20/07/2005, 00.00
ISRAELE – PALESTINA
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Ritiro da Gaza: gli insediamenti israeliani non sono inviolabili

di Franz Bowen

Gerusalemme (AsiaNews) - Il ritiro israeliano da Gaza deve essere "un primo passo" per ripensare la questione degli altri insediamenti israeliani nei territori palestinesi: è l'appello che il p. Franz Bowen, presidente di Giustizia e Pace a Gerusalemme, affida ad AsiaNews per la comunità internazionale.

In una conversazione con AsiaNews, il missionario dei Padri Bianchi, dal 1969 in Israele,  ha sottolineato che il ritiro israeliano da Gaza "rompe il tabù della inviolabilità degli insediamenti israeliani… La comunità internazionale ha una grandissima responsabilità per far sì che questa dinamica del ritiro non si arresti, ma continui". L'appello di p. Bowen, che è anche direttore della rivista Proche Orient Chrétien, avviene mentre vi sono decine di migliaia di coloni israeliani pronti ad entrare nell'insediamento di Gush Katif di Gaza per contrastare il ritiro programmato per il mese prossimo.

Da due giorni la polizia dello stato d'Israele ha bloccato l'entrata dei coloni. I leader della protesta hanno cancellato la marcia, ma hanno deciso di far rimanere nella zona vicina al confine centinaia di dimostranti, come una base per future proteste. Nel suo intervento, il p. Bowen mostra che  le difficoltà presenti all'interno di Israele dipendono proprio dal valore simbolico di questo ritiro. Nello stesso tempo, le  autorità palestinesi sono piene di sospetto perché non riescono a vedere prospettive future.

Questo ritiro da Gaza resta per noi una situazione molto incerta, contraddittoria e imprevedibile.

Ad ogni modo, l'opinione pubblica internazionale deve augurarsi che questo ritiro si faccia, e sia un primo passo, a cui devono seguirne altri. L'importanza di questo ritiro sta nel fatto che, per la prima volta, degli insediamenti verranno smantellati e dei coloni saranno obbligati a rientrare all'interno dello stato d'Israele. E' la fine del tabù della inviolabilità degli insediamenti.

Questo spiega la forte resistenza da parte dei nazionalisti religiosi e da parte di gruppi della destra all'interno di Israele: essi comprendono che questo ritiro è l'inizio di qualcosa che può portare molto lontano, è contro il principio del legame fra la religione, il dono della terra, il diritto alla terra. Qui tocchiamo 3 punti molto delicati e sensibili nell'opinione pubblica israeliana.

Dal punto di vista dei palestinesi vi è molta diffidenza. Essi temono  che nella comunità internazionale il ritiro da Gaza sia visto solo come un fatto in sé, qualcosa che serve solo ad assicurare meglio la presenza dei coloni israeliani nei territori palestinesi. Per i palestinesi questo ritiro di Gaza deve essere il segno di un ritiro più grande.

Sharon ha compreso che non è più conveniente rimanere a Gaza e per i coloni non vi è più avvenire. Ma non è arrivato a nessuna conclusione per il resto dei territori palestinesi.

È importante è che Gaza sia visto come un inizio, l'innesco di una nuova dinamica nel rapporto con i coloni e gli insediamenti. La comunità internazionale ha una grandissima responsabilità per far sì che questa dinamica del ritiro non si arresti, ma continui.

Dal punto di vista israeliano non si dice nulla del seguito. Le autorità d'Israele hanno detto chiaro che, dopo il ritiro da Gaza, il governo non compirà nessun passo fino a che l'autorità palestinese non attuerà tutte le pre-condizioni ai dialoghi: che cessino tutte le violenze; che tutte le organizzazioni terroriste siano smantellate. Essi sanno molto bene che queste condizioni così assolute non potranno mai essere realizzate. Questo non aiuta l'autorità palestinese e non  dà ad essa alcuna apertura, alcun vantaggio positivo che le permetta di mostrare i risultati e l'efficacia richiesta dalle organizzazioni estremiste.
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