19/07/2018, 11.21
LIBANO
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Vescovo libanese: il coraggio del gran muftì nel difendere i cristiani in Medio oriente

Agli studenti musulmani, Abdel Latif Derian ha ricordato l’importanza della presenza dei cristiani nella regione. Gli attacchi sono un crimine “contro tutta la popolazione”, condividiamo “lo stesso destino”. Mons. Gemayel: parole che ricordano l’Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II. Necessario sostenere e alimentare questa voce. 

 

Beirut (AsiaNews) - Le parole del gran muftì Abdel Latif Derian sono “più che coraggiose”, sono un atto “di valore” che si inseriscono “nello spirito” dell’Esortazione Apostolica “Una speranza per il Libano” di Giovanni Paolo II del 1997. Così mons. Maroun-Nasser Gemayel, vescovo dell’eparchia di Nostra Signora del Libano di Parigi dei Maroniti, commenta ad AsiaNews le parole della massima istituzione sunnita del Paese dei Cedri. Nei giorni scorsi egli aveva affermato che il Medio oriente è destinato a scomparire se continuerà l’esodo incessante dei cristiani dalla regione. 

Durante la cerimonia di laurea di 350 studenti dell’istituto Makased, scuole private islamiche del Libano, il gran muftì della Repubblica aveva dichiarato che “viviamo nello stesso Paese” fianco a fianco “con i cristiani” e, con loro, “condividiamo l’aria e il pane”. “Abbiamo lo stesso destino - ha aggiunto il leader sunnita - e il nostro futuro sarà insieme a loro, altrimenti non ci sarà nemmeno per noi”. 

Rivolgendosi a studenti musulmani e istituzioni presenti, il 65enne Abdel Latif Derian - conosciuto come uomo di pace e di dialogo, critico verso quanti fomentano lo scontro fra sunniti e sciiti - ha dichiarato che gli attacchi contro i cristiani “sono un crimine contro tutta la popolazione”. E le scuole di ispirazione religiosa islamica devono educare le future generazioni “al principio della cittadinanza, dell’amore e dell’appartenenza all’identità araba in un’ottica di fratellanza, verso un’unica famiglia”. 

Le parole del gran muftì sono accolte con estrema gratitudine da mons. Maroun-Nasser Gemayel, libanese e profonda conoscitore dell’esodo dei cristiani dal Medio oriente verso le nazioni europee, in particolare la Francia. “Vivendo nella stessa regione e avendo sperimentato sulla propria pelle periodi di gloria e di turbamento - sottolinea - cristiani e musulmani sono chiamati a costruire insieme un avvenire di collaborazione e convivialità” come recita un passaggio del documento di papa Wojtyla. 

Il compito comune di “costruire insieme” la regione va “gridato a gran voce” prosegue il prelato e “contrastata con tutte le guerre” che devastano il Medio oriente, a partire dalla barbarie perpetrata dai jihadisti dello Stato islamico (SI, ex Isis). Di contro, deve trovare sempre più spazio e parola quella parte del mondo musulmano che opera a favore del dialogo e della pace, perché essa rappresenta “il vento della speranza”. 

“È necessario - avverte il vescovo - che questa voce che risponde alle attese dei cristiani si diffonda ovunque”. Deve diventare la voce “della strada” dei musulmani, “la voce di tutti” che permette di entrare in una vera “logica di pace”. Deve nascere un nuovo partito, conclude il prelato, che è quello del “vivere insieme: è giunto il momento che questa convivialità sia affermata e consolidata una volta per tutte”. 

Più di una settimana fa, il 7 luglio a Bari, a un incontro di preghiera ecumenica con leader e patriarchi cristiani dell'Oriente, papa Francesco ha detto parole simile a quelle pronjunciate dal gran mufti: "C'è il rischio che la presenza di nostri fratelli e sorelle nella fede sia cancellata, deturpando il volto stesso della regione, perché un Medio Oriente senza cristiani non sarebbe Medio Oriente”.

(Ha collaborato Fady Noun)

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