La crisi abitativa dietro l'incendio di Hong Kong e il rischio di nuove tensioni con Pechino
Con il devastante rogo che ha distrutto gran parte di un complesso popolare a Tai Po affiora tutta la fragilità del sistema abitativo di Hong Kong: sovraffollamento, cantieri gestiti in modo negligente e migliaia di anziani e lavoratrici domestiche bloccati in grattacieli difficili da evacuare. P. Franco Mella, missionario del Pime, denuncia la gestione pubblica lontana dai bisogni reali della popolazione. Nel frattempo cresce il timore che la tragedia possa riaccendere le tensioni con Pechino, proprio alla vigilia delle elezioni locali del 7 dicembre.
Hong Kong (AsiaNews) - Almeno 65 morti e centinaia di dispersi. È solo un bilancio provvisorio quello che si può stilare dopo il devastante incendio scoppiato ieri nel complesso popolare di Hong Fuk Court (anche noto come Wang Fuk Court), che si trova nel distretto di Tai Po, nei New Territories di Hong Kong. Tuttavia, anche con dati provvisori (che sembrano destinati a peggiorare), si può parlare della più grande tragedia che abbia finora colpito la città e che potrebbe persino costringere il governo locale filo-cinese a posticipare le prossime elezioni in programma il 7 dicembre.
Il complesso, costruito nel 1983, ospitava 4.600 residenti in quasi 2mila unità abitative. Le fiamme hanno devastato sette degli otto grattacieli di 31 piani che erano in ristrutturazione. “L’incendio è stato domato in quattro edifici, ma tre continuano a bruciare e non stati raggiunti i piani più in alto”, spiega ad AsiaNews p. Franco Mella, 77 anni, missionario del Pime che da tempo vive nella città.
La tragedia racconta una parte della crisi abitativa di Hong Kong, dove la disponibilità di case è bassissima e i prezzi degli affitti molto alti. Molti giovani, per esempio, vivono nelle cosiddette “case bare”, loculi di circa 8 metri quadri ricavati dal frazionamento di appartamenti più grandi. “Condivido il disagio di queste persone perché anche io nel 1999 mi sono trasferito in uno di questi appartamenti in un grande complesso non molto distante dal luogo dell’incendio” continua il missionario originario di Milano. “In una stanza adatta a una persona ci si vive anche in 3 o 4. Due anni fa nel mio complesso si sono rotti gli ascensori e gli operatori sociali hanno dovuto farsi 30 piani di scale a piedi per portare da mangiare agli anziani degli ultimi piani. Se scoppia un incendio, è chiaro che si può salire anche all’ultimo piano, ma è difficile salvarsi”.
Anziani e disabili, in particolare, non hanno possibilità di fuga in queste condizioni. E quasi il 40% dei residenti di Wang Fuk Court ha 65 anni o più. Con loro spesso vivono anche lavoratrici domestiche straniere che per legge devono risiedere con il datore di lavoro. Otto donne straniere risultano ancora disperse, mentre due indonesiane che si prendevano cura di famiglie anziane sono morte e altre due sono rimaste ferite.
“C’è molta rabbia tra le gente per la gestione delle case da parte del governo, che non segue i reali bisogni della gente”, commenta ancora p. Mella. “La maggior parte delle famiglie del complesso ha comprato casa qui una quarantina di anni fa, ma l’edificio appartiene sempre all’autorità abitativa”. È probabile che molti residenti siano cristiani perché vicino al complesso sorge la parrocchia di Tai Po, a lungo affidata al Pime. Tuttavia le squadre di soccorso non hanno ancora raggiunto i piani più alti, dopo che l’incendio ha continuato a devastare i grattacieli per oltre 24 ore.
In un primo momento sono stati incolpati i ponteggi in bambù che ricoprivano il complesso come parte dei lavori di manutenzione iniziati lo scorso anno. Il capo dell’esecutivo di Hong Kong, John Lee, ha dichiarato che il governo sta considerando una revisione dell’uso delle impalcature fatte di questo materiale, proponendo la loro possibile sostituzione con strutture metalliche.
L’attenzione del governo si è però poi spostata sulla negligenza e sulla corruzione legate all’impresa edile responsabile dei lavori, la Hong Yip Construction Engineering, che ha alle spalle una lunga storia di cattiva gestione. Il capo dei vigili del fuoco, Yeung Yan-kin, ha confermato che l’uso di pannelli di polistirolo per sigillare le finestre, una pratica definita “non comune”, è stato un fattore chiave nella rapida propagazione delle fiamme, in quanto tali materiali sono altamente infiammabili. I residenti avevano già criticato la gestione dei lavori da parte di Hong Yip per problematiche come mozziconi di sigaretta abbandonati e l’uso di pannelli, che avevano alimentato i timori verso un possibile rogo.
Questa mattina, la polizia ha arrestato tre uomini, tra cui due direttori e un consulente tecnico della società con l’accusa di omicidio colposo mentre la Commissione indipendente contro la corruzione (ICAC) ha istituito una task force speciale per condurre un’indagine completa sulla “possibile corruzione legata ai principali lavori di ristrutturazione”.
Già nel 2007, l’ex azionista della Hong Yip Construction, Cho Tak-kwong, era stato condannato a 18 mesi di carcere per aver corrotto un funzionario dell’ente per l’edilizia popolare al fine di ottenere un appalto. La società ha anche un pessimo storico in materia di sicurezza, con almeno 17 violazioni e multe per circa 340milla dollari di Hong Kong (43.600 dollari americani) dal 2016 a oggi. Nonostante le gravi violazioni (che avevano portato a sanzioni anche nell’agosto 2023), la società è riuscita ad aggiudicarsi i lavori di manutenzione per Hong Fuk Court del valore di 330 milioni di dollari hongkonghesi all’inizio del 2024, quando era ancora in attesa del rinnovo della licenza.
La gravità della tragedia e il risentimento della popolazione “potrebbero fungere da scintilla” per nuovi movimenti di opposizione o nuove proteste, ipotizza p. Mella, che da tempo si batte per i diritti dei giovani che sono stati ingiustamente incarcerati.
La città di Hong Kong si stava preparando alle elezioni locali per il Consiglio legislativo previste il 7 dicembre. Le attività di propaganda condotte dal governo per promuovere la partecipazione degli elettori sono state sospese, ma il capo dell’esecutivo John Lee non ha ancora preso una decisione sulla possibilità di rinviare le elezioni stesse.
Da quando Pechino nel 2020 ha imposto la legge sulla sicurezza nazionale, Hong Kong è andata incontro a un progressivo deterioramento della democrazia e dei diritti umani. Il governo locale filo-cinese, dopo aver messo a tacere le voci pro-democrazia, ha approvato solo i candidati “patriottici” e ha tappezzato la città di volantini per promuovere il voto e alzare i dati sull’affluenza, che nel 2021, durante l'ultima tornata elettorale, era stata di appena il 30%. La città attende da mesi anche la sentenza che dovrebbe chiudere il processo giudiziario di Jimmy Lai, il magnate pro-democrazia da anni in carcere nonostante abbia 78 anni e il diabete.
Sia i vertici del governo di Hong Kong che quelli del Partito comunista cinese si sono mossi rapidamente per dimostrare di attribuire la massima importanza alla tragedia. Ma se l'incendio di Tai Po si trasferà in un cumulo di cenere o diventerà la miccia di nuove tensioni sociali, “lo capiremo nei prossimi giorni”, conclude p. Mella.
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