27/10/2025, 10.42
MALAYSIA - TIMOR EST
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Timor Est a pieno titolo nell’Asean: pace, unità e destino condiviso

di Joseph Masilamany

Da ieri Dili è diventata ufficialmente l’11ma nazione nel blocco dei Paesi del Sud-est asiatico. La fine di un percorso durato 14 anni segnato da una cerimonia dal forte carattere simbolico alla presenza di tutti i leader regionali. Il primo ministro Rala Xanana Gusmao ha aggiunto la sua firma per ultimo. Restano le sfide e le responsabilità collegate all’inclusione. 

 

Kuala Lumpur (AsiaNews) - Da ieri Timor Est è diventato ufficialmente l’undicesimo membro dell’Asean, l’associazione che riunisce i Paesi del Sud-est asiatico, dopo aver firmato la dichiarazione di adesione al 47mo vertice in programma dal 26 al 28 ottobre a Kuala Lumpur, in Malaysia. E segnando così la fine di un percorso durato 14 anni verso la piena adesione al blocco della nazione asiatica.

In una cerimonia dal forte carattere simbolico, tutti e 10 gli attuali leader dell’Asean hanno firmato il documento storico, con il primo ministro di Timor Est, Kay Rala Xanana Gusmao, che ha aggiunto la sua firma per ultimo. Pochi istanti dopo, la bandiera del Paese è stata issata accanto a quelle degli altri Stati membri, a simboleggiare in modo vivido il suo ingresso ufficiale nel principale blocco politico ed economico regionale del Sud-est asiatico.

Il primo ministro malaysiano Anwar Ibrahim, che ha presieduto il vertice in qualità di presidente di turno Asean, ha definito l’adesione “il completamento della famiglia Asean”, affermando che essa ribadisce il destino comune e il profondo senso di affinità della regione. Gusmao, visibilmente commosso nel primo discorso come leader di un Paese membro, ha affermato che questo traguardo non rappresenta solo la realizzazione di un sogno, ma anche “una potente affermazione del nostro percorso caratterizzato da resilienza, determinazione e speranza”.

Timor Est, che ha riconquistato l’indipendenza dall’Indonesia nel 2002 dopo decenni di lotte, ha presentato per la prima volta la domanda di adesione nel 2011. Nel 2022 le è stato concesso lo status di osservatore e da allora ha lavorato costantemente per allineare i suoi quadri di governance, economici e socio-culturali ai tre pilastri fondamentali dell’Asean.

Per Joanne Lin, senior fellow dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute con base a Singapore, l’adesione - e l’ingresso a pieno titolo - è “più che simbolica”. “Completa la mappa del Sud-est asiatico e dimostra l’impegno dell’Asean verso l'inclusività e l’identità regionale, temi fortemente ribaditi sotto la presidenza della Malaysia quest’anno”, ha dichiarato ai giornalisti a Kuala Lumpur. L’esperta ha quindi aggiunto che ridisegnerà le dinamiche interne all’associazione, introducendo una voce nuova nel suo processo decisionale basato sul consenso e apportando preziose intuizioni dalla propria esperienza nella ricostruzione post-bellica e nella transizione democratica. 

Tuttavia, pur a fronte di festeggiamenti sinceri alcuni osservatori hanno anche avvertito dei rischi e delle criticità, primo fra tutti le disparità economiche della regione che potrebbero minacciare la coesione. Ilango Karuppannan, ex alto commissario malaysiano a Singapore, ha affermato che l’Asean deve agire rapidamente per ridurre il divario di sviluppo tra i suoi membri, altrimenti rischia di inasprire le divisioni. “Se non agiamo, l’Asean potrebbe evolversi - avverte - in una comunità a tre livelli di ricchezza, con Timor Est ancora più indietro”. “Non vogliamo che tali divisioni - prosegue - diventino un problema strutturale che indebolisce l’unità” del blocco. Per Timor Est, il momento odierno segna sia un arrivo che un inizio: l’accoglienza nella famiglia dell’Asean e il ricordo che l’inclusione comporta responsabilità, non solo festeggiamenti.

