25/07/2025, 15.00
CAMBOGIA-THAILANDIA
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La Malaysia di Anwar prova a mediare tra Phnom Penh e Bangkok

Il premier di Kuala Lumpur parla di un cessate il fuoco, ma le due parti continuano ad accusarsi a vicenda mentre crescono i morti e il numero degli sfollati. Il confine tracciato dai francesi nel 1907 e la conseguente sorte dei templi di Preah Vihear e Ta Muen Thom facile appiglio per il nazionalismo che su entrambi i fronti serve a coprire altre tensioni. Ma quella contesa è anche un'area da cinquant'anni crocevia di attività criminali.

Milano (AsiaNews/Agenzie) - La Malysia - presidente di turno dell'Asean, l'organizzazione dei Paesi asiatici - sta cercando di ottenere la fine delle ostilità tra Cambogia e Thailandia, che da ieri mattina si scambiano colpi di artiglieria, missili e raid aerei nella zona di confine. Il primo ministro malese Anwar Ibrahim ha dichiarato oggi che entrambe le parti avrebbero accettato un cessate il fuoco e il ritiro delle loro truppe dalla zona contesa. Parlando alla celebrazione della Giornata contro la droga 2025 a Kuala Lumpur, Anwar ha detto che entrambi i Paesi avrebbero risposto positivamente, ma avrebbero chiesto un po' di tempo per eseguire il ritiro.

Anwar ha avuto contatti diretti con il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro ad interim thailandese Phumtham Wechayachai per esprimere la preoccupazione della Malaysia per l'escalation, accogliendo la disponibilità a ridurre la tensione e ad attuare un cessate il fuoco. Resta ancora da verificare quanto la fine delle ostilità sia realmente un risultato acquisito: il premier cambogiano Hun Manet dichiara di aver accettato il cessate il fuoco, ma accusa Bangkok di non aver fatto altrettanto. Da parte sua la Thailandia per il momento non commenta invece queste notizie e continua a sfollare decine di migliaia di civili mentre è cresciuto a 16 il numero dei morti. Lo scontro è all'ordine del giorno anche di una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu convocata per questo pomeriggio. C'è grande preoccupazione anche il tipo di armamenti utilizzati in queste ore: alla Thailandia che ha accusato la Cambogia di aver minato nuove aree, Phnom Penh in queste ore ha risposto denunciando l'uso di bombe a grappolo da parte dell'aviazione thailandese. 

Di certo quanto sta accadendo ha riacceso i riflettori sull'area intorno al tempio di Preah Vihear, storicamente conteso tra i due Paesi. Già nel 2008 - quando questo luogo sacro tra i più spettacolari dell’impero Khmer, fu candidato dalla Cambogia a patrimonio dell’umanità Unesco - seguirono lungo il confine scontri armati con morti da entrambi le parti. Il tempio è rivendicato da Bangkok, che non riconosce l’autorità della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia già nel 1962 aveva legittimato il confine tracciato dalla Francia, l'allora potenza coloniale, nel 1907, deviando la frontiera rispetto al corso del fiume locale per ricomprendere lo storico complesso in territorio cambogiano..

A essere contesi sono i templi Ta Muen Thom, Ta Muen Tauch, Ta Krabei e l’area di Mom Bei. Quest’ultima, di appena 12 chilometri quadrati, è all’intersezione dei confini di Thailandia, Cambogia e Laos - rinomata negli anni 70 e 80 come teatro di attività criminali legate al commercio e produzione di droghe. Ora zona minata, a seguito di scontri tra le truppe dei tre Paesi. 

Sull’attuale scenario influisce anche il crescente nazionalismo in entrambi i Paesi e le tensioni interne: non a caso la vicenda che dura da maggio ha portato a Bangkok alla sospensione della premier Paetongtarn Shinawatra, tradita proprio dai suoi rapporti con la famiglia di Hun Sen. Si prospettano anche conseguenze di carattere economico. Entrambi i Paesi hanno infatti adottato reciproche restrizioni, che hanno frenato le attività commerciali di frontiera, che nel 2024 hanno avuto un valore di circa 5,44 miliardi di dollari statunitensi. Phonm Penh ha vietato, per esempio, le importazioni di frutta, verdura, forniture energetiche e servizi internet. A ciò si aggiungerebbero altre questioni. Come la presenza di casinò cambogiani vicini al confine, frequentati regolarmente dai cittadini thailandesi, come peraltro accadeva con i templi. La possibilità che Bangkok li renda legali fa temere per la perdita dell’ingente introito economico. 

(ha collaborato Joseph Masilamany)

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