27/07/2022, 09.15
GIAPPONE
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Tokyo: pochi passi avanti nella lotta al traffico di esseri umani

di Guido Alberto Casanova

A dirlo è un rapporto del Dipartimento di Stato Usa. Un controverso programma di apprendistato istituito nel 1993 continua a permettere lo sfruttamento di lavoratori migranti. Gli sforzi dell'organizzazione che dovrebbe supervisionare l'iniziativa sono insufficienti.

Tokyo (AsiaNews) - Il Giappone ha un problema di traffico di esseri umani. Purtroppo non si tratta di una novità per il Paese asiatico, ma il rapporto annuale del Dipartimento di Stato Usa, pubblicato la settimana scorsa, ha riacceso i riflettori sulla questione. Nonostante il documento riconosca gli sforzi compiuti, il Giappone è rimasto incasellato nella categoria intermedia evidenziando la gravità di un problema diffuso anche e soprattutto nei progetti governativi per attirare lavoratori stranieri nel Paese. “Il governo giapponese non soddisfa pienamente gli standard minimi per l’eliminazione del traffico di esseri umani, ma sta compiendo sforzi significativi in questo senso” dice il rapporto.

Al centro del controverso coinvolgimento delle autorità giapponesi c’è il progetto di apprendistato noto come Technical Intern Training Program (Titp). Concepito nel 1993 per attirare con un visto e un lavoro cittadini di Paesi in via di sviluppo e formarli professionalmente in Giappone, il programma è stato spesso criticato per essere essenzialmente uno strumento per sfruttare manodopera straniera a basso costo.

A parteciparvi sono centinaia di migliaia di cittadini provenienti da Paesi meno sviluppati dell’Asia orientale. La gran parte di essi provengono dal Vietnam, seguiti da Cina, Indonesia e Filippine. In certi casi però, partecipare all’apprendistato significa subire abusi e maltrattamenti. Alcuni di questi lavoratori migranti sono stati vittima di ricatti da parte delle imprese che li avevano presi a carico, limitandone pesantemente le libertà personali. Negli ultimi mesi è emerso il caso di tre lavoratrici vietnamite arrivate in Giappone grazie al Titp: per risolvere una controversia col proprio datore di lavoro le tre donne si erano iscritte a un sindacato, ma le autorità del programma avevano intimato loro di lasciarlo.

Per evitare questo genere di situazioni e per prevenire abusi contro i diritti umani dei lavoratori migranti, nel 2017 il ministero della Giustizia e quello del Lavoro avevano istituito un’organizzazione (detta Otit) che supervisionasse lo svolgimento del programma. Tuttavia secondo diversi gruppi della società civile, gli interventi di Otit in favore di quei migranti che si trovano in bisogno di aiuto risultano largamente insufficienti. “L’Otit dovrebbe proteggere gli apprendisti, ma è lento ad agire” dice un membro di Posse, un ente che si occupa di controversie sul lavoro.

Otit però si difende dicendo che il dovere di sostenere gli apprendisti stranieri ricade sulle organizzazioni no-profit che agiscono da intermediari tra lavoratori migranti e datori di lavoro e che il suo diritto a intervenire è limitato a quei casi in cui l’operato di quest’ultime è ritenuto insufficiente. Rimane però il fatto che i casi in cui l’organizzazione che dovrebbe sorvegliare sul corretto svolgimento del programma interviene sono molto limitati. A fronte di migliaia di segnalazioni di maltrattamento, solo a 33 organizzazioni no-profit è stato ritirato il permesso di intermediare.

Il problema sta emergendo però anche agli occhi del governo. Nel rapporto Usa, infatti, viene ricordato che per la prima volta le autorità giapponesi hanno riconosciuto che quattro apprendisti che hanno partecipato al Titp sono risultati vittime di tratta di esseri umani.

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