industria carbonifera è molto frammentata in Cina e sono decine di migliaia le piccole imprese operanti nel settore. Secondo i dati governativi, molti degli incidenti mortali – secondo i dati ufficiali lo scorso anno le vittime sono state 4.746 – avvengono proprio nelle piccole miniere dove, per risparmiare, le misure di prevenzione sono minime o inesistenti. Per questa ragione il governo sta cercando di imporre la fusione delle imprese minori. Secondo molti osservatori le vittime sarebbero forse due-tre volte maggiori di quelle riportate dai dati ufficiali perché le piccole miniere per evitare sanzioni non danno comunicazioni alle autorità degli incidenti verificatisi.

Per quanto riguarda una fonte energetica relativamente meno inquinante, il petrolio, non sono certo di conforto i recenti incrementi di prezzo del greggio di riferimento, il Brent.  Le quotazioni in rialzo, attualmente sopra i 70 dollari al barile,  sono connesse alle difficoltà degli imbarchi dalla Nigeria causate dalle tensioni politiche locali. I greggi leggeri africani per il loro basso contenuto di zolfo e la maggiore resa in benzina sono considerati i più adatti per le esigenze della Cina.

Questa situazione di tensione nelle disponibilità di greggi africani ha condotto allo sviluppo di un mercato parallelo. Secondo voci circolanti negli ambienti del commercio internazionale del petrolio molti carichi “non ufficiali” di greggio nigeriano sono finiti in Cina. In base a tali voci, che AsiaNews non è però in grado di confermare, a circa 60 miglia al largo delle coste nigeriane, dove la marina militare del Paese non è in grado di intervenire, stazionerebbero delle navi cisterna battenti bandiere compiacenti. Dal delta del fiume Niger durante la notte delle piccole bettoline fluvio marittime alimenterebbero tali navi madre. Accompagnati da documenti “aggiustati” per l’occorrenza, i carichi verrebbero poi ceduti, tramite catene di intermediari, a raffinerie cinesi (ma anche di altri Paesi) medio piccole che possano beneficiare di buoni contatti con funzionari doganali nei terminali di destinazione. Da questi traffici pare derivino abbondanti profitti per tutte le parti coinvolte, a detrimento solo, ovviamente, delle casse del governo nigeriano. 

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