Inter mirifica: 50 anni di attenzione e incomprensione tra Chiesa e media
Roma (AsiaNews) - Dall'"Udite e ascoltate o popoli lontani" pronunciato il 12 febbraio 1931 da Pio XI dalla sala di trasmissione allestita da Guglielmo Marconi in Vaticano fino ai tweet di Benedetto XVI - e senza scomodare le Lettere di san Paolo - la Chiesa ha sempre considerato la comunicazione sociale come un utile strumento di comunicazione della sua verità.
L'ha fatto anche il Concilio Vaticano II che esattamente 50 anni fa, il 4 dicembre 1963, approvava il decreto "Inter mirifica". Ma a riprova di un atteggiamento fatto a un tempo di attenzione e incomprensione, il documento che inizia "Tra le meravigliose invenzioni tecniche che, soprattutto nel nostro tempo, l'ingegno umano è riuscito, con l'aiuto di Dio, a trarre dal creato..." è il "meno approvato" dell'intera assemblea. Ebbe 164 voti contrari, il maggior numero di "non placet" dell'intero Concilio. E appena pochi giorni prima, il 25 novembre, i contrari erano stati 503. Del resto, a quanto si sa, delle 9.348 proposte che nel 1960 erano giunte a proposito dei temi da affrontare nel Concilio, solo 18 facevano riferimento ai mezzi della comunicazione sociale.
Eppure proprio il Concilio stava dimostrando l'importanza che essi potevano avere per la Chiesa, visto l'interesse mondiale col quale se ne seguivano i lavori. Ma più che incomprensione per le "meravigliose invenzioni", tra i padri conciliari che bocciarono il documento c'era la convinzione che esso fosse "inadeguato", sotto il profilo teologico, a un Concilio.
Il decreto, in realtà, appariva datato fin dal suo nascere, visto che esso stesso ipotizzava futuri sviluppi che effettivamente ci saranno: dall' istruzione pastorale "Communio et Progressio" della Pontificia commissione per le comunicazioni sociali, del 1971 alla lettera apostolica "Il rapido sviluppo" di Giovanni Paolo II (2005).
Pur con tali limiti, l'Inter Mirifica afferma alcuni importanti principi sul rapporto tra la Chiesa e i mezzi di comunicazione, a partire dal fatto che la Chiesa ha il diritto di usare questi mezzi per il suo ministero e che deve assicurarne l'opportuno utilizzo morale secondo i suoi insegnamenti. Si legge infatti al n. 3 "(...) Compete pertanto alla Chiesa il diritto innato di usare e di possedere siffatti strumenti, nella misura in cui essi siano necessari o utili alla formazione cristiana e a ogni altra azione pastorale. Così pure è dovere dei sacri pastori istruire e guidare i fedeli perché essi, anche con l'aiuto di questi strumenti, perseguano la salvezza e perfezione propria e di tutta la famiglia umana".
Un decennio dopo, nel 1975, l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" di Paolo VI, riferendosi ai mezzi di comunicazione sociale, afferma che "posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all'infinito il campo di ascolto della Parola di Dio, e fanno giungere la Buona Novella a milioni di persone" (n.45).
L'imprevedibilmente veloce evoluzione dei media ha poi visto numerosi interventi, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, in particolare nei messaggi per la Giornata delle comunicazioni sociali, voluta proprio dalla Inter mirifica. Che certo non poteva prevedere internet e social media, il più recente dei quali, Twitter, anche Benedetto XVI comincia ora a usare. E "Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione" è il tema scelto da Benedetto XVI per la prossima, 47.ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. "Non si tratta più di utilizzare Internet come un 'mezzo' di evangelizzazione - dice in proposito un comunicato del dicastero per le Comunicazioni sociali - ma di evangelizzare considerando che la vita dell'uomo di oggi si esprime anche nell'ambiente digitale".
Sembra di vedere il superamento di quello che fino ad oggi appare un po' come un limite, considerare la comunicazione solo come uno "strumento", peraltro condizionato da un invincibile clericalismo, mentre, come scriveva il card. Martini nel suo "Lembo del mantello" (1991) "I media non sono più uno schermo che si guarda, una radio che si ascolta. Sono un'atmosfera, un ambiente nel quale si è immersi, che ci avvolge e ci penetra da ogni lato. Noi stiamo in questo mondo di suoni, di immagini, di colori, di impulsi e di vibrazioni come un primitivo era immerso nella foresta, come un pesce nell'acqua. E' il nostro ambiente, i media sono un nuovo modo di essere vivi". (F.P.)
24/01/2022 13:05