03/11/2015, 00.00
IRAQ
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Vescovo curdo: vietare a chi compie 18 anni di scegliere la propria fede è contro i cristiani

Mons. Rabban al Qas critica la decisione del Parlamento, che ha respinto la modifica della controversa norma. Il minore diventa musulmano se uno dei genitori si converte e non potrà cambiare al raggiungimento della maggiore età. "Genocidio" di un Paese che non conosce libertà e rispetto. Timori anche per il Kurdistan.

Baghdad (AsiaNews) - Una legge “contro i cristiani” e le altre minoranze dell’Iraq, approvata dal governo centrale a Baghdad e che rischia di avere “ripercussioni anche nel Kurdistan”, dove finora non è ancora applicata. Una norma che “ruba il desiderio di libertà” e che “spingerà i cristiani a fuggire via, ancor più di quanto non stiano già facendo”. È quanto denuncia ad AsiaNews mons. Rabban al-Qas, vescovo di Duhok (Kurdistan irakeno), commentando la decisione del Parlamento irakeno a fine ottobre di respingere la proposta di modifica di una controversa norma in tema di libertà religiosa. “Siamo di fronte a un genocidio - aggiunge il prelato - in un Paese che non conosce libertà e rispetto, ma solo morte e leggi contro la libertà”.

Al centro della controversia la scelta dei parlamentari irakeni di respingere la proposta - formulata da esponenti cristiani, ma caldeggiata anche da colleghi di altri schieramenti e fede religiosa - di modifica della norma sulla registrazione della religione per i minori. Oggi maschi e femmine vengono considerati in modo automatico musulmani, anche se uno solo dei due genitori si converte all’islam. L’emendamento presentato prevedeva che i minori restassero della religione di nascita, per poi decidere in modo autonomo al compimento del 18 anno di età.

Una legge che restituiva dunque piena scelta e libertà all’individuo, oggi costretto a subire un vincolo che porta automaticamente a essere considerati musulmani, anche contro la propria volontà. E anche il cambio di religione in un secondo momento diventa più difficile, per una religione che punisce l’apostasia con la pena di morte. E in Iraq si va diffondendo sempre più una visione estrema dell’islam. Solo 51 i voti a favore della proposta di legge, a fronte dei 137 contrari che ne hanno determinato l’affossamento.

Interpellato da AsiaNews, il vescovo di Duhok - nell’omonimo governatorato al confine con Turchia e Siria, dove hanno trovato riparo centinaia di migliaia di cristiani fuggiti da Mosul e dalla piana di Ninive, per l’arrivo dello Stato islamico - non usa giri di parole. “”Non è solo un progetto politico, ma ci sono anche le tracce di una religione islamica che vuole eliminare le minoranze. Una fede che ti impedisce di tornare indietro o di cambiare se sei musulmano; se cambi religione, questo varrà per sempre. Una mentalità che non ha nulla di umano”. E aggiunge: “Ai cristiani non hanno solo tolto le case e i beni, ma stanno togliendo loro anche la volontà, la speranza, la libertà di fede e di scelta per il futuro”.

Nella norma emerge in modo chiaro un doppio standard, che viola in modo palese i principi individuali di libertà religiosa ed eguaglianza fra fedi, fissando la supremazia della religione musulmana a discapito della cittadinanza, della giustizia sociale, della libertà religiosa. “Prima era possibile, arrivati a 18 anni di età - commenta mons. Rabban - cambiare la religione. Ora c’è una legge che lo impedisce. Una decisione molto grave da parte del governo di Baghdad, dietro la quale vi sono pressioni di gruppi fanatici e movimenti estremisti, che hanno fatto in modo che il Parlamento respingesse la modifica”. La battaglia per il cambiamento, afferma il prelato, “non è stata sufficiente per cambiare”.

In Kurdistan, conclude mons. Rabban, questa legge “non è ancora in vigore” e la regione mantiene un aspetto “civile e lascia libertà di scelta”. Tuttavia, conclude, quello di Baghdad è “un errore grosso, e in un futuro non è escluso il pericolo che questa legge potrà riguardare anche noi”.

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