27/01/2022, 14.01
IRAN - ISRAELE
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Nel giorno della memoria la storia a fumetti di Anna Frank in lingua persiana

A realizzarla il giornalista e attivista iraniano-canadese Maziar Bahari. Egli era stato incarcerato per aver raccontato le proteste del 2009 seguite all’elezione di Ahmadinejad. Il suo progetto frutto della collaborazione con lo U. S. Holocaust Memorial Museum. Il ricordo del console persiano a Parigi Abdol-Hossein Sardari, che aiutò gli ebrei. 

Gerusalemme (AsiaNews) - In occasione della Giorno della memoria che si celebra oggi, 27 gennaio, per ricordare le vittime dell’Olocausto, il giornalista e attivista iraniano-canadese Maziar Bahari ha pubblicato una traduzione in persiano del “Diario di Anna Frank” a fumetti. ”Sono cresciuto in Iran negli anni ‘60, in una famiglia politicamente consapevole. Me ne sono andato - racconta in una intervista ad Haaretz - e non sono stato indottrinato”. Anzi, egli dice di essere ben consapevole delle sfide nel cercare di educare i cittadini della Repubblica islamica sul genocidio degli ebrei da parte della Germania nazista nella Seconda guerra mondiale. 

Incarcerato nel 2009 per aver raccontato le proteste che hanno seguito l’elezione del presidente ultra-conservatore Mahmud Ahmadinejad, poi diventate un film nel 2014 (Rosewater di Jon Stewart), egli ha voluto lanciare un progetto di memoria e conoscenza. Da qui l’idea di tradurre nella lingua nativa uno dei testi più celebri sull’olocausto, progetto nato grazie alla collaborazione dello U. S. Holocaust Memorial Museum e presentato oggi in concomitanza con la giornata.

Si tratta di una riscrittura a fumetti del diario di Anna Frank, parte di un programma più ampio chiamato “Sardari Project” che mira a rendere “accessibile” lo studio del tentativo di sterminio di Adolf Hitler ai giovani iraniani nel Paese e della diaspora.

Bahari spiega che parte del problema è che la maggior parte degli iraniani della diaspora, anche se conosce le basi di inglese, ha difficoltà “ad afferrare questioni complesse come l’Olocausto. Quindi, devono ricorrere alla propria lingua: urdu, bengalese, arabo persiano” dove il contenuto “è pieno di antisemitismo”. Arash Azizi, storico della New York University, è stato consulente del progetto e osserva che mentre il curriculum educativo iraniano per 17-18enni copre la Seconda guerra mondiale, incluso il regime nazista, Hitler e la vittoria alleata, “non vi è una sola parola sugli ebrei” o sulla strage degli ebrei ad opera dei nazisti.

“Quando abbiamo lanciato il progetto, siamo rimasti sorpresi - prosegue l’attivista - di apprendere che gli iraniani volevano conoscere maggiori dettagli, le diverse fasi - dall’ascesa dei nazisti ai campi di concentramento all’Europa del dopoguerra. Quindi, abbiamo creato una serie di articoli, una enciclopedia sugli eventi, un webinar e creato video per i social media”. “Essere esposti a questo contenuto rafforza l’abilità del pensiero critico, che si spera aiuterà - conclude - gli iraniani a uscire dal guscio di disinformazione e soppressione che il governo ha costruito per molto tempo”.

Una figura preziosa per questa memoria è anche quella del console persiano a Parigi Abdol-Hossein Sardari, conosciuto come lo Schindler dell’Iran, perché salvò circa 2mila ebrei di origine iraniana che si trovavano nella capitale francese durante l’occupazione nazista. Egli scrisse ai tedeschi che il il persiano Ciro il Grande, nel 538 prima dell'era volgare, aveva liberato gli ebrei di Babilonia permettendo loro di tornare a casa e in seguito alcuni iraniani affascinati da Mosé come profeta avevano dato vita ai “Djuguten”, che non avevano nulla a che vedere con la “razza ebraica”.

Ecco perché gli ebrei iraniani sarebbero stati ariani. Ricevuta la missiva Adolf Eichmann l’aveva liquidata come uno dei soliti “inganni ebraici”, ma nel frattempo il console era riuscito a distribuire un migliaio di passaporti che hanno sottratto altrettante persone alla Shoah. La rivoluzione khomeinista del ‘79 lo vede costretto a migrare a Londra, dove muore in povertà nel 1981.

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