11/11/2005, 00.00
Cina
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Pechino per fermare le proteste sociali annuncia riforme economiche

Per combattere l'aumento del malcontento sociale il governo propone sgravi fiscali per le aziende che creano nuovi posti di lavoro e promette la rilocazione degli statali licenziati. "Necessario" però anche "monitorare meglio i lavoratori".

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo centrale cinese, temendo l'aumento delle proteste sociali, ha annunciato di voler combattere la disoccupazione nel Paese creando più posti di lavoro nel settore privato. "Useremo tutti i mezzi legali, economici e necessari – si legge in una circolare del Consiglio di Stato – per controllare la disoccupazione ed alleviare le diverse contraddizioni che porta con sé".

Pechino ha annunciato a settembre un tasso di disoccupazione pari al 4,2 %, ma diversi esperti sostengono che il tasso reale è molto più alto anche senza contare la situazione delle campagne, svuotate in nome dello sviluppo urbano ed industriale. "L'obiettivo di questa manovra – spiega ancora la circolare – è quella di rilocare nei prossimi anni i lavoratori licenziati dalle aziende statali in bancarotta o in ristrutturazione".
Le aziende statali erano il cuore dell'economia pianificata cinese, ma hanno iniziato a perdere importanza dalle riforme del mercato iniziate oltre 20 anni fa da Deng Xiaoping. Dalla radicalizzazione di queste riforme, attuate nel 1998, decine di milioni di lavoratori hanno perso il posto.

La circolare propone vantaggi economici per le aziende che aumentano la capacità di impiego e una riduzione delle tasse per i cittadini che iniziano nuove attività. Il documento aggiunge inoltre che "è necessario" potenziare la neonata rete di controllo sulla sicurezza sociale con una più ampia copertura del mondo dei lavoratori. Pechino ha già annunciato una riforma del sistema pensionistico, altro vettore di instabilità sociale dato l'aumento del numero dei pensionati a fronte di una diminuzione dei lavoratori che pagano i contributi.

Le proteste sociali nascono da una errata campagna economica: in nome dello sviluppo industriale ed urbano 40 milioni di contadini sono stati privati della terra ed ora la maggior parte ora vive povera e senza lavoro. Circa 120 milioni di abitanti delle zone rurali senza impiego sono divenuti migranti che lavorano sottopagati nelle industrie, nei ristoranti e nei cantieri edili. Sono molto richiesti come mano d'opera, in special modo nelle ricche aree costiere, ma sempre più spesso finiscono vittime di abusi da parte dei datori di lavoro.

Secondo Zhou Yongkang, ministro della Pubblica sicurezza, le proteste di massa sono in aumento nel paese: nel 1994 erano 10 mila; nel 2004 sono state oltre 74 mila ed hanno coinvolto almeno 3,76 milioni di persone.

Pechino è preoccupata anche della grande risonanza data dai media cinesi ed internazionali nel 2005 alla protesta del villaggio di Taishi, che "lotta per la democrazia e contro la corruzione" del capovillaggio ed al caso di Wang Binyu, un lavoratore migrante di 27 anni del Gansu, giustiziato mercoledì 19 ottobre. L'uomo aveva ucciso il suo datore di lavoro e 3 suoi amici che rifiutavano da oltre 5 mesi di pagarlo.

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