22/08/2017, 13.26
RUSSIA-VATICANO
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Nel futuro di Russia e Vaticano, si spera in un viaggio di papa Francesco a Mosca

di Vladimir Rozanskij

Stamane si è tenuto l’incontro molto cordiale fra Serghei Lavrov e il card. Parolin. Grande convergenza su molti temi internazionali: terrorismo, Siria, cristiani perseguitati. Qualche “differenza” sulla questione ucraina. Dall’incontro all’Avana, si attende un nuovo incontro fra Francesco e il patriarca di Mosca Kirill.

Mosca (AsiaNews) - Si è tenuto stamane l’incontro tra il ministro russo degli Esteri Sergej Lavrov e il Segretario di Stato vaticano card. Pietro Parolin. Nella conferenza stampa successiva ai colloqui, essi hanno sottolineato la profonda consonanza delle due parti sui grandi temi della politica internazionale, aprendo molte prospettive per futuri sviluppi. Dopo aver brevemente ricordato la storia delle relazioni russo-vaticane dal XV secolo a oggi, Lavrov ha elencato le varie iniziative che hanno di recente intensificato i rapporti tra la Federazione Russia e il Vaticano, come la mostra portata a Roma sull’Eredità culturale russa dalle icone all’arte dell’avanguardia, le comuni iniziative in campo sanitario ed educativo, i programmi per i bambini sofferenti per malattie rare. Ha annunciato anche un accordo per l’abolizione dei visti d’ingresso per i rappresentanti con passaporto diplomatico della Santa Sede.

Il ministro russo ha passato in rassegna i numerosi temi di politica internazionale discussi con il suo ospite vaticano: il Vicino Oriente, con la situazione di Siria, Iraq, Yemen e Libia, e il conflitto interno al Venezuela. Lavrov ha ringraziato il Vaticano per l’appoggio alle posizioni russe di lotta al terrorismo e all’estremismo, in particolare nella drammatica situazione siriana. Anche sui rapporti tra palestinesi e israeliani si è registrata piena convergenza; un grazie particolare è stato rivolto alla Santa Sede per l’appoggio agli accordi di Minsk sulla cessazione del conflitto in Ucraina. Secondo Lavrov, tale appoggio “è stato non solo morale, ma molto concreto nell’aiuto umanitario alla popolazione di Donetsk e di Lugansk, martoriata dagli scontri”. Sia la Russia che il Vaticano sono per “il superamento di un approccio conflittuale in Ucraina, e contrari all’uso della religione per scopi politici”, ha aggiunto il cancelliere russo.

Da parte sua, il Segretario di Stato vaticano ha ringraziato i russi per l’accoglienza, ricordando di essere venuto “a esprimere le preoccupazioni di papa Francesco per i problemi attuali della scena internazionale”. Anch’egli ha testimoniato la sua soddisfazione per gli accordi in campo culturale, scientifico e sanitario, auspicando ulteriori sviluppi futuri in questi ambiti. Le concessioni ai diplomatici vaticani, secondo il card. Parolin, dovrebbero portare a facilitazioni ulteriori per le attività della Chiesa Cattolica in Russia, alleggerendo le condizioni di lavoro del suo personale e trovando insieme la soluzione a diversi altri problemi.

Sulle questioni di politica internazionale, il cardinale ha espresso il suo “apprezzamento per le giuste soluzioni dei problemi in Vicino Oriente, in Ucraina e in altri Paesi”. La Santa Sede - ha sottolineato -  ha come scopo prioritario quello di allievare le condizioni di vita della popolazione sofferente, e invita a unirsi per cercare soluzioni concrete, senza farsi condizionare dalla manipolazione delle informazioni. Riferendosi alla spinosa questione dell’annessione della Crimea, l’alto prelato ha esortato i russi a rigettare decisioni contrarie al diritto internazionale, per cercare soluzioni in accordo con gli Stati vicini e con la comunità internazionale. Su questo il porporato ha voluto rimarcare il suo “disaccordo” con le posizioni russe, mentre ha ricordato la piena consonanza circa la difesa dei diritti dei cristiani perseguitati in tanti Paesi del mondo.

