06/04/2023, 10.16
LIBANO
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La Pasqua ‘povera’ dei libanesi, travolti da crisi economica e disuguaglianze

di Fady Noun

Le chiese sono “piene” di fedeli, la crisi ”ha risvegliato le coscienze di molti” racconta un sacerdote. Ma le famiglie faticano persino a pagare gli affitti, finendo per strada. I nuovi ricchi hanno legami con i Paesi del Golfo, i nuovi poveri sono quanti ricevono il salario in moneta locale. L’attesa per una unificazione della Pasqua con gli ortodossi. 

Beirut (AsiaNews) - In un Libano che “nasconde la sua povertà”, le disuguaglianze aumentano. A pochi giorni dalla festa di Pasqua, le privazioni si fanno sentire in un modo persino crudele in alcune frange della popolazione, privata di ogni bene. “Pasqua è condivisione! Dio che condivide la propria vita con noi, e noi con gli altri!”, assicura p. Elie Sfeir, curato della parrocchia maronita della Resurrezione. Situata in una regione del Paese relativamente agiata, l’aiuto di circa 100 euro che ogni mese la parrocchia stanzia finisce per fare la differenza per una trentina di famiglie bisognose. 

“È confortante constatare che le nostre chiese sono piene. La crisi ha risvegliato le coscienze di molti” conferma uno dei suoi aiutanti. “Tuttavia, negozi e attività commerciali sono vuote. Nel settore dell’abbigliamento del svendite si moltiplicano!”. 

“Mi hanno detto che il cassiere della catena di abbigliamento Zara di una grande area della regione è dovuto intervenire duramente per mettere ordine fra la folla” alla vigilia della festa delle Palme, spiega p. Elie. Secondo me, aggiunge, “questi acquirenti fanno parte delle famiglie espatriate a Dubai o Abu Dhabi!”. Egli ne approfitta per precisare che 130 famiglie della sua parrocchia hanno lasciato il Paese, negli ultimi due anni, la maggior parte dei quali in direzione del Golfo. 

“In ogni caso, non ci sono più ricchi in Libano”, riprende. “Il denaro di questi ultimi è bloccato nelle banche. Qui rimangono solo i nuovi ricchi, pagati in ‘dollari contanti’ e i nuovi poveri, quelli che continuano a ricevere i loro stipendi in lire libanesi, che sono la stragrande maggioranza”. 

“Il libanese, in generale, cerca di nascondere la sua povertà” spiega Roland, un uomo sulla cinquantina, di professione interprete, che divide il proprio tempo fra il Paese dei cedri e l’estero. Molti libanesi sono in ritardo con gli affitti, questo è uno dei primi segni di povertà. Ma i ricchi di questa regione vivono in una bolla”. 

“Abbiamo tutti ridotto il nostro stile di vita” aggiunge sua moglie. “Il cioccolato - racconta - è scomparso dalle nostre bomboniere di porcellana, insieme ad altre cose semplici, ma diventate troppo costose, come le uova colorate, gli inviti con gli amici, le uscite e i tradizionali ‘maamouls’ [gallette ripiene di mandorle], che hanno sempre contraddistinto la festa. Cerchiamo di evitare sprechi!”. Mireille e Khawla, due sorelle responsabili di una ong che distribuisce medicine e cibo ai più poveri chiamata “Verso l’Oriente tradizionale”, confermano il repentino impoverimento di una classe media che ha visto i propri risparmi bloccati dalle banche, nel 2019, e il suo reddito sciogliersi come neve al sole in quest’ultima fase. 

“L’aiuto che questa associazione porta è vario” spiegano queste madri di famiglia, che ricevono contributi da Lione, dove vive un loro fratello, e da una associazione cristiana in Germania. “Tutto dipende da ciò che riceviamo, anche se in genere sono medicine”. Le due sorelle hanno appena aiutato una coppia di pensionati ridotta in miseria. L’uomo è malato di cancro. “Per vivere e curarsi - raccontano - la coppia ha gradualmente venduto tutto, compresa l’auto e i pochi gioielli che gli erano rimasti. Ma, dopo diversi mesi di affitti arretrati e non pagati, sono pure finiti per strada” aggiunge una delle due. Accolti in un convento, oggi vivono di elemosine. 

Le due responsabili si lamentano del prosciugamento degli aiuti internazionali. “Ora tutto va all’Ucraina in guerra e alla Turchia” colpita dal terremoto, spiega una di loro. “Ci dicono - controbatte Mireille - voi libanesi siete intraprendenti. Molti di voi sono molto ricchi. Siamo noi stessi vittime della nostra reputazione”. 

A Zahlé, metropoli greco-cattolica del Medio oriente, la stagione pasquale vede generalmente formarsi enormi ingorghi nel centro della città. Quest’anno, invece, le strade e i negozi sono in genere vuoti. “Nella scuola abbiamo organizzato processioni nei giorni di venerdì e distribuito candele per la festa delle Palme, per non mettere in imbarazzo quelli degli studenti i cui genitori non potevano permettersi altri lussi” spiega Nelly, un tempo braccio destro del patriarca della comunità.

La grande specialità di Zahlé è la galletta al latte, rinomata in tutto il Paese. Quest’anno “gli ordini si sono ridotti almeno del 60%” racconta Maurice Barrak, uno dei gestori del “Salon des Familles”, una catena di produttori di gallette. “Tutti i nostri prodotti di base: farina, zucchero, crema di latte, burro chiarito, grasso vegetale, tutto - sottolinea, per spiegare le ragioni della crisi - è pagato in dollari”. A tutte queste vessazioni e privazioni, bisogna infine aggiungerne una di natura spirituale. Le comunità ortodosse celebrano infatti la Pasqua, quest’anno, una settimana dopo i cattolici. Al riguardo, quanto tempo dovrà ancora trascorrere e quanto si dovrà aspettare perché la profonda aspirazione dei cristiani libanesi all’unificazione delle due feste diventi realtà?

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