Gli inizi coloniali

Timor Est, oggi Timor-Leste, è stata una colonia portoghese per oltre quattro secoli. La metà occidentale dell’isola apparteneva alle Indie orientali olandesi (l’odierna Indonesia), mentre la metà orientale rimaneva sotto il controllo di Lisbona. Quando nel 1974 cade la dittatura portoghese, le colonie iniziano a spingere per l’indipendenza e Timor-Leste vive un breve momento di libertà.

Il 28 novembre 1975, il partito nazionalista timorese Fretilin (Fronte rivoluzionario per un Timor Est indipendente) dichiara l’indipendenza dal Portogallo. Tuttavia, solo nove giorni più tardi l’Indonesia entra nel Paese vicino col pretesto di voler impedire la diffusione del comunismo. Da qui l’invasione si trasforma in una occupazione durata 24 anni, caratterizzata da una brutale repressione, carestia e decine di migliaia di morti. Le Nazioni Unite non hanno mai riconosciuto l’annessione dell’Indonesia.

Durante l’occupazione, i combattenti della resistenza timorese hanno promosso una guerriglia sotto la guida di leader come Xanana Gusmão e José Ramos-Horta. Nel 1991, le truppe di Jakarta aprono il fuoco sui partecipanti a un funerale al cimitero di Santa Cruz a Dili, un evento ripreso dai giornalisti stranieri. Il massacro sconvolge il mondo, squarciando un velo di omertà sulla brutale occupazione e rilanciando il sostegno internazionale all’indipendenza di Timor Est.

Referendum e indipendenza

Dopo la caduta del regime indonesiano di Suharto, nell’agosto 1999 si tiene un referendum sponsorizzato dall’Onu. Quasi l’80% degli elettori vota per l’indipendenza, scatenando violente ritorsioni da parte delle milizie filo-indonesiane durante le quali vengono uccise più di mille persone e gran parte delle infrastrutture del Paese vengono distrutte. Una forza internazionale di pace ha ripristinato l’ordine e le Nazioni Unite hanno amministrato il territorio fino al raggiungimento della piena indipendenza il 20 maggio 2002. Xanana Gusmão è diventato il suo primo presidente; José Ramos-Horta, premio Nobel per la pace, ha ricoperto la carica di ministro degli Esteri e poi di presidente.

Gli anni successivi all’indipendenza di Timor Est sono stati caratterizzati da instabilità politica, povertà e occasionali disordini, ma anche da una grande resilienza. Il Paese, ricco di spirito ma povero di infrastrutture, ha iniziato a ricostruire le sue istituzioni, la sua economia e la sua identità, spesso con l’aiuto dei Paesi vicini dell’Asean. Tuttavia, pur essendo geograficamente e culturalmente parte del Sud-est asiatico, è rimasto fuori dal blocco osservandone da lontano la crescita e l’evoluzione.

Timor Est ha presentato formalmente la sua candidatura per l’adesione nel 2011. Le preoccupazioni relative alla sua capacità amministrativa e alla sua preparazione economica hanno rallentato il processo, poiché il blocco opera sulla base del consenso e i suoi membri volevano assicurarsi che il nuovo arrivato fosse in grado di adempiere ai propri obblighi. Nel 2022, al Paese è stato concesso lo status di osservatore e ha iniziato a partecipare alle riunioni, allineando i propri sistemi ai tre pilastri del blocco: politico-sicurezza, economico e socio-culturale.

Infine, oggi, dopo anni di preparativi e diplomazia improntata alla buona volontà, Timor Est ha firmato la dichiarazione di adesione, diventando l’undicesimo membro del blocco. Per una nazione un tempo messa a tacere dall’occupazione indonesiana, l’adesione odierna segna il completamento simbolico di un lungo percorso, dal dominio coloniale e dal conflitto alla cooperazione regionale e al riconoscimento. Non è solo il culmine del sogno di Dili di “tornare a casa” nel Sud-est asiatico, ma anche un promemoria di ciò che l’Asean stessa rappresenta: pace, unità e destino condiviso.

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