A una domanda dei giornalisti su un possibile viaggio del papa in Russia, il cardinale ha ricordato l’importanza dell’incontro dell’Avana, ma anche il recente pellegrinaggio delle spoglie di s. Nicola in Russia, assicurando che ci saranno ulteriori sviluppi in questo senso. Secondo le sue parole, “la realizzazione concreta di questi piani è affidata allo Spirito Santo. C’è una dinamica positiva, e il futuro ci mostrerà dove questo ci porta”.

 

Nelle interviste di questi giorni, diverse volte è stata rivolta al card. Pietro Parolin la domanda su un possibile viaggio del papa in Russia. L’occasione è naturalmente offerta dalla visita ufficiale del Segretario di Stato vaticano a Mosca, la prima dopo quasi 20 anni. Il suo predecessore, il cardinale Angelo Sodano, fece nel 1999 ogni tentativo per aprire a Giovanni Paolo II le porte del Cremlino, ma senza risultato. Le risposte i queste ore sembrano ancora negative; ma, come succede nel mondo dell’informazione, proprio la successione delle smentite aumenta la convinzione che la notizia possa esserci veramente. Anche la risposta del cardinale Parolin, dopo l’incontro col ministro degli esteri russo Lavrov, è volutamente evasiva e possibilista, senza lasciar trasparire alcuna possibilità imminente.

Del resto, nonostante gli scetticismi, i segnali di un possibile viaggio di papa Francesco nei territori del Patriarcato di Mosca emergono dalla nebbia delle titubanze diplomatiche, a partire dallo storico incontro dell’Avana con il patriarca russo Kirill, nel febbraio 2016. In quell’occasione il papa fu accolto dal patriarca in territorio neutro, ma molto familiare per i russi, nell’aeroporto in stile sovietico dell’Avana e con la compagnia di uno storico gerarca comunista come Raul Castro. Il giorno dopo, Kirill andò a visitare lo stesso Fidel, ormai in fin di vita, per celebrare con lui lo storico successo dell’incontro.

Da l’Avana al prossimo incontro

Dopo l’abbraccio cubano, la Santa Sede ha operato in Russia un avvicendamento molto significativo: al posto del nunzio sloveno monsignor Ivan Jurkovic, premiato con la sede dell’Onu a Ginevra, è stato inviato a Mosca l’arcivescovo Celestino Migliore, un diplomatico vaticano dalla carriera molto autorevole, parallela a quella dello stesso card. Parolin. Divenne noto nel 2002, quando fu inviato alla sede centrale dell’Onu a New York, rappresentando il Vaticano ai massimi livelli. Nel 2003 si recò a Mosca per discutere questioni di politica internazionale con i russi, tra cui la situazione del Vietnam, in una missione preparata in tandem proprio con Parolin, allora Sostituto della Segreteria di Stato. La sua esperienza è stata poi messa a disposizione della nuova Ostpolitik vaticana, iniziata sotto Benedetto XVI ed energicamente potenziata da papa Francesco: Migliore è stato nunzio in Polonia, nella fase del pensionamento del cardinale di Cracovia Stanislaw Dziwisz (già segretario del santo papa Giovanni Paolo II), e da maggio 2016 è a Mosca, a lavorare per il seguito dei colloqui dell’Avana.

Già prima di Migliore, nel novembre 2015, in Ucraina era stato mandato come nunzio mons. Claudio Gugerotti, uno dei funzionari vaticani più competenti nelle questioni dell’Europa Orientale, venendo da studi specifici e dal servizio nella Congregazione per le Chiese Orientali. Molto vicino a Enzo Bianchi, e alle posizioni ultra-ecumeniche della comunità di Bose da lui regolarmente frequentata, Gugerotti ha preso il posto di monsignor Thomas Gullikson, un arcivescovo americano, nunzio a Kiev dal 2011, che durante la crisi tra Ucraina e Mosca si era sbilanciato un po' troppo a favore del movimento del Majdan, creando non pochi malumori in Russia. Dall’arrivo di Gugerotti, il Patriarcato di Mosca non ha perso occasione di ringraziare la Santa Sede per la sua neutralità nelle questioni ucraine, come ha fatto ancora il metropolita Hilarion nell’incontro di ieri con il card. Parolin.

