Papa ai nuovi preti: non perfetti, ma credibili
Nella giornata che la Chiesa dedica alla Visitazione della Beata Vergine Maria il pontefice in san Pietro presiede l’ordinazione di 11 diaconi. Fra loro un presbitero di origine vietnamita. Nell’omelia li esorta a essere “non padroni, ma custodi” e, richiamando un tema caro a papa Francesco, chiede loro di rifuggire “dall’autorefernzialità”. E “Dio non si è stancato di radunare i suoi figli”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - “Non importa essere perfetti, ma è necessario essere credibili” per ricostruire “insieme” la “credibilità di una Chiesa ferita, inviata a un’umanità ferita, dentro una creazione ferita”. È quanto ha affermato papa Leone XIV oggi nella messa nella basilica di san Pietro in occasione della Visitazione della Beata Vergine Maria, durante la quale ha presieduto l’ordinazione presbiterale di 11 diaconi. Di questi, sette provenienti dal Pontificio Seminario Romano Maggiore e quattro dal Collegio Diocesano Redemptoris Mater. Concelebrando assieme al card. Baldassare Reina, vicario generale per la Diocesi di Roma, a porporati, vescovi e sacerdoti, nell’omelia il pontefice ha ricordato il “commovente” discorso di addio di san Paolo: “Teniamo nel cuore e nella mente, ben scolpita, questa espressione! ‘Voi sapete come mi sono comportato’: la trasparenza della vita. Vite conosciute, vite leggibili, vite credibili! Stiamo - afferma papa Prevost - dentro il popolo di Dio, per potergli stare davanti, con una testimonianza credibile”.
I novelli sacerdoti per la diocesi di Roma hanno fra i 28 e i 49 anni e giungono al sacramento con un percorso diverso fra loro, testimoni di una fede giovane e al servizio di una realtà spesso complicata. Fra loro vi è anche un presbitero di origine vietnamita, Pietro Hong Hieu Nguyen, assegnato alla parrocchia di Nostra Signora della Visitazione e Pelosio a Santa Teresa di Calcutta.
Rivolgendosi agli ordinandi, il pontefice li invita a concepire “voi stessi al modo di Gesù! Essere di Dio - servi di Dio, popolo di Dio - ci lega alla terra: non a un mondo ideale, ma a quello reale”. Da qui il richiamo all’incontro con “persone in carne e ossa […] A loro consacrate voi stessi, senza separarvene, senza isolarvi, senza fare del dono ricevuto una sorta di privilegio”.
Leone XIV prosegue con un richiamo al tema della “autoreferenzialità” tanto caro al predecessore papa Francesco, che cita nell’omelia: “Ci ha messo tante volte in guardia da questo, perché l’autoreferenzialità - sottolinea il pontefice - spegne il fuoco della missione”. A seguire, l’esortazione a fare “vostre le sue parole in ogni Eucaristia: è ‘per voi e per tutti’”. In quanto figli di Dio, prosegue, non c’è bisogno di cercare “altro potere! Il gesto dell’imposizione delle mani, con cui Gesù accoglieva i bambini e guariva i malati, rinnovi in voi - spiega il papa - la potenza liberatrice del suo ministero messianico. Negli Atti degli Apostoli quel gesto che tra poco ripeteremo è trasmissione dello Spirito creatore. Così, il Regno di Dio mette ora in comunione le vostre personali libertà, disposte a uscire da sé stesse, innestando le vostre intelligenze e le vostre giovani forze nella missione giubilare che Gesù ha trasmesso alla sua Chiesa”.
Il “segreto” di ogni missione è lo Spirito Santo che “vi ha costituiti come custodi» (At 20,28). Non padroni, ma custodi. La missione è di Gesù. Egli è Risorto, dunque è vivo e ci precede. Nessuno di noi - ammonisce il pontefice rivolgendosi ai novelli sacerdoti - è chiamato a sostituirlo”. “Anche noi Vescovi, cari ordinandi, coinvolgendovi nella missione oggi vi facciamo spazio. E voi fate spazio ai fedeli e ad ogni creatura, cui il Risorto è vicino e in cui ama visitarci e stupirci. Il popolo di Dio - afferma - è più numeroso di quello che vediamo. Non definiamone i confini” con un richiamo allo spirito missionario che caratterizza da sempre la Chiesa.
Nei primi passaggi dell’omelia il papa ha menzionato i “legami” fra “voi ordinandi e il popolo da cui provenite, di cui rimanete parte e a cui siete inviati” mentre “l’identità del prete dipende dall’unione con Cristo sommo ed eterno sacerdote”. “Siamo popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II - avverte - ha reso più viva questa consapevolezza, quasi anticipando un tempo in cui le appartenenze si sarebbero fatte più deboli e il senso di Dio più rarefatto. Voi siete testimonianza del fatto che Dio non si è stancato di radunare i suoi figli, pur diversi, e di costituirli in una dinamica unità” che non è “azione impetuosa” quanto “brezza leggera che ridiede speranza al profeta Elia nell’ora dello scoraggiamento”.
“Non è rumorosa la gioia di Dio, ma realmente cambia la storia e ci avvicina gli uni agli altri. Ne è icona - spiega Leone XIV - il mistero della Visitazione, che la Chiesa contempla nell’ultimo giorno di maggio. Dall’incontro fra la Vergine Maria e la cugina Elisabetta vediamo scaturire il Magnificat, il canto di un popolo visitato dalla grazia”. “Gesù Risorto - conclude il papa - ci mostra le sue ferite e, nonostante siano segno del rifiuto da parte dell’umanità, ci perdona e ci invia”.
12/11/2014