11/05/2023, 13.48
VATICANO
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Papa: c'è un diritto a non emigrare, ma solo la solidarietà tra i popoli può garantirlo

Sul tema “Liberi di scegliere se migrare o restare” il messaggio della 109.a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Per il pontefice abbandonare la propria terra oggi è una costrizione; per evitarlo il mondo intero deve fermare "la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune”. Durante la presentazione in Vaticano la testimonianza di un migrante del Bangladesh.

Città del Vaticano (AsiaNews) – “È necessario uno sforzo congiunto dei singoli Paesi e della comunità internazionale per assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare, ossia la possibilità di vivere in pace e con dignità nella propria terra”. Lo scrive papa Francesco nel suo messaggio per la 109.a Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, presentato oggi in Vaticano in vista dell’appuntamento che verrà celebrato dalle Chiese di ogni continente domenica 24 settembre 2023, sul tema “Liberi di scegliere se migrare o restare”.

Nel testo il papa riflette sulle responsabilità comuni tra tutti i Paesi del mondo nel garantire "questo diritto non ancora codificato ma di fondamentale importanza, la cui garanzia è da comprendersi come corresponsabilità di tutti gli Stati nei confronti di un bene comune che va oltre i confini nazionali. Infatti - spiega - poiché le risorse mondiali non sono illimitate, lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi. Fino a quando questo diritto non sarà garantito - e si tratta di un cammino lungo - saranno ancora in molti a dover partire per cercare una vita migliore”.

Nel messaggio papa Francesco ricorda come la stessa fuga in Egitto della Sacra Famiglia “non fu il frutto di una scelta libera, come del resto non lo furono molte delle migrazioni che hanno segnato la storia del popolo d’Israele. Migrare - aggiunge - dovrebbe essere sempre una scelta libera, ma di fatto in moltissimi casi, anche oggi, non lo è. Conflitti, disastri naturali, o più semplicemente l’impossibilità di vivere una vita degna e prospera nella propria terra di origine costringono milioni di persone a partire”.

“Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria - scrive ancora - sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee. I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione. Al fine di eliminare queste cause e porre così termine alle migrazioni forzate è necessario l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità. Un impegno che comincia col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare. Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune”.

Per poter raggiungere questo obiettivo è essenziale “garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale”. Un compito che spetta anzitutto ai Paesi di origine dei migranti e ai loro governanti “chiamati - annota il pontefice - ad esercitare la buona politica, trasparente, onesta, lungimirante e al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili. Essi però - aggiunge - devono essere messi in condizione di fare questo, senza trovarsi depredati delle proprie risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi. E lì dove le circostanze permettano di scegliere se migrare o restare, si dovrà comunque garantire che tale scelta sia informata e ponderata, onde evitare che tanti uomini, donne e bambini cadano vittime di rischiose illusioni o di trafficanti senza scrupoli”.

Ricorda inoltre che nella tradizione biblica nell’anno giubilare tutti potevano “tornare nella situazione originaria, con la cancellazione di ogni debito, la restituzione della terra, e la possibilità di godere di nuovo della libertà propria dei membri del popolo di Dio”. “Mentre ci avviciniamo al Giubileo del 2025 - commenta il papa - è bene ricordare questo aspetto delle celebrazioni giubilari”.

Infine il messaggio invita tutti i cristiani a “riconoscere nel migrante non solo un fratello o una sorella in difficoltà, ma Cristo stesso che bussa alla nostra porta”. E “mentre lavoriamo perché ogni migrazione possa essere frutto di una scelta libera, siamo chiamati ad avere il massimo rispetto della dignità di ogni migrante; accompagnando e governando nel miglior modo possibile i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare”. “Il percorso sinodale che, come Chiesa, abbiamo intrapreso - conclude Francesco - ci porta a vedere nelle persone più vulnerabili, e tra questi molti migranti e rifugiati, dei compagni di viaggio speciali, da amare e curare come fratelli e sorelle. Solo camminando insieme potremo andare lontano e raggiungere la meta comune del nostro viaggio”.

Proprio in questo spirito nella conferenza stampa di presentazione in Vaticano è stata data voce a Dullal Ghosh, un migrante proveniente dal Bangladesh, in Italia da dieci anni e oggi socio della cooperativa Sophia, un’impresa sociale attiva nell’accoglienza e nell’inserimento dei migranti nella società italiana. “In Bangladesh - ha raccontato - nel settore privato non c’è pensione, la scuola costa, le cure mediche costano. Come dice Papa Francesco, ero obbligato a partire. Non avevo ‘scelta’”. A chi vuole diventare migrante Dullal consiglia di prepararsi: “È molto importante la lingua, i documenti e sapere come trovare lavoro perché quando sono venuto in Italia ho avuto grandi difficoltà. Vendevo fazzoletti e accendini al semaforo; ora sono socio della Cooperativa Sophia e protagonista di un libro che è diventato un progetto di educazione nelle scuole. È un ponte tra italiani e migranti: io posso imparare da loro e anche loro possono imparare da me”.

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