21/06/2025, 09.12
MONDO RUSSO
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Le monache russe di Lesna, libere da Mosca

di Stefano Caprio

La storia e il profilo del "nuovo monastero" nato in Polonia nel 1885 e insediatosi in Normandia nel 1950 dopo un lungo peregrinare, lo rendono oggi ancora più popolare tra i tanti russi all’estero, che intendono conservare la propria tradizione senza partecipare alle iniziative bellico-patriottiche di Kirill e degli altri gerarchi russi attuali. 

In Normandia resiste un glorioso monastero femminile russo, quello di Lesna, uno dei punti di riferimento storici più importanti dell’emigrazione russa fin dalla fine dell’Ottocento. Quando il patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev) visitò la Francia nel 2016, alla domanda sul destino di questa istituzione rispose che “è soltanto questione di tempo”, con questo lasciando intendere che prima o poi sarebbe stata inghiottita nelle strutture patriarcali, come già avvenuto per altri conventi e parrocchie russe in Europa che appartenevano alla Chiesa indipendente all’estero o all’esarcato russo di Parigi, che è dovuto rientrare nella giurisdizione di Mosca dopo essere stato abbandonato da Costantinopoli, in seguito alle polemiche relative all’autocefalia della Chiesa ortodossa in Ucraina.

Invece il monastero situato nel villaggio di Chauvincourt-Provemont, nella provincia di Eure in Normandia, dove vivono 20 monache e altrettante sorelle di assistenza, è riuscito finora a conservare la sua indipendenza e “l’eredità dell’autentica tradizione russa”, risalendo alla sua fondazione originaria. Ebbe origine nel 1885 nel villaggio polacco di Lesna-Podljaska, di cui ha conservato il titolo, in una regione cattolica che in quel momento era parte dell’impero russo, con funzioni sperimentali e “missionarie” in territorio di altra confessione. Il suo compito era quello di mostrare la grandezza dell’Ortodossia con la preghiera e la regola spirituale, ma anche con la predicazione e l’attività sociale, e la speciale intercessione di un’icona della Madre di Dio che si riteneva miracolosa fin dal XVII secolo.

Nella prima evacuazione dalla Polonia, nel 1915, le monache erano circa 500, e nella prima metà del Novecento hanno girato diversi Paesi: Russia, Bessarabia, Serbia, finché nel 1950 hanno trovato una sede stabile in Francia. Nel 1967 ottennero alcune decine di ettari di terra nel villaggio di Provemont, tra Parigi e Rouen, nella pianura intorno a un piccolo fiume che si snoda attraverso le colline della Normandia. La vicinanza alla capitale e le direttrici di trasporto hanno reso molto accessibile la comunità per i tanti pellegrini provenienti da diversi Paesi, sempre accolti con gioia senza indagare sulla loro appartenenza ecclesiastica, e nelle grandi feste i posti non sono mai bastati per tutti i fedeli.

Il monastero è situato appena fuori dal centro abitato, annunciato da un grande arco in stile moderno con una croce a otto punte e una copia dell’icona Lesninskaja. La chiesa del monastero è di antico stile francese con un gallo sulla guglia; una volta era cattolica come ricordano le vetrate con i santi francesi, mentre la parte orientale è coperta dalla grande iconostasi russa con le splendide icone di Pimen Sofronov, uno dei più importanti iconografi russi vecchio-credenti del XX secolo. Ogni giorno si celebrano senza fretta le liturgie del mattino e della sera, accompagnate dal coro delle monache, con melodie tradizionali del repertorio lesninskij.

L’igumena (badessa) Evfrosinija (Molčanova), settima dal momento della fondazione, ha condiviso con i giornalisti di Novaja Gazeta le sensazioni di questa storia così particolare, dell’unico monastero russo in Occidente che rimane aperto fin dai tempi prima della rivoluzione bolscevica. Secondo le sue parole, “il monastero aveva caratteristiche uniche fin da prima della sua fondazione, per la sua apertura al mondo non ortodosso, già alla periferia dell’impero, per cui venne invitata a presiederlo una monaca di eccezionali caratteristiche, la madre Ekaterina (Efimovskaja)”. Il monastero si occupò fin da subito di attività sociali ed educative, guidate dalla personalità carismatica della prima igumena, che era andata a chiedere la benedizione a padre Amvrosij, il più famoso degli startsy di Optina Pustyn, la fonte del rinnovamento monastico russo in tutto il XIX secolo. Egli le disse che “un nuovo monastero va organizzato in modo nuovo”, appoggiando sulle sue spalle il suo mantello e affidando alle suore una nuova regola di preghiera. Anche un altro importante santo russo di inizio Novecento, Ioann Kronštadtskij, sostenne il monastero e le sue finalità missionarie.

Presso il monastero si aprirono scuole, ostelli per orfani e iniziò un movimento di “suore della misericordia”, con un importante sostegno al ruolo della donna nella Chiesa e nella società. Madre Ekaterina riuscì davvero a ispirare un “nuovo tipo di monastero”, scrivendo anche importanti riflessioni sul “ministero della diaconessa”, della donna che potesse ricevere una speciale consacrazione nell’ordine diaconale. A Lesna venne aperto un corso apposito per le donne che aspiravano a questo tipo di servizio ecclesiastico.

La prima guerra mondiale influì molto sul destino del monastero, essendo proprio nella zona degli scontri più cruenti, e il vescovo russo Anastasij (Gribanovskij), futuro primate della Chiesa ortodossa russa zarista all’estero, affidò alle monache il destino dell’icona della madre di Dio Lesninskaja, affinché non cadesse nelle mani degli occupanti. L’icona fu trasferita dalla Polonia in varie località, e tutte vennero rinominate come “Lesna”, girando diversi Paesi insieme alle monache. Quando in Bessarabia, ormai diventata parte della Romania, le autorità decisero di adottare il calendario gregoriano, le suore insieme all’icona si trasferirono in Serbia, e quando anche lì arrivarono i comunisti giunsero infine in Francia, dove il monastero ha compiuto quest’anno i 75 anni di permanenza.

Il monastero conserva un carattere tradizionale russo molto esplicito, anche se rimane sotto la giurisdizione della Chiesa serba “ortodossa autentica”, un ramo separatista rispetto al patriarcato di Belgrado, che salva il Lesna dalle pretese di Mosca. La comunità è passata attraverso le tante scissioni della stessa Chiesa russa, frazioni “catacombali” dei tempi sovietici, per poi rifugiarsi nella variante serba da cui comunque il monastero era passato anche geograficamente. L’igumena Evfrosinija, del resto, è nata in una famiglia di emigranti russi a Brooklin in America, e la sua vocazione si è sviluppata presso il monastero russo di Novo Diveevo, nei pressi di New York, poi in quello di Boston, di tradizione bizantina non russa, finché il metropolita della Chiesa russa all’estero, Filaret (Voznesenskij) non l’ha indirizzata a Lesna in Francia. Dopo alcuni mesi in Grecia, girando tra i vari monasteri, si è inserita in Normandia in un momento delicato, con un infortunio che aveva costretto in ospedale l’igumena Magdalina (Grabbe), e il padre spirituale che si era trasferito in Australia dopo un litigio con il vescovo Filaret.

Queste vicende riflettono il destino di molte comunità monastiche e parrocchiali della diaspora russa ortodossa nel secolo scorso, che ora si complicano ulteriormente in riferimento alle posizioni di teologia bellica del patriarcato di Mosca, dopo un faticoso processo di ricongiungimento negli ultimi decenni. Proprio l’indipendenza dalla Chiesa russa di Stato ha reso il monastero ancora più popolare tra i tanti russi all’estero, che intendono conservare la propria tradizione senza partecipare alle iniziative bellico-patriottiche di Kirill e degli altri gerarchi russi attuali. Come spiega madre Evfrosinija, “non si tratta di persone che contestano il patriarcato in sé, ma che desiderano professare la fede ortodossa senza sfumature politiche”. Al monastero sono collegate tre parrocchie in Germania, una in Spagna, e periodicamente si svolgono incontri e celebrazioni in Italia e in Olanda, anche con la presenza di sacerdoti provenienti dall’Ucraina. In Francia proprio il carattere molto secolarizzato della società attira tante persone a Lesna, anche senza legami con la tradizione russa o ortodossa in generale.

Dall’invasione russa in Ucraina nel 2022, il monastero di Lesna mantiene una chiara posizione pacificatrice, aprendo le porte anche alle vittime delle azioni belliche, pur evitando di intervenire direttamente con giudizi e valutazioni sulle vicende in corso. Si accolgono persone “accettando la loro libertà di pensiero e di espressione”, afferma l’igumena, ricordando che “accogliere i profughi è semplicemente un atteggiamento cristiano, in ogni circostanza”, concedendo a tutti un letto nelle stanze dei pellegrini, soprattutto a tante persone in fuga dall’Ucraina e dai bombardamenti che non accennano ad attenuarsi, ma anche qualcuno dalla Russia, cercando con delicatezza le vie del dialogo. Dal patriarcato di Mosca continuano a giungere inviti a riunirsi, promettendo di “risolvere ogni problema”, anche offrendo generosi aiuti da vari sponsor. La madre però risponde che “ci siamo sempre sentite libere, e rimarremo libere, anche senza sponsor da ringraziare”, rimanendo una voce della vera Russia cristiana, anche sulle coste della Normandia.

 

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