03/11/2021, 13.25
PAKISTAN
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Islamabad: nuovo accordo con gli islamisti radicali, critiche nel Paese

Il governo guidato da Imran Khan ha concluso i negoziati con il Tehreek-i-Labbaik Pakistan, il partito islamista radicale del Paese, per porre fine alle proteste delle settimane scorse. Più di 2mila membri dell'organizzazione sono stati scarcerati. Ma i commentatori criticano il governo per l'incapacità di risollevare la nazione a livello economico.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) - Il governo pakistano ha siglato un accordo con gli islamisti per porre fine alle proteste e alle violenze scoppiate nel Paese nelle scorse settimane. I dettagli del negoziato non sono stati svelati e questo ha generato critiche da parte dell’opposizione e di diversi commentatori. Nei giorni scorsi il Tehreek-i-Labbaik Pakistan (Tlp), un partito islamista di estrema destra, ha marciato da Lahore a Islamabad occupando una delle autostrade principali del Paese. Le violenze scoppiate tra i manifestanti e la polizia hanno ucciso almeno sette agenti e ferito più di un centinaio di persone. I membri del Tlp chiedevano la scarcerazione del loro leader, Saad Hussain Rizvi, e il ritiro delle accuse di terrorismo nei loro confronti. 

Anche se in via ufficiale non sono state chiarite le concessioni che il governo avrebbe fatto ai radicali per porre fine agli scontri, alcune indiscrezioni sono comunque trapelate da fonti locali e i fatti le hanno sostenute. Ieri per esempio sono stati liberati più di 2mila sostenitori del Tlp arrestati ad aprile, quando il partito era stato messo fuori legge e designato come un gruppo terroristico. Pare che in cambio i radicali abbiano deciso di ritirare la richiesta di espellere dal Paese l’ambasciatore francese per la pubblicazione delle vignette satiriche che ritraevano il profeta Muhammad e che il Tlp considera blasfeme. Il partito islamista potrà inoltre partecipare alle prossime elezioni, che si terranno nel 2023. 

Non è un modus operandi nuovo quello messo in atto dal governo guidato dal primo ministro Imran Khan. Tra il Tlp e l’esecutivo ci sono stati almeno sei scontri importanti nella storia recente del Pakistan e i critici lamentano la debolezza dello Stato nei confronti dei gruppi radicali, che tengono la nazione in pugno con le loro richieste. 

La volontà di mantenere gli accordi segreti e di ripristinare nella politica del Paese un partito che era stato bannato solo qualche mese fa dallo stesso governo che ora lo sta nuovamente legittimando indebolisce ancor più la posizione di Imran Khan, scrivono i commentatori.

Non è tuttavia solo una questione ideologica, sottolinea un editoriale del quotidiano in lingua inglese Dawn. Il Tlp gode di un sostegno smisurato nei centri cittadini: “Dobbiamo chiederci perché è così facile per qualsiasi partito politico portare tanta gente in strada per diversi giorni di fila. Perché non c'è un costo economico che questi manifestanti devono pagare per scendere in piazza per un periodo indefinito?” 

L’economia del Pakistan si è leggermente ripresa dopo la pandemia da Covid-19, registrando un +3,5% del Pil. Ma, come sottolinea un recente rapporto della Banca mondiale, le importazioni sono cresciute molto più delle esportazioni, determinando un ampio disavanzo commerciale: “il Pakistan ha bisogno di aumentare gli investimenti privati e di esportare di più”.

Da quando Imran Khan è salito al potere, il costo dell’elettricità è salito del 49% e quello della benzina del 57%, e i prezzi dell’olio, della farina e dello zucchero sono i più alti degli ultimi 70 anni. Nei giorni scorsi il Fondo monetario internazionale (Fmi), su richiesta degli Stati Uniti, ha deciso di non rilasciare una tranche da un miliardo di dollari, perché Washington vuole prima assicurarsi la cooperazione militare e strategica di Islamabad nei confronti del nuovo Emirato islamico di Kabul. Il Pakistan potrebbe concedere il proprio spazio aereo per combattere i terroristi in Afghanistan in cambio di liquidità.

Gli analisti dicono che per mantenere l’economia in piedi il Pakistan ha un disperato bisogno dei soldi del Fmi. “È troppo semplicistico credere che qui sia all'opera solo l'ideologia”, conclude l’editoriale di Dawn. “E il Pakistan non può e non deve essere incolpato di incoraggiare semplicemente la questione religiosa - deve essere ritenuto responsabile di non offrire altro alla sua popolazione”.

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