Lo stesso porporato ha compiuto una visita ufficiale in Ucraina nel giugno 2016, in cui non ha ovviamente mancato di rendere omaggio a piazza Majdan e al suo vincitore, il presidente Poroshenko, ma la tappa più interessante del viaggio è stata la visita a Zaporizhia, una cittadina nella parte orientale del paese, in quel Donbass controllato in parte dalle milizie “volontarie” russe. Portando aiuti umanitari e conforto alla popolazione locale, duramente messa alla prova dal conflitto, il cardinale ha assicurato che il papa stesso nutre un grande desiderio di visitare quelle zone. Un incontro di Francesco e Kirill nell’Ucraina divisa dallo scontro epocale tra Oriente e Occidente sarebbe davvero un gesto di incomparabile valore storico e simbolico.

Il “tifo” per Francesco in Russia

Nel gennaio di quest’anno, anche l’arcivescovo italiano di Mosca, mons. Paolo Pezzi, ha rilasciato dichiarazioni molto ottimistiche sul possibile viaggio del papa in terra russa: “Mi sembra che dopo Cuba, e cioè dopo il contraccolpo che non è stato facile per la Chiesa ortodossa in Russia, oggi si possa dire che una visita del Papa in Russia non sia più un problema. I tempi? Non so dire quanto occorrerà aspettare. Però penso che si possa percepire che non è vista come problematica”, ha affermato il vescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca, intervenendo a margine del V Forum cattolico-ortodosso di Parigi.

Secondo mons. Pezzi, i contraccolpi negativi tra gli ortodossi russi dopo l’incontro di Cuba “non erano tanti, ma erano molti rumorosi. È passato. E questo ha permesso soprattutto al Patriarca, ma anche ad altri, di poter ridare le ragioni di quell’incontro. E sono stati convincenti. Si può anche continuare a discutere se l’incontro sia stato politico, culturale, di fede ma certamente questa onda di impatto molto forte è passata e soprattutto ha lasciato una maggiore tranquillità sul fatto che Francesco possa venire a visitare la Russia. Noi stiamo facendo il tifo”. Il Papa a questo riguardo – ha tenuto a precisare mons. Pezzi – “è sempre stato discreto. Non gli ho mai sentito dire ‘Vorrei, mi piacerebbe venire’. Vorrebbe sicuramente incontrare il Patriarca Kirill. E che questo avvenga a Mosca, a Roma, va bene dappertutto. Ma è molto discreto, per non forzare”.

Nei giorni della visita del card. Parolin, i commenti negativi sui social russi si moltiplicano, soprattutto da parte degli esponenti più radicali dell’ortodossia “nazionalista”: il cardinale è visto come il solito invasore cattolico che viene a conquistare la Russia, con le armi sottili della diplomazia gesuitica. Anche i cattolici locali, per bocca del segretario dei vescovi russi mons. Igor Kovalevskij, ritengono che una visita di Francesco a Mosca sarebbe prematura, per timore delle reazioni del clero ortodosso, della politica e della società, che oggi vive un complesso di accerchiamento da parte dell’Occidente, soprattutto a causa della “guerra delle sanzioni”.

Il Patriarca Kirill ha però mostrato di saper gestire in modo brillante queste situazioni, senza farsi condizionare dai suoi stessi collaboratori più intransigenti, come il vescovo Tikhon (Ševkunov), il “confessore di Putin” che più di tutti aveva gridato al tradimento dopo l’incontro dell’Avana. Come ha detto il cardinale Parolin, le sorprese in serbo sono affidate all’opera dello Spirito Santo.

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