06/06/2014, 00.00
COREA - ASIA
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Società missionaria coreana, "piccolo strumento al servizio di un grande scopo"

Il Superiore generale racconta ad AsiaNews che l'istituto "ha poco meno di 40 anni di vita ma una grande voglia di fare, di restituire alla Chiesa universale i tanti doni ricevuti durante l'evangelizzazione della Corea. Ci serve ancora del tempo per stabilizzare il concetto missionario nella nostra comunità, ma siamo sulla strada giusta". L'esperienza con i lebbrosi cinesi e la "Scuola missionaria", che prepara laici e consacrati al confronto con il mondo.

Seoul (AsiaNews) - La Chiesa cattolica coreana "non ha ancora un'esperienza missionaria significativa, che le consenta di andare per il mondo a proclamare la Parola di Dio in maniera strutturata. Ma siamo sicuri di averne un grande bisogno: ci serve ancora del tempo per maturare i frutti del nostro lavoro, ma credo che siamo sulla strada giusta. La Società missionaria coreana serve proprio a questo: camminare insieme alla nostra Chiesa per aiutarla a uscire dai suoi confini, crescendo insieme". È l'opinione di p. Andrea Kim Young-jae, Superiore generale della Società missionaria coreana, che racconta ad AsiaNews le sfide che presenta il concetto di missionarietà e la gioia di poter contribuire all'evangelizzazione del mondo, "un modo per poter dimostrare la nostra gratitudine a chi ha dato tanto per la Chiesa coreana".

La Società missionaria coreana nasce nel 1975 da un'intuizione di mons. Giovanni Choi Jae-seon, allora vescovo emerito di Busan: "Colpito dal brusco calo nelle vocazioni di cui era stato testimone durante un periodo in Germania, mons. Choi si impegnò moltissimo per tenere viva la scelta sacerdotale in Corea. Ma aveva anche in mente il grande debito di riconoscenza che la Chiesa coreana aveva e ha ancora oggi nei confronti della Chiesa universale. Quindi decise di proporre alla Conferenza episcopale la creazione di un Istituto missionario che, dal nostro Paese, potesse contribuire all'evangelizzazione mondiale".

La proposta "venne adottata dai vescovi coreani, che lo stesso anno diedero vita alla 'Società cattolica di Corea per le missioni straniere', nome poi cambiato in 'Società missionaria coreana' durante il Capitolo del 2005. Per avere il suo primo missionario, la Società deve attendere fino al 1981: nel marzo di quell'anno, infatti, viene ordinato p. Michele Kim Dong-gi. A lui si uniranno in novembre 3 diocesani: il gruppo viene mandato a Madang, in Papua Nuova Guinea". Da allora la crescita è lenta ma costante.

Al momento, la Società missionaria coreana conta 95 membri. Di questi, 26 sono seminaristi che vivono e studiano nel Paese; gli altri 69 sono missionari attivi in diverse parti del mondo. La Società è presente in 8 nazioni diverse: in Papua Nuova Guinea con 10 sacerdoti; a Taiwan sono 7; in Cina sono 6, di cui 2 a Hong Kong e 4 nella parte continentale (Pechino, Shanghai e provincia del Sichuan); 8 sono in Cambogia; 7 in Mozambico; 4 nelle Filippine; 6 in Messico e 4 negli Stati Uniti. I rimanenti sono nella sede centrale e contribuiscono alla formazione dei seminaristi e al lavoro organizzativo della Società.

Oltre al lavoro pastorale, soprattutto nelle parrocchie, i missionari coreani sono impegnati nel sociale e nell'assistenza sanitaria. Nella Cina continentale, ad esempio, alcuni membri lavorano con coloro che sono affetti dalla malattia di Hansen (lebbra): "E' una patologia terribile - dice p. Kim - che ancora oggi genera emarginazione sociale nei confronti di chi ne è affetto. Per questo a volte l'atteggiamento del governo cinese, che concede i visti permanenti con difficoltà e diffidenza, mi risulta difficile da capire. I nostri sacerdoti cercano di fare del bene e aiutano coloro che la società caccia con repulsione: perché mettere tutti questi paletti?".

Interessante è anche la realtà della "Scuola missionaria", uno strumento che la Società mette a disposizione di tutti coloro che in Corea sono interessati al lavoro missionario: "I numeri sono ancora relativamente bassi, ma notiamo una buona crescita di coloro che vengono da noi per imparare il concetto di missione e apostolato. In pratica si tratta di una struttura che prepara i sacerdoti diocesani, i religiosi e i laici al lavoro pastorale all'estero: si va dallo studio delle lingue al sostegno spirituale di popoli lontani e diversi. Speriamo prenda sempre più piede".

La Società, conclude p. Kim, "è aperta a tutto il mondo, ovunque ci sia bisogno di missionari. Ma sentiamo una preoccupazione e una responsabilità speciale nei confronti dell'Asia e in particolare della Cina, dove è difficile per gli occidentali entrare come missionari. Abbiamo ricevuto tanto dalla Chiesa universale e vogliamo con tutto il cuore rendere, per quanto ci è possibile, quello che abbiamo avuto". 

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