26/04/2004, 00.00
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Vivere in uno stato di guerra : la testimonianza di una famiglia cristiana

di Pierre Balanian
"I rapitori sono stranieri. Nessun irakeno prenderebbe ostaggi o li ucciderebbe"

Baghdad (AsiaNews) – I rapimenti di stranieri sono opera di "bande criminali non irachene. I rapimenti spesso sono fatti per estorsione. Quanti iracheni ricchi sono stati rapiti per poi essere liberati dopo il pagamento del riscatto!". Muayed Hayat Shlimon, un cattolico caldeo, di 41 anni, nato e cresciuto a Bagdad, ne è sicuro. Muayed, che facendo l'autista passa la maggior parte della giornata a contatto con la gente, vede nell'uccisione di ostaggi una conferma della estraneità di chi compie tali atti. "Io personalmente, come anche tante persone irachene musulmane con le quali abbiamo parlato dell'uccisione degli ostaggi, siamo dispiaciuti e scandalizzati. E' impossibile che questi assassini siano opera di iracheni". Raggiunto per telefono, Muayed Hayat Shlimon ha parlato con AsiaNews della sua vita quotidiana a Baghdad.

 Sposato con tre figli, 10 anni il primo, sette il secondo e appena sette mesi il terzo, Muayed condivide la casa con il fratello Samir sposato con 4 figli. La famiglia Shlimon si ritiene più fortunata degli altri, Muayed, lavora come autista,  col proprio furgoncino. Dopo anni di lavoro lo "conoscono tutti" ed il lavoro non gli manca. Mentre molti altri, "che erano funzionari o lavoratori di aziende hanno difficoltà a trovare un impiego". Persona semplice: esce di casa alle 6,30 e rientra alle 18,30, perchè "è pericoloso rimanere fuori col buio". "Una volta – racconta - si usava recarsi a cena o semplicemente a compiere delle visite a parenti ed amici di sera, ma ora queste abitudini sono state abolite". Ci si sente per telefono "come se non vivessimo nello stesso paese". La vita nel nuovo Iraq è piena "di insicurezza e di paura". "Ho servito nell'esercito di Saddam, ero costretto, un servizio di leva durato 11 anni; allora usavamo dire: vai al fronte e non sai se ritornerai vivo". Adesso "ogni volta che esco di casa saluto i miei come se fosse per l'ultima volta".

E' la paura delle bombe e delle esplosioni, di raffiche di spari impazziti che possono arrivare da qualsiasi parte ed in qualsiasi momento. Come tutti gli iracheni, anche la famiglia Shlimon ha paura di mandare da soli i bambini a scuola "per fortuna è vicina, ma ultimamente rapiscono i bambini;  non possiamo nemmeno lasciarli giocare davanti a casa come una volta". Eppure, la vita continua; rispetto a mesi fa "ora abbiamo luce, acqua potabile e bombole di gas a volontà, certