22/10/2025, 09.02
ASIA CENTRALE
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Le terre rare cinesi e quelle del Kazakistan

di Vladimir Rozanskij

La nuove restrizioni introdotte da Pechino per il controllo delle esportazioni dei preziosi minerali essenziali oggi per le armi sofisticate e le applicazioni dell'intelligenza artificiale rilanciano la questione dei giacimenti in Asia Centrale. Astana sostiene di aver aperto una nuova linea di produzione mineraria per oltre 20 milioni di tonnellate. Ma le carenze nei trasporti e nelle infrastrutture rendono ugualmente incerti e rischiosi gli investimenti internazionali.

Astana (AsiaNews) - La Cina ha introdotto nuove regole per il controllo delle esportazioni di metalli dalle terre rare, cosa che ha provocato forti tensioni con gli Stati Uniti e incide molto sugli equilibri globali del commercio. Questi materiali hanno infatti un’importanza decisiva per la produzione di alta tecnologia, compresi i sistemi militari, e le limitazioni di Pechino potrebbero avere conseguenze importanti anche sulle sorti della guerra in Ucraina. I governi occidentali stanno studiando le possibili alternative, e molti guardano alle potenziali risorse dei Paesi dell’Europa centrale, dove rimangono peraltro irrisolte molte questioni infrastrutturali, con grandi rischi per gli investitori.

I metalli rari sono gruppi di 17 elementi che si usano dagli accumulatori necessari per la mobilità elettrica agli smartphone, e sono di vitale importanza per le tecnologie di armi e strumenti della difesa. La mossa di Pechino vuole imporre la Cina come principale potenza commerciale mondiale, come osservano tutti gli analisti, notando come la scelta sia stata proclamata solo qualche settimana prima del possibile incontro di fine mese tra Donald Trump e Xi Jinping in Corea del Sud, usando una strategia minacciosa speculare a quella del presidente americano. Attualmente la Cina realizza il 70% delle estrazioni di metalli dalle terre rare a livello mondiale, con il 90% della loro lavorazione e il 93% della produzione di magneti.

Secondo le nuove regole, le imprese straniere interessate dovranno ottenere da Pechino dei permessi speciali per acquistare materiali e semilavorati con almeno lo 0,1% di minerali rari. Alle aziende legate alle forze armate, soprattutto degli Usa, il permesso non verrà accordato. Secondo Gracelin Baskaran, direttrice del Programma di sicurezza dei minerali di importanza critica al Centro di ricerche strategiche internazionali di Washington (Csis), “si tratta delle misure più sostanziali della Cina contro il settore militare”, una politica diretta all’esclusione dell’utilizzo diretto o indiretto di tali elementi nelle tecnologie occidentali della difesa.

Gli Stati Uniti hanno accettato di vendere armi di nuova concezione agli alleati della Nato in Europa, per essere poi consegnate all’Ucraina nella difesa dall’invasione russa, insieme ad armamenti di produzione europea. Tutti questi articoli dipendono moltissimo dalle terre rare, come pure i semi-conduttori fondamentali per tutte le applicazioni dell’intelligenza artificiale. Le riserve di metalli ora esistenti presso i produttori potrebbero non essere sufficienti per una domanda sempre crescente.

Per affrancarsi dalla dipendenza cinese, gli Usa e i Paesi Ue già da tempo hanno intavolato trattative con altri Paesi asiatici come il Pakistan, che a settembre ha firmato un memorandum di sostegno reciproco per 500 milioni di dollari con la compagnia mineraria Us Strategic Metals, e la prima partita di metalli rari dovrebbe essere consegnata entro fine ottobre. Altri accordi sono stati conclusi con dei memorandum bilaterali tra gli Usa e i cinque Paesi dell’Asia centrale, e anche nel formato “5+1”, per il partenariato di “investimenti e infrastrutture globali”, come anche nel summit di aprile a Samarcanda con i leader della Ue.

Il Kazakistan ha dichiarato di aver aperto una nuova linea di produzione mineraria per oltre 20 milioni di tonnellate di materiali rari, finora non confermata dalle imprese internazionali, in attesa della dimostrazione dell’efficacia di tale iniziativa. Se riuscisse davvero, il Kazakistan salirebbe al terzo posto mondiale nel settore, dietro solo alla Cina e al Brasile; ma rimarrebbero le problematiche della difficoltà dei trasporti e della carenza di infrastrutture adeguate, che rendono piuttosto incerti e rischiosi gli investimenti internazionali. Per ora gli Usa si orientano nel breve periodo su Paesi più sviluppati da questo punto di vista come il Canada o il Cile, ma a lungo termine si renderà necessario affrontare le difficoltà dell’Asia centrale, per riuscire a cogliere i grandi vantaggi che possono offrire.

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