23/10/2025, 18.08
LANTERNE ROSSE
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Il dibattito sul nuovo Piano quinquennale e le epurazioni di Xi Jinping

Poche indicazioni di percorso dal comunicato finale dell'atteso quarto Plenum del Comitato Centrale del Partito Comunista cinese chiusosi oggi a Pechino sotto la presidenza di Xi Jinping. All'enfasi sui risultati del quinquennio 2020-2025 fanno da contrappunto le difficoltà economiche di oggi. E alla fine a dominare la scena è stata la nuova ondata di rimozioni dai vertici dei Comandi militari.

Milano (AsiaNews) - La settimana in Cina è stata dominata dalla liturgia dell’attesa quarta sessione plenaria del Comitato Centrale del Partito Comunista cinese. Tra un Congresso e l’altro (l’ultimo si è svolto nel 2022) si tengono una serie di questi appuntamenti (in genere sette) che vedono presenti gli oltre 300 membri del Comitato Centrale, il massimo organo dirigente del Paese. La funzione principale delle sessioni plenarie è allineare i funzionari del partito attorno a obiettivi politici comuni, proiettando l’immagine di governo collettivo. Quella di questi giorni era considerata come un appuntamento cruciale perché si tratta della sessione incaricata di discutere il quindicesimo piano quinquennale, che seguendo la cadenza istituita fin dai tempi di Mao dovrà guidare lo sviluppo della Cina dal 2026 al 2030.

A entrare in gioco non sono ovviamente solo le politiche economiche (tasto già di per sé delicatissimo nell’attuale congiuntura), ma anche le scelte sulle priorità considerate strategiche. Dunque la discussione intorno al Piano quinquennale è un momento cruciale per testare la solidità della leadership del segretario generale. Non a caso, dunque, in queste settimane si sono moltiplicati le voci (impossibili da verificare) su fronde interne e persino sulle condizioni di salute di Xi JInping.

Le sessioni plenarie avvengono a porte chiuse, quindi ben poco si sa di quanto è stato realmente discusso. Tutto è affidato a un comunicato finale – diffuso oggi – che al netto delle formule di rito rivela ben poco, limitandosi a rassicurare che Xi Jinping (in questo caso nella veste di segretario generale del Partito) ha illustrato al Comitato centrale i contenuti della bozza.

Per il resto decanta i risultati “straordinari” del quinquennio che si va concludendo con il 2025. “Di fronte a una situazione internazionale complessa e articolata e a compiti interni ardui e gravosi in materia di riforme, sviluppo e stabilità - si legge - il Comitato Centrale del Partito, con al centro il compagno Xi Jinping, ha unito e guidato l’intero Partito e il popolo di tutte le etnie del Paese, affrontando le difficoltà con coraggio, avanzando con determinazione, resistendo al grave impatto della pandemia del secolo, rispondendo efficacemente a una serie di grandi rischi e sfide e promuovendo le cause del Partito e della nazione fino a raggiungere nuovi e importanti risultati”. Tradotto in numeri il Global Times (la voce in lingua inglese della Repubblica Popolare) parla di un Pil cinese che raggiungerà a fine 2025 i 140.000 miliardi di yuan, con un incremento quinquennale superiore a 35.000 miliardi di yuan, mantenendo un contributo di circa il 30% alla crescita economica globale e “rappresentando così un’oasi di certezza nell’economia globale”.

Questo scenario idilliaco fa decisamente a pugni con dati più certi come il crollo delle esportazioni cinesi e degli investimenti diretti esteri in Cina legati anche alla congiuntura politica. Proprio oggi, per esempio, Pechino ha dovuto fare i conti con la nuova tegola dell’inserimento da parte dell’Unione europea di quattro aziende cinesi nelle nuove sanzioni contro l’esportazione del petrolio russo. Mentre l’attenzione è puntata sugli incontri che da domani il vicepremier cinese He Lifeng avrà con il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Scott Bessent e il rappresentante per il Commercio Jamieson Greer sul tema dei dazi, a margine del vertice dell’Asean in Malaysia.

In quale direzione ha intenzione di muoversi la Cina, allora, con il suo nuovo Piano quinquennale? I punti di domanda restano tanti: nel comunicato del plenum del Partito Comunista cinese sul futuro abbondano gli slogan più che le indicazioni concrete: la Cina dovrà costruire un sistema industriale moderno e rafforzare le basi dell’economia reale, raggiungere una maggiore autosufficienza tecnologica, stimolare nuove forze produttive, sviluppare un mercato interno robusto e promuovere un modello di sviluppo innovativo. Dovrà inoltre “accelerare la modernizzazione agricola e rurale, perfezionare la distribuzione economica regionale, incoraggiare la creatività culturale nazionale e garantire benessere e prosperità condivisa”. Viene confermata l’ambizione di una “transizione verde a tutto campo” che porti la Repubblica popolare in una posizione di primo piano nelle politiche ambientali; percorso per il quale si evoca un miglioramento della qualità della vita e l’ideale di una “Bella Cina”. Non manca ovviamente l’insistenza sulla “modernizzazione del sistema di sicurezza nazionale”, perché per Xi Jinping il contributo della Repubblica popolare alla causa della pace passa per un esercito forte.

In sintesi il messaggio è sempre lo stesso: nonostante le crisi internazionali sta andando tutto meravigliosamente bene, grazie alla guida del Partito e alla sua leadership “compatta”. E proprio qui, dunque, arriva la questione vera che ha dominato questo delicatissima riunione del plenum: le nuove clamorose epurazioni che proprio la riunione del Comitato Centrale è andata a sancire. Tra tutte la più significativa appare quella che ancora una volta è andata a toccare i vertici dell’Esercito Popolare di Liberazione, andando a colpire anche He Weidong, secondo vicepresidente della Commissione Militare Centrale, scelto personalmente da Xi nel 2023 per questo ruolo che corrisponde al n. 3 nella gerarchia militare cinese. Il comunicato del Comitato Centrale – attribuendo a lui e a tutti gli altri “gravi violazione della disciplina del partito e della legge – rende noto il nome di Zhang Shengmin, il generale chiamato a prenderne il posto. “Governare il Paese - si legge nel comunicato - deve cominciare dal governare il Partito; solo quando il Partito prospera la nazione può essere forte. Quanto più efficace è la gestione e la governance del Partito, tanto più efficacemente essa garantirà lo sviluppo economico e sociale”. Un messaggio che fa pensare che la resa dei conti interna sia tutt’altro che finita.

 

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