25/02/2022, 11.14
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La tragedia del lavoro giovanile in India

di Alessandra De Poli

Istruiti ma disoccupati. Oppure operai trattati come carne da macello. È l'immagine che emerge da alcune recenti indagini sul mercato del lavoro indiano. Nel settore automobilistico sono migliaia i lavoratori che riportano lesioni gravi e non sono protetti da nessuna tutela. Ma si prevede che l'industria delle autovetture nel 2026 varrà 300 miliardi di dollari.

New Delhi (AsiaNews) - In India non c’è lavoro per i giovani che hanno studiato, perché il mercato offre lavori pericolosi, degradanti e mal pagati, mansioni per cui i laureati sono sovraqualificati. È l’istantanea che emerge analizzando alcune recenti indaginii sulla situazione dei lavoratori indiani ed è anche il contesto in cui vanno inquadrate  le proteste scoppiate in Bihar il mese scorso dopo che 12,5 milioni di persone avevano fatto domanda per 35mila posti di lavoro nelle ferrovie dello Stato.

L’economia indiana è in crescita, con previsioni che la danno all’8,5% per l'anno finanziario 2022-23, nonostante rimangano incertezze e rischi legati all'uscita dalla pandemia. Ma a beneficiare della creazione di posti di lavoro non sono gli universitari, che aspirano a un impiego negli uffici governativi, o nell’amministrazione di una grande azienda. 

Secondo un’indagine della Periodic Labour Force Survey, già nel 2017-18 il tasso di disoccupazione era oltre il 6%, il valore più alto degli ultimi 45 anni. Nella fascia di età tra 15 e 29 anni la percentuale era del 17,8%, dato poi rimasto sopra il 15% anche negli anni successivi. Disaggregando i dati emerge che il tasso di disoccupazione cresce con l’aumento del livello di istruzione. Una situazione drammatica e un problema che risale a prima della pandemia, ma ora così frustrante, dopo tutti i sacrifici fatti per studiare, raccontano alcuni studenti, che sta portando alcuni giovani a suicidarsi.

La richiesta di manodopera c’è, ma nelle industrie, dove gli operai vengono trattati - a volte letteralmente - come carne da macello. Sono migliaia i lavoratori del settore automobilistico, per esempio, che hanno perso le dita, una mano o hanno riportato gravi lesioni al collo e alla testa dopo aver maneggiato macchinari sprovvisti delle tutele di sicurezza. A denunciarlo è il rapporto Crushed 2021, terzo documento sull’argomento realizzato dalla Safe in India Foundation (Sii), che dal 2017 raccoglie dati a livello nazionale sulle condizioni di migranti e operai che lavorano in questo settore. 

Dei 3.268 lavoratori assistiti da Sii, 2.584 (l’80%) lavora(va) nelle fabbriche dei fornitori dei più grandi marchi del settore, come Suzuki, Motorcop e Honda. Il 70% ha perso una mano o delle dita, un dato rimasto costante negli ultimi 5 anni, mentre poco più del 20% ha riportato vari tipi di fratture alle ossa. Il 71% ha dichiarato di guadagnare meno di 10mila rupie al mese (meno di 120 euro) per turni di 12 ore. Gli straordinari non vengono pagati. Nella stragrande maggioranza dei casi (il 92%) gli infortunati sono lavoratori migranti provenienti soprattutto da Bihar, Uttar Pradesh e Orissa. Sono molto poco istruiti e nel 62% dei casi si tratta di giovani sotto i 30 anni. 

Oltre il 50% degli incidenti avviene con le presse elettriche perché sprovviste dei sensori di sicurezza o perché gli operai non vengono formati sul funzionamento. I controlli sulla sicurezza sono da anni in calo e i dati del governo divergono anche di molto da quelli raccolti da Sii. Il Directorate General Factory Advice Service & Labour Institute, braccio tecnico del ministero del Lavoro indiano, per esempio, ha registrato circa 50 infortuni non mortali nello Stato settentrionale di Haryana (circa il 2% del totale a livello nazionale) contro i circa 500 riportati solo al Sii ogni anno dal 2016.

Dalla ricerca di Sii emerge inoltre che più basso è il salario e l’istruzione di un lavoratore, peggiore è l’infortunio (maggiori sono le dita perse, letteralmente); ciò spinge i lavoratori ancor più ai margini della società a causa dei traumi fisici e psicologici riportati, che impediscono la ricerca di un nuovo impiego. Il pagamento dei contributi assicurativi si rivela spesso essere una truffa: il 70% dei lavoratori infortunati ha raccontato di aver ricevuto la tessera assicurativa della Employees' State Insurance Corporation - che consente di accedere a prestazioni sanitarie in caso di malattia, incidenti e morte - solo dopo l’incidente, non al momento dell’assunzione, e quindi non ha avuto diritto a nessun indennizzo, nonostante avesse già pagato i contributi.

Il settore automobilistico contribuisce per circa il 7,1% al prodotto interno lordo dell’India, e l'ultimo Automotive Mission Plan per il decennio 2016-26 prevede un aumento di questa cifra al 12%. Vuol dire che l’industria automobilistica, che ora vale 118 miliardi di dollari, ne varrà 300 entro il 2026, diventando il terzo mercato automobilistico mondiale in termini di volume. Nell’anno fiscale 2021 l’India ha prodotto 22,7 milioni di veicoli, soprattutto a due ruote, di cui 4,1 milioni per l’esportazione. Al momento impiega in maniera diretta 8 milioni di lavoratori per un totale di 37 milioni se considerati anche quelli impiegati in modo indiretto. Una cifra che si prevede arriverà a 100 milioni entro il 2026. I principali centri di produzione automobilistica si trovano in Haryana, Maharashtra, Tamil Nadu e Karnataka. “Probabilmente non è una semplice coincidenza che questi quattro siano anche tra gli Stati più ricchi dell'India”, conclude il Sii nel proprio report.

 

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