La svolta di Ulan Bator verso l'Asia Centrale
Si moltiplicano gli incontri e i progetti per nuove iniziative di cooperazione tra la leadership politica della Mongolia e i capi di Stato e di governo dell'Asia Centrale. In una rete di relazioni che non ha solo un significato politico e commerciale ma rappresenta anche una forma di riunificazione storica e commerciale.
Ulan Bator (AsiaNews) - Sono ormai due anni che la Mongolia approfondisce le sue relazioni politiche, diplomatiche e commerciali con i Paesi dell’Asia centrale, non soltanto come orientamento strategico, ma come forma di riunificazione storica e culturale. Il nome stesso di “Asia centrale”, del resto, riguarda tutto il territorio asiatico in cui nessun corso d’acqua raggiunge l’Oceano, per tutto l’altopiano tra l’Himalaya e i deserti e le steppe limitati dalle catene montuose più settentrionali, fino all’altopiano più occidentale del Pamir, e la Mongolia è lo snodo centrale di questo incrocio di popoli un tempo semi-nomadi, e sparsi per questi immensi territori.
I “mongoli” erano soltanto una delle tante tribù, e le vicende storiche hanno attribuito a questo titolo l’unione di tante diverse discendenze etniche, dai tatari turanici ai cinesi. Dopo la fine dell’Unione Sovietica, di cui la Mongolia era una delle tante “repubbliche aggiuntive” fuori dai confini, Ulan-Bator ha ripristinato la sua sovranità, con l’esigenza di impostare una politica estera ad ampio raggio in un quadro globale di continui cambiamenti. Nel 1994 venne approvata un’apposita Concezione di Sicurezza Nazionale, poi rivista nel 2010-2011 anche per la politica estera in generale, cercando di mantenere una posizione autonoma e ben bilanciata sulla scena internazionale.
Come commenta su Central Asia lo studioso e diplomatico mongolo Tomorčuluun Guudaja, queste nuove direttive si fondano su quattro principi fondamentali: “la de-sovietizzazione, la de-ideologizzazione, la democratizzazione e la de-centralizzazione”, riducendo il controllo rigido dal centro di tutte le relazioni esterne. Si è quindi sviluppato un grande dibattito interno sull’identità geopolitica della Mongolia, con due scuole di pensiero: una che considera il Paese una parte dell’Asia centrale, legata all’eredità delle steppe, e un’altra che lo ritiene piuttosto una parte dell’Asia centro-settentrionale, da orientare principalmente alle economie più dinamiche e moderne, come quelle della Corea del nord e del Giappone.
Dal 2011 si è cominciato ad adoperare il termine “terzo vicino” per indicare i Paesi al di là delle due ingombranti superpotenze della Russia e della Cina, confinanti con la Mongolia. Tra i “terzi” si annoverano gli Usa, il Giappone, l’Unione europea, l’India, la Corea del sud e la Turchia, insieme agli altri Paesi asiatici, all’Onu e alle sue agenzie, fino al gruppo del G7. La Mongolia rimane quindi un Paese-ponte tra le regioni, le ideologie e le culture di tutta l’Eurasia, e in questo contesto l’intensificarsi delle relazioni reciproche con l’Asia centrale assume un significato riassuntivo di tutte le esigenze mongole rispetto al mondo esterno.
A luglio del 2023 si recò a Ulan Bator il presidente del Kirghizistan, Sadyr Žaparov, e a seguire è giunto quello del Kazakistan, Kasym-Žomart Tokaev ad ottobre 2024, fino alla visita negli scorsi giorni dell’uzbeko Šavkat Mirziyoyev. Da parte mongola, il presidente Khürelsükh Ykhnaa ha partecipato al summit dell’Organizzazione per la cooperazione di Shangai ad Astana nel luglio 2024, per poi recarsi a ottobre in visita ad Ašgabat, la capitale del Turkmenistan. Molti commentatori parlano apertamente di “svolta verso l’Asia centrale”, facendo prevalere le motivazioni politico-culturali su quelle principalmente economiche.
Da questa nuova direttrice la Mongolia riceve del resto numerosi vantaggi, ampliando il raggio delle alleanze politiche, diversificando gli itinerari commerciali e i partner d’affari, e soprattutto ritrovando la comune identità dei popoli delle steppe asiatiche. Sarà decisivo lo sviluppo delle infrastrutture per rendere veramente efficaci le vie commerciali terrestri, come quella individuata nella visita di Mirziyoyev per collegare Uzbekistan e Mongolia attraverso Cina e Kirghizistan. Il primo carico di questo nuovo itinerario è arrivato in soli 8 giorni, dimostrando quanto il mondo si possa facilmente collegare con le antiche tratte dei mongoli, e dei popoli lontani dai mari.
03/10/2020 08:19
14/11/2023 09:08