16/02/2021, 13.21
MYANMAR
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Naypyidaw: Le proteste minano la stabilità e creano paura

di Francis Khoo Thwe

Per i militari, i dimostranti democratici sono il vero pericolo. L’Onu mette in guardia la giunta sulle “severe conseguenze” delle azioni contro il popolo ed esige che venga garantito il diritto di assemblea senza rappresaglie. Polemiche contro il card. Bo di Yangon e la sua festa con torta rosa. Ripristinato internet per alcune ore.

Yangon (AsiaNews) – Le proteste che si susseguono in molte città del Paese minano la stabilità del Myanmar e fanno crescere la paura nella popolazione. È quanto afferma l’esercito del Myanmar attraverso il suo gruppo informativo dal nome pretenzioso: “Informazione Verità”. “La gente – esso dice - è felice di avere pattuglie che garantiscono la tranquillità e le forze di sicurezza organizzeranno pattuglie giorno e notte”. Da ieri, infatti, nelle maggiori città del Paese sono comparsi carri armati e blindati che vigilano gli incroci principali.

Secondo le forze armate, a “minare la stabilità” sono tutte le manifestazioni che hanno raccolto finora centinaia di migliaia di persone di ogni ceto e settore sociale che domandano la liberazione della leader Aung San Suu Kyi e la fine della dittatura.

Dal 12 febbraio, la giunta ha decretato che ogni raduno con più di cinque persone è da considerarsi illegale e chi vi partecipa è punibile con 20 anni di prigione. Nonostante le minacce, la gente non smette di manifestare e domanda agli impiegati statali e non di attuare la disobbedienza civile. Dopo le manifestazioni di ieri a Naypyidaw, Yangon, Mandalay, Sittwe e Myitkyina, anche oggi a Yangon gruppi di dimostranti si sono radunati davanti alla banca centrale, invitando gli impiegati a unirsi allo sciopero.

Il tentativo di spacciare le manifestazioni come il vero pericolo per il Paese, è anche una risposta indiretta agli avvertimenti dell’Onu, che attraverso la sua inviata speciale Christine Schraner Burgener ha messo in guardia l’esercito sulle “severe conseguenze” derivanti da aspre risposte contro le dimostrazioni popolari.

Il portavoce Onu Farhan Haq ha detto ieri che la Schraner Burgener ha sottolineato che “va rispettato in pieno il diritto alle pacifiche assemblee e che i manifestanti non devono essere soggetti a rappresaglie”.

Oltre a esigere dall’esercito il rispetto dei diritti umani e della democrazia, la Schraner Burgener ha anche criticato i blackout di internet, che frenano le comunicazioni. Stanotte appare ripristinato il web, che da due giorni era interrotto. In precedenza aveva funzionato a singhiozzo.

Fra i punti dove si tengono manifestazioni, vi sono le ambasciate della Russia e della Cina, i due Paesi che al Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno frenato per una condanna unanime del colpo di Stato.

Sui social si irride a Pechino che da una parte si schermisce dicendo di non voler entrare “negli affari interni” del Myanmar, e dall’altra si impadronisce delle sue risorse e vende armi alla giunta (foto 2).

Sui social è scoppiata anche una polemica contro il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon. Il14 febbraio egli ha celebrato il suo 6° anno di cardinalato, assieme al compleanno del vescovo ausiliare Noel Saw Naw Aye. Il sito Facebook dell’arcidiocesi riporta una serie di foto della cerimonia, come pure della festa e della torta rosa servita ai commensali (foto 3).

Un fedele dice che “è una vergogna” fare festa mentre la popolazione si trova schiacciata dalle forze armate, vittima di violenze e prigionia.

L’atteggiamento “troppo neutrale” del card. Bo è stato criticato anche da sacerdoti, religiosi e religiose. Subito dopo il colpo di Stato, il porporato aveva pubblicato una lettera aperta in cui esortava al dialogo la giunta e la Lega nazionale della democrazia, senza esprimere nessuna condanna per le violenze contro la democrazia.

Sacerdoti, suore, seminaristi e qualche vescovo hanno invece mostrato vicinanza alle manifestazioni popolari con incontri di preghiera, marce cittadine, distribuzione di cibo e bevande ai dimostranti contro la dittatura.

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