11/08/2025, 08.55
ARMENIA - AZERBAIGIAN
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La pace sospesa tra Armenia e Azerbaigian

di Vladimir Rozanskij

L’incontro di Washington ha sancito il ruolo di mediatore degli Usa al posto della Russia. Restano ancora molti i punti da definire, fra cui le cause internazionali reciproche fra Erevan e Baku, frontiere e prigionieri. Ma il nodo centrale è l’apertura del cosiddetto “Corridoio di Zangezur”, ribattezzato “Corridoio di Trump” e sotto il controllo americano. La sfida della Chiesa armena. 

Mosca (AsiaNews) - L’incontro a Washington dei leader di Armenia e Azerbaigian, Nikol Pašinyan e Ilham Aliev davanti a Donald Trump, ha prodotto una dichiarazione firmata dai due con alcuni punti che prospettano il “perfezionamento” del testo dell’accordo di pace, concordato da mesi e ancora da firmare, con una serie di condizioni giuridiche e territoriali, mettendo di fatto gli Usa al posto della Russia nel ruolo di mediazione tra i due Paesi caucasici.

Il termine usato per portare a termine questo impegno è l’ambigua “paraffinazione” del testo, nel senso del suo completamento e della sua “solennizzazione”, per concludere finalmente un conflitto iniziato nel 1992 per il controllo del Nagorno Karabakh. Gli argomenti da precisare sono ancora molti, a cominciare dallo scioglimento del processo di Minsk dell’Ocse con tutte le strutture ancora formalmente attive e presiedute da Usa, Francia e Russia, il rifiuto delle cause internazionali intentate da Erevan e Baku l’una contro l’altra, la definizione delle frontiere, lo scambio dei prigionieri e l’assistenza ai profughi.

Il vero contenuto dell’incontro americano, in realtà, è anche la questione più importante e decisiva dal punto di vista economico, prima ancora che politico, e riguarda l’apertura del cosiddetto “Corridoio di Zangezur” per unire l’Azerbaigian alla sua enclave del Nakhičevan, situata completamente in territorio armeno. Fino alla prima stesura congiunta dell’accordo di pace dell’inizio di quest’anno, dopo infinite trattative precedenti, Aliev non si faceva remore dall’assicurare che “useremo la forza se necessario” per riaprire questo canale di comunicazione, che era attivo nei tempi sovietici e si era bloccato per i conflitti successivi.

Nel testo firmato a Washington, ora questo spazio di 42 chilometri nella regione armena di Syunik viene definito il “Corridoio di Trump per la pace e lo sviluppo internazionale”, un’ottima premessa per ottenere il tanto agognato premio Nobel per la pace, uno degli obiettivi simbolici più ricercati dal presidente americano. Le infrastrutture necessarie per riattivare le comunicazioni verranno affidate a imprenditori privati americani, sotto la regia della Casa Bianca, di fatto tagliando fuori la Russia dal controllo del Caucaso meridionale.

Da Mosca per ora non ci sono commenti a questa prospettiva molto sfavorevole per i russi, che sono in forte tensione con gli azeri ormai da molti mesi. Con la protezione americana, Baku si mette al centro delle vie commerciali e soprattutto delle esportazioni energetiche, che prima poteva effettuare soltanto attraverso la Russia. Anche l’Armenia ambisce alla riapertura delle comunicazioni con oriente e occidente, visto che le sue frontiere con la Turchia erano bloccate per via della guerra con gli azeri, sostenuti dai turchi. Ora Erevan sta riallacciando i rapporti con Ankara, e il Corridoio potrà spalancare anche le porte dell’Asia, attraverso lo stesso Azerbaigian.

Pašinyan persegue questa linea di regolazione pacifica ormai da tempo, ma deve anche fare i conti con la forte opposizione filo-russa all’interno del Paese, in cui sono schierati tutti gli ex-presidenti e perfino i vertici della Chiesa apostolica, a partire dal katholikos Karekin II, che il premier vuole sostituire con una figura “più degna”, avendo anche messo in prigione alcuni vescovi e sacerdoti con l’accusa di “tentativo di colpo di Stato” sostenuto dai russi. Per questo uno dei punti dell’accordo che va assolutamente chiarito è la rivendicazione dell’integrità territoriale dell’Armenia, per la quale l’Azerbaigian chiede addirittura una modificazione della costituzione armena; Pašinyan ha più volte ribadito che il testo non va inteso in senso conflittuale con l’Azerbaigian, lasciando la questione in mano alla corte costituzionale di Erevan. La pace tra le due ex-colonie russe del Caucaso rimane di fatto ancora in sospeso, sullo sfondo delle strategie geopolitiche e degli altri grandi conflitti a cominciare dall’Ucraina, dove si scontrano gli interessi di Usa, Russia, Turchia, Cina ed Europa.

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