25/02/2011, 00.00
RUSSIA – LIBIA
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La Russia teme un contagio delle rivolte del mondo arabo

di Nina Achmatova
Il premier Putin preoccupato per l’eventuale ascesa di gruppi radicali che influenzerebbero il Caucaso del Nord. Qui il terrorismo ha iniziato a prendere di mira i turisti. Esperto: “più allarmante dell’attentato a Domodedovo”.

Mosca (AsiaNews) - La Russia teme un contagio di disordini e violenze dal Nord Africa al Caucaso settentrionale e gli ultimi attentati nella regione russa a maggioranza musulmana, rinnovano i timori.

In meno di una settimana, sull’argomento si sono espressi sia il presidente Dmitri Medvedev che il premier Vladimir Putin. Ieri, da Bruxelles Putin ha ammesso: “Nonostante le tesi rassicuranti secondo le quali è improbabile che gruppi radicali prenderanno il potere o aumenteranno la loro influenza nel paesi nordafricani, noi siamo preoccupati”. “Se questo succederà – ha aggiunto - avrà inevitabili ripercussioni in altre regioni del mondo, compreso di certo il Caucaso del Nord”. 

Dall'inizio dell’ondata di proteste nel mondo arabo, è la prima volta che la Russia dichiara apertamente i timori di un “effetto contagio” nella turbolenta regione caucasica, dove l'estremismo islamico si innesta a cause separatiste. Medvedev infatti, solo due giorni prima, aveva avvertito che l’arrivo al potere in Medio Oriente dei “fanatici” porterà la disintegrazione di alcuni Stati della regione in “piccoli pezzi”, “situazioni esplosive per decine di anni” e “un’influenza diretta” sulla Russia, dove gli estremisti tenteranno di esportare lo scenario nordafricano. “Ma da noi non funzionerà” aveva rassicurato il capo del Cremlino. 

Da quando sono scoppiate le rivolte nel mondo arabo, in Russia si è acceso un dibattito sull'eventualità di un contagio, anche facilitato dalla crescente penetrazione di internet nel Paese. L’ex vicepremier e ora oppositore Boris Nemtsov, in una manifestazione, ha accostato Putin a Mubarak e invocato l’emulazione dei “fratelli tunisini ed egiziani”. Ma per la maggioranza degli analisti si tratta di uno scenario da escludere, almeno sul breve termine, nonostante alcune analogie da governo autocratico. Il mondo arabo è un vulcano di scontento giovanile, la Russia è un Paese con pochi giovani, una Chiesa ortodossa vicina al potere e una forte apatia socio-politica: alle protesta, spesso represse dalla polizia, non partecipano che poche centinaia di persone. 

In Caucaso del Nord, attacco ai turisti

Al di là di eventuali rivolte popolari quello che preoccupa di più i vertici della Federazione è la piega che ha preso il terrorismo di stampo caucasico. Non più solo attentati a polizia, forze di sicurezza o obiettivi civili, ma al cuore della politica russa di sviluppo della regione: il turismo. 

Dopo la strage all’aeroporto internazionale di Mosca Domodedovo, si sono verificati altri due episodi di gravità solo in apparenza minore, entrambi in Cabardino-Balcaria, Caucaso del Nord. Il 18 febbraio sono stati uccisi tre turisti moscoviti a Elbrus, località che si sta promuovendo come centro sciistico. Poco prima, invece, un’esplosione aveva fatto saltare un impianto di risalita sempre nella stessa zona. Nella repubblica caucasica ora è caccia all’uomo e le forze russe dicono di aver già trovato il covo del gruppo che ha organizzato l’assalto. Ma secondo Alexei Malashenko, uno dei più grandi islamisti russi ed esperto presso il Carnegie Center di Mosca, “ormai la situazione nella regione è fuori controllo, il tempo per seri colloqui con le forze in camp perduto, e non c’è una via di uscita o una soluzione al momento”. “Gli attacchi in Cabardino-Balcaria – spiega – sono più preoccupanti di quello a Domodedovo: confermano che il governo non è in grado di risolvere la situazione e non può controllare le eventuali ripercussioni di questo su tutto il Paese”. “I terroristi hanno dato uno schiaffo a Putin e Medvedev che si ostinano a sciare sulle montagne vicino Sochi per promuovere le Olimpiadi invernali 2014 e il turismo in generale e soprattutto hanno fatto capire di avere una strategia specifica: pochi attacchi, ma a obiettivi molto sensibili e significativi. Così minano non solo il richiamo di eventi come Sochi, ma il principio stesso.  

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