12/01/2022, 10.51
ISRAELE
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Russi e cristiani non arabi tra gli ebrei nelle statistiche. P. Neuhaus: "Uguali diritti a ogni israeliano"

Dal ministro dell’Intelligence la richiesta di modificare la classificazione degli abitanti: dalla suddividione “ebrei, arabi e altri” si passerebbe a “ebrei e arabi” con un “allargamento” della prima categoria a 400mila russi e cristiani non arabi. Gesuita di Terra Santa: nessun cambiamento “nella sostanza”, il problema resta quello della “cittadinanza democratica” e della “parità” al di là delle appartenenze etnico religiose. 

Gerusalemme (AsiaNews) - Una riforma che, anche nel caso di approvazione ed è una possibilità per nulla scontata, “non porterà alcun cambiamento nella sostanza”. P. David Neuhaus, superiore dei gesuiti in Terra Santa, non ha dubbi nel giudicare la proposta di modifica della classificazione degli abitanti “non arabi” di Israele, emersa in questi giorni. Una questione, avverte, che non abbraccia quello che il sacerdote considera l’elemento alla base di una nazione: “L’idea - spiega ad AsiaNews - cara a noi cristiani è quella di una cittadinanza democratica, in cui tutti i suoi membri sono trattati in modo eguale, ma non è questa la realtà oggi”.

Il riferimento è alla proposta di modifica nella classificazione degli abitanti di Israele dall’attuale “ebrei, arabi, altri” ad un riformato “ebrei e arabi”, con l’inquadramento dei non ebrei - ma nemmeno arabi -  sotto la nuova voce “popolazione ebraica allargata”. Un cambiamento frutto dell’appello lanciato dal ministro dell’Intelligence israeliano Elazar Stern al presidente dell’Ufficio centrale di statistica (Cbs) Danny Pepperman, che dovrà ottenere il via libera della Knesset.

La questione riguarda 400mila persone, la maggior parte di lingua russa e immigrate in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica, che non rientrano nella definizione canonica di ebrei. A questi si aggiungono i cristiani di etnia non-araba, che fino ad oggi erano inseriti alla voce “altri” che comprende circa il 4,6% dell’intera popolazione [poco più di 415mila persone: al 91,4% di questi non è associata alcuna religione, mentre il restante 8,6% è registrato come cristiano]. 

Il cambio, precisano gli stessi promotori, è in massima parte di facciata e non andrà a influire sulle classificazioni usate dal ministero degli Interni che restano invariate. In caso di via libera, all’Ufficio centrale di statistica spetterà il compito di eliminare la voce finora utilizzata. Nella nuova classificazione di “ebrei allargati” dovrebbero rientrare anche i musulmani non-arabi della comunità circassi, quanti professano religioni diverse da quella ebraica e hanno sposato un cittadino israeliano, oltre a quanti sono arrivati nel paese grazie alla Legge del ritorno.

Secondo p. Neuhaus la vicenda ruota attorno a “un problema di fondo” nella democrazia israeliana e nel modo in cui essa tratta la questione della cittadinanza, che non è fra “israeliani e non, ma fra ebrei e non ebrei”. “Questa proposta - prosegue - non risolve la questione dell’uguaglianza davanti allo Stato e la mancanza di una vera parità”, cui si legano “episodi di discriminazione, perché uno non è ebreo. Negli ultimi 10, 15 anni è arrivata una popolazione numerosa e questo ha contribuito ad alimentare l’incertezza”.

Nato in Sudafrica da genitori ebrei tedeschi fuggiti dalla Germania in seguito all’ascesa del nazismo, p. Neuhaus è stato anche vicario patriarcale per i cattolici di espressione ebraica. “Oggi - prosegue - vi è pure il problema della popolazione cristiana non araba, che è integrata nella società e serve nell’esercito, ma viene inserita all’interno di una categoria non dignitosa”. Il problema, avverte, ruota attorno al fattore “etnico” su cui si fonda il Paese, lo Stato ebraico. Il sacerdote è convinto che la proposta non passerà, perché “ci sarà l’opposizione degli ebrei religiosi”. Tuttavia, vuole riaffermare con forza il principio che sta a cuore ai cristiani e che è quello della “cittadinanza democratica”, mentre “questa proposta - conclude - continua a nascondere e lasciare irrisolta la crisi attuale dell’uguaglianza davanti allo Stato”. 

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