23/02/2005, 00.00
COREA DEL NORD
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Pyongyang "accerchiata" per spingerla a trattare sul nucleare

di Pino Cazzaniga

Scarsi risultati dell'intervento cinese: Kim Jong-il torna a porre "condizioni" per sedersi di nuovo al tavolo dei negoziati.

Seoul (AsiaNews) - Non ha suscitato reazioni particolarmente positive l'affermazione del leader nord-coreano Kim Jong-il che il suo Paese tornerà ai colloqui della conferenza a sei sul programma delle armi nucleari, se si realizzeranno certe "condizioni". Anche verso la metà di gennaio, prima del discorso d'inaugurazione del secondo mandato del presidente Bush, infatti, Pyongyang, di sua iniziativa, aveva detto di voler partecipare al quarto round ma "a condizione" che gli Stati Uniti rinunciassero agli atteggiamente "ostili".

Per giunta, il diplomatico che, martedì 22 febbraio, ha ricevuto la dichiarazione di Kim Jong-il è Wang Jiarui, responsabile del dipartimento degli esteri nel partito comunista cinese. Inviato a Pyongyang dal presidente Hu Jintao vi si era fermato quattro giorni proprio con l'intento di convincere i dirigenti nord-coreani a ritornare al tavolo della conferenza a sei.

La missione, inoltre, era cinese nella forma ma internazionale nella sostanza. Wang aveva infatti sulle spalle l'azione diplomatica  dei governi di Stati Uniti, Corea del sud, Giappone, e Russia che, mentre tentavano di capire le motivazioni che avevano spinto Pyongyang ad annunciare, il 10 febbraio, il possesso di armi nucleari,  esercitavano pressioni su Pechino per far recedere Pyongyang dalla decisione tanto assurda quanto pericolosa di "sospendere" gli incontri a sei. Nelle attuali circostanze solo Pechino, da sempre alleata ideologica e sostenitrice economica di Pyongyang, poteva avere forza di convincimento.

Wang era ben preparato al compito perchè oltre ad essere stato fin dall'inizio dei colloqui a sei (2003) il capo della delegazione cinese,  nella settimana precedente era stato direttamente  informato dai rappresentanti di Stati Uniti, Corea del sud e Giappone inviati appositamente a Pechino. Wan, poi, non è rimasto quattro giorni a Pyongyang solo per ottenere una scarna e ambigua dichiarazione da Kim. Egli gli ha portato anche un "messaggio verbale" del presidente cinese Hu Jintao, al quale sta a cuore la denuclearizzazione della penisola coreana non meno che al presidente americano George Bush.

Da qui la reazione scettica dei protagonisti del dialogo. "La Corea del nord deve ritornare al tavolo dei negoziati subito e senza previe condizioni" ha detto ai giornalisti il ministro degli esteri giapponese Nobudaka Machimura, che ha anche esortato la Cina a fare qualcosa di più nell'azione di convincimento. Anche a Washington il portavoce del dipartimento di Stato ha detto che gli Stati Uniti sono pronti a riprendere i colloqui, ma senza condizioni.

Reazioni positive si sono avute solo dalla Corea del sud, alla quale stanno a cuore i rapporti inter-coreani. Parlando ai membri del Comitato per l'unificazione, il ministro degli esteri Ban Ki-moon ha così commentato: "Dobbiamo ancora esaminare attentamente le osservazioni (di Kim Jong-il), ma pensiamo che la dichiarazione di oggi metta più peso sull''intenzione di ritornare al tavolo dei colloqui, mentre la dichiarazione del 10 febbraio metteva più peso sull'intenzione di boicottarli". E rispondendo ad alcune domande dei cronisti ha detto : "Le osservazioni del presidente Kim Jong-il (circa la disponibilità a ritornare al tavolo dei colloqui) confermano la mia convinzione che Pyongyang con la precedente dichiarazione non aveva chiuso la porta al dialogo".

Secondo il quotidiano giapponese Asahi. l'atteggiamento molto dialogante del governo di Seoul irrita quello di Tokyo. Machimura ha detto: "Vorremmo mettere in guardia la Corea del sud da un atteggiamento indulgente, ma non lo vogliamo fare in modo troppo forte per non creare fratture tra il Giappone, la Corea del sud e gli Stati Uniti". Ed è proprio questa divisione l'obiettivo al quale mira da tempo la politica estera di Pyongyang. Difficilmente lo realizzerà. Il linguaggio pubblico, infatti, non dice tutto.

Domani a Seoul si terrà un vertice a tre, Stati Uniti-Giappone-Corea del Sud per discutere della crisi nucleare in Corea del Nord.
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