10/03/2021, 10.16
VATICANO
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Papa: un messaggio di fraternità dall’Iraq martoriato da guerra e terrorismo

All’udienza generale Francesco ha ripercorso le tappe del suo viaggio. L’“incontro indimenticabile” con il Grande Ayatollah Al-Sistani. “Chi vendeva le armi ai terroristi? Chi vende oggi le armi ai terroristi che fanno stragi?”. “Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!”.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Nel suo viaggio in Iraq papa Francesco ha incontrato una Chiesa martire, visto e ascoltato le testimonianze della guerra e del terrorismo, riscontrato la speranza di pace e fraternità degli iracheni. La visita dei giorni scorsi in Iraq è stato l’argomento del quale papa Francesco ha parlato all’udienza generale di oggi, tenuta nella biblioteca privata, nel corso della quale ha sottolineato l’“incontro indimenticabile” con il Grande Ayatollah Al-Sistani ed è tornato a stigmatizzare il traffico di armi: “chi vende le armi ai terroristi, che stanno facendo stragi in altre parti, in Africa, ad esempio? E’ una domanda, vorrei che qualcuno gli rispondesse”.

“Ho sentito forte – ha detto Francesco - il senso penitenziale di questo pellegrinaggio: non potevo avvicinarmi a quel popolo martoriato, a quella Chiesa martire, senza prendere su di me, a nome della Chiesa Cattolica, la croce che loro portano da anni; una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh. L’ho sentito in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando e ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio… E nello stesso tempo ho visto intorno a me la gioia di accogliere il messaggero di Cristo; ho visto la speranza di aprirsi a un orizzonte di pace e di fraternità, riassunto nelle parole di Gesù che erano il motto della visita: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). Ho riscontrato questa speranza nel discorso del Presidente della Repubblica, l’ho ritrovata in tanti saluti e testimonianze, nei canti e nei gesti della gente. L’ho letta sui volti luminosi dei giovani e negli occhi vivaci degli anziani”.

“Il popolo iracheno ha diritto a vivere in pace, ha diritto a ritrovare la dignità che gli appartiene. Le sue radici religiose e culturali sono millenarie: la Mesopotamia è culla di civiltà; Baghdad è stata nella storia una città di primaria importanza, che ha ospitato per secoli la biblioteca più ricca del mondo. E che cosa l’ha distrutta? La guerra. Sempre la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle armi non sono altre armi. E io mi domandai chi vendeva le armi ai terroristi? Chi vende oggi le armi ai terroristi che fanno stragi? Pensiamo all’Africa, ad esempio? E’ una domanda, vorrei che qualcuno gli rispondesse”.

“La risposta – ha detto ancora - è la fraternità. Questa è la sfida per l’Iraq, ma non solo: è la sfida per tante regioni di conflitto e, in definitiva, per il mondo intero. Per questo ci siamo incontrati e abbiamo pregato, cristiani e musulmani, con rappresentanti di altre religioni, a Ur, dove Abramo ricevette la chiamata di Dio circa quattromila anni fa. Abramo è padre nella fede perché ascoltò la voce di Dio che gli prometteva una discendenza, lasciò tutto e partì. Dio è fedele alle sue promesse e ancora oggi guida i nostri passi di pace, guida i passi di chi cammina in Terra con lo sguardo rivolto al Cielo. E a Ur, stando insieme sotto quel cielo luminoso, lo stesso cielo nel quale il nostro padre Abramo vide noi, sua discendenza, ci è sembrata risuonare ancora nei cuori quella frase: Voi siete tutti fratelli”.

“Un messaggio di fraternità è giunto dall’incontro ecclesiale nella Cattedrale Siro-Cattolica di Baghdad, dove nel 2010 furono uccise quarantotto persone, tra cui due sacerdoti, durante la celebrazione della Messa. La Chiesa in Iraq è una Chiesa martire e in quel tempio, che porta inscritto nella pietra il ricordo di quei martiri, è risuonata la gioia dell’incontro: il mio stupore di essere in mezzo a loro si fondeva con la loro gioia di avere il Papa con sé”.

“Un messaggio di fraternità abbiamo lanciato da Mosul e da Qaraqosh, sul fiume Tigri, presso le rovine dell’antica Ninive. L’occupazione dell’Isis ha causato la fuga di migliaia e migliaia di abitanti, tra cui molti cristiani di diverse confessioni e altre minoranze perseguitate, specialmente gli yazidi. È stata rovinata l’antica identità di queste città. Adesso si sta cercando faticosamente di ricostruire; i musulmani invitano i cristiani a ritornare, e insieme restaurano chiese e moschee. Fratellanza. E continuiamo, per favore, a pregare per questi nostri fratelli e sorelle tanto provati, perché abbiano la forza di ricominciare. E pensando ai tanti iracheni emigrati vorrei dire loro: avete lasciato tutto, come Abramo; come lui, custodite la fede e la speranza, e siate tessitori di amicizia e di fratellanza là dove siete. E se potete, tornate”.

“Un messaggio di fraternità è venuto dalle due Celebrazioni eucaristiche: quella di Baghdad, in rito caldeo, e quella di Erbil”. “Lodiamo Dio – ha concluso - per questa storica Visita e continuiamo a pregare per quella Terra e per il Medio Oriente. In Iraq, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto. Così è per la fraternità: non fa rumore, ma è fruttuosa e ci fa crescere. Dio, che è pace, conceda un avvenire di fraternità all’Iraq, al Medio Oriente e al mondo intero!”.

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