15/12/2025, 13.18
PAKISTAN - AUSTRALIA
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La condanna dei migranti pakistani in Australia per la strage di Hanukkah

In una nota la Pcia parla di “orribile atto di violenza” che ha “scioccato la nostra comunità”. A compiere l’attentato di Bondi Beach, a Sydney, sarebbero stati padre e figlio di origine pakistana, avvicinatisi all’Isis. Dalla Siria veniva invece l'eroe che ha rischiato la vita per disarmarli. La condanna dei vertici di Islamabad: "Il nostro stesso Paese è vittima del terrorismo". Papa Leone XIV: “Basta con queste forme di violenza antisemita".

Islamabad (AsiaNews) - Gli immigrati pakistani in Australia, insieme a quanti vivono nel Paese di origine, sono uniti nel “condannare inequivocabilmente la tragica e insensata sparatoria” di Bondi Beach. È quanto afferma in una nota pubblicata oggi la Pakistani Community in Australia (Pcia), per ricordare vittime e familiari delle 15 persone uccise sulla spiaggia di Sydney mentre celebravano la festa ebraica di Hanukkah, in una delle stragi antisemite più gravi al di fuori del territorio israeliano. A colpire sarebbero stati proprio due migranti provenienti dal Paese dell’Asia del sud, padre e figlio radicalizzati negli anni e con sospetti legami e simpatie per lo Stato islamico, confermate anche dal ritrovamento nella loro auto di una bandiera Isis. “Questo orribile atto di violenza - prosegue la dichiarazione rilanciata sulla pagina social dell’associazione - ha scioccato la nostra comunità e ha lasciato innumerevoli famiglie, amici e l’intero popolo australiano in lutto”.

Dell’attentato ha parlato oggi anche Leone XIV, parlando a braccio in Aula Paolo VI ricevendo in udienza i donatori dell’albero e del presepe che verranno inaugurati oggi pomeriggio, alle 17, in Piazza San Pietro. “Basta con queste forme di violenza antisemita! Dobbiamo eliminare l’odio dai nostri cuori” ha sottolineato il pontefice, che ha invocato preghiere “per quanti soffrono a causa della guerra e della violenza”. “In particolare oggi - ha proseguito papa Prevost - desidero affidare al Signore le vittime della strage terroristica compiuta ieri a Sidney contro la comunità ebraica. Il Presepio e l’Albero sono segni di fede e di speranza - ha concluso - mentre li contempliamo nelle nostre case, nelle parrocchie e nelle piazze, chiediamo al Signore di rinnovare in noi il dono della pace e della fraternità”.

Il bilancio - tuttora provvisorio - dell’attacco in occasione della festività ebraica delle luci sferrato ieri poco prima delle 19 ora locale è di 16 morti (la polizia ha ucciso uno dei due attentatori) e almeno 42 feriti, alcuni dei quali in modo grave. Fra le vittime anche una bambina di 10 anni e due cittadini israeliani, mentre le cronache locali e internazionali esaltano il coraggio del 43enne Ahmed al Ahmed, i cui genitori sono da poco arrivati dalla Siria e padre di due figlie, che ha rischiato la vita disarmando uno dei due presunti attentatori. I due assalitori sarebbero il 50enne Sajid Akram e il figlio 24enne Naveed, ma le informazioni sono ancora sommarie mentre un migrante pakistano - omonimo di uno dei due autori della strage - denuncia minacce di morte provenienti dalla rete e sui social pur essendo estraneo alla vicenda.  

“I nostri pensieri più profondi e le nostre preghiere più sentite - prosegue la nota diffusa da Pcia, che ha subito condannato l’attentato - sono con le vittime, le loro famiglie e ogni individuo colpito da questo evento devastante. Mentre nessuna parola può davvero alleviare il dolore, speriamo che l’effusione di forza, sostegno e compassione da parte della più ampia comunità australiana fornisca un po’ di conforto durante questo periodo di immenso dolore e angoscia”. La comunità pakistana esalta al contempo l’Australia, definendola “nazione vivace e multiculturale costruita sui valori fondamentali di sicurezza, rispetto, inclusione e comprensione reciproca”. Da qui la presa di distanza da “atti di violenza e odio” che “non trovano posto nella nostra società” e sono “in netta opposizione a questi principi condivisi che apprezziamo”.

“In questo momento difficile, riaffermiamo il nostro impegno a essere solidali con il popolo e le autorità australiane. Esortiamo tutti i membri della comunità a sostenersi a vicenda, esercitare vigilanza e sostenere lo spirito di unità, empatia e resilienza che ci definisce come australiani” sottolineando l’appartenenza e il legame con il Paese che li ha accolti. “A nome della comunità pakistana in Australia, estendiamo le nostre più sincere condoglianze - conclude la nota - alle famiglie che hanno perso i propri cari e auguriamo una piena e rapida guarigione a tutti coloro che sono stati feriti” sostenendo “le persone colpite durante questo periodo difficile”.

Fra i leader internazionali che hanno condannato l’attacco vi è anche il premier pakistano Shehbaz Sharif, il quale ha espresso le condoglianze alle vittime e ribadito l’opposizione di Islamabad al “terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni”. Esprimendo solidarietà alle vittime e ai familiari il presidente Asif Ali Zardari ha ricordato come “il Pakistan stesso” sia “vittima del terrorismo” e per questo “condanna la violenza contro i civili innocenti”. Fra i molti episodi si ricorda la recente escalation di attacchi dei miliziani nel nord-ovest degli ultimi mesi: anche nella giornata di ieri, ricorda l’ufficio del capo dello Stato, le forze di sicurezza hanno ucciso 13 militanti in due operazioni separate nei distretti di Mohmand e Bannu.

A dispetto delle dichiarazioni e delle manifestazioni di solidarietà, la strage della festa ebraica di Hanukkah ha alimentato più di un timore all’interno della comunità migrante pakistana in Australia, che finora aveva saputo integrarsi senza gravi problemi. Studi e ricerche mostrano come gli “expat” provenienti dalla nazione asiatica siano in continua crescita, ben educati, inseriti nella comunità lavorativa oltre a essere il 12mo gruppo migrante del Paese, concentrato soprattutto negli Stati di Victoria e Nuovo Galles del Sud. Essi mantengono forti legami attraverso associazioni e celebrazioni come l’Eid (la festa di fine Ramadan), fornendo un contributo alla società australiana in vari settori, pur non mancando complessità dell’integrazione e delle percezioni.

Del resto la popolazione migrante pakistana in Australia è in progressiva crescita: nel 2023 si contavano 120mila persone, un numero che è più che raddoppiato rispetto al 2013. La maggior parte arriva con curriculum qualificati, soprattutto nei settori della scienza, tecnologia, ingegneria e contabilità, unita a un grado di istruzione elevato con una parte significativa che detiene lauree universitarie, ben al di sopra della media nazionale. I pakistani sono attivi in vari campi, tra cui sanità, Information Technology, finanza e università. Fra le sfide principali la conoscenza in grado elevato della lingua inglese, in particolare nella popolazione femminile, che finisce per determinare un certo grado di isolamento e anche il riconoscimento delle qualifiche può essere un problema. Non mancano infine episodi di razzismo nei luoghi di lavoro, sia palese che nascosto, che rischia di inasprirsi ancor più in un futuro prossimo come conseguenza dell’attentato a Bondi Beach. 

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