01/06/2004, 00.00
ARABIA SAUDITA
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Paura e isolamento: vita da stranieri nel regno dei Saud

di Theresa Ricci

Problemi di sicurezza, mancanza di libertà religiosa, rigide divisioni fra i sessi

Roma (AsiaNews) – Gli stranieri presenti nel regno saudita - divenuti il bersaglio dei terroristi islamici  - non hanno mai avuto vita facile. I quasi 5 milioni di occidentali che lavorano nel paese, sono costretti a vivere come "segregati", obbligati a rispettare le rigide regole dell'integralismo islamico, impossibilitati a praticare la fede cristiana. Dopo il recente attentato di Al Qaeda a Khobar, AsiaNews ha cercato alcune testimonianze. Molti si sono rifiutati di parlare per paura. Alcuni ci hanno dato un piccolo ma eloquente saggio della situazione.

 Un uomo appena tornato dall'Arabia racconta l'atmosfera e la vita tra gli stranieri. "Viviamo tutti nel terrore, giorno e notte. Chi può evita di uscire dai compound [le zone residenziali degli stranieri, ndr], ma ci assale il pensiero fisso che da un momento all'altro può arrivare qualcuno e ammazzarci. Questo rende difficile una vita normale. Evitiamo perfino di  andare a fare la spesa nei mercati e supermercati per gli stranieri. Alcune comunità si stanno organizzando per far arrivare all'interno alcuni beni di prima necessità, per evitare il più possibile gli spostamenti. Per evitare l'entrata di possibili auto-bomba e kamikaze,  le strade che portano all'interno dei compound sono disseminate di barricate e ostacoli".

La vita per gli stranieri non era facile neanche prima dell'11 settembre.

Praticare la fede cristiana è severamente proibito. "L'Arabia Saudita, ospitando le sacre moschee di Mecca e Medina è considerata territorio integralmente sacro. Perciò non si possono praticare altre religioni. A Mecca e Medina, occidentali e non musulmani non possono nemmeno entrare. La tolleranza è solo formale. In teoria verso il cristianesimo c'è rispetto. Ma nei fatti  c'è la proibizione assoluta di praticare la fede". "Mentre eravamo nel Paese qualche anno fa – dice una signora -  la comunità straniera ha organizzato una Messa 'clandestina' per festeggiare la Pasqua. Quella è stata l'unica volta che vi ho partecipato perché di solito, nel fine settimana, andavamo nel vicino Barhein, dove c'è libertà religiosa e potevamo andare a Messa senza problemi. Quella volta, siamo arrivati di mattina prestissimo in una casa privata. Il sacerdote indossava i paramenti, ma tutto era un po' veloce: si capiva che c'era ansia e paura tra la gente. Per gli stranieri era comunque un problema andare a Messa tutte le domeniche. I sacerdoti che riescono a entrare in Arabia Saudita arrivano in incognito, come 'professionisti', svolgono un lavoro come tutti gli altri stranieri. Una volta un missionario entrato nel Paese è stato scoperto, brutalmente malmenato, messo in prigione e poi costretto a uscire dal Paese. Un'altra volta, è stata eseguita una condanna a morte di un cattolico filippino, colpevole di aver organizzato una Messa clandestina in casa sua. Nel paese, le esecuzioni capitali si svolgono nella pubblica piazza, in giorni fissi per ogni città, i cadaveri mostrati come trofei alla popolazione. Una volta, passando in una piazza qualche ora dopo l'esecuzione, ho visto una scena raccapricciante, con fiumi di sangue sparsi ovunque. L'intolleranza religiosa inizia già all'ingresso nel Paese. Una volta, all'aeroporto, a mio marito hanno aperto le valige per i controlli e hanno trovato una crocetta di legno, che gli hanno sequestrato e mai restituito malgrado le molte richieste".

Vi è poi la vita quotidiana, piena di regole e tabù. Un professionista che ha lavorato nel Paese alcuni anni ed è rientrato di recente parla della vita quotidiana dei sauditi e di come gli stranieri sono costretti ad adattarsi a una rigida separazione  tra i sessi: "I luoghi pubblici, come centri commerciali o ristoranti, sono divisi in aree separate per uomini, donne e famiglie. Al supermercato, perfino le file alle casse sono distinte tra uomini e donne. Una volta, in un grande centro commerciale, mio marito – ci dice la signora - mi aspettava fuori da un negozio che si trovava nella zona riservata alle donne e per sbaglio "ha invaso" il territorio femminile. Un religioso di "guardia" gli si è avvicinato e lo ha invitato caldamente a spostarsi nella zona maschile. Un'altra volta a me è scivolato accidentalmente il copricapo, che ero obbligata a portare come le donne musulmane. Un religioso si è avvicinato e con una specie di frustino mi ha colpito invitandomi a coprirmi. Come le musulmane, non potevo uscire di casa da sola, ma sempre accompagnata da mio marito. Al limite potevo uscire in macchina con l'autista, ma dovevo essere accompagnata anche da altre donne".

Una volta per strada, una donna musulmana è scivolata e caduta. Mio marito si è avvicinato per soccorrerla ma fortunatamente si è fermato in tempo: se l'avesse toccata avrebbe potuto avere dei problemi".

Un ultimo punto è la miserevole condizione della donna. "Le ragazze – dice una signora - vanno a scuola, ma poi non possono lavorare. Le bambine, anche a 9-10 anni, sono già tutte coperte dalla testa ai piedi e viene loro preclusa la spensieratezza dell'infanzia".. Le figlie delle famiglie più ricche spesso vanno all'estero a studiare. "Una volta – continua il marito - un uomo d'affari saudita che aveva mandato le due figlie a studiare all'università in Europa, mi fece presente le sue perplessità: una volta tornate in Arabia Saudita non avrebbero potuto mettere in pratica nulla di quanto avevano appreso".

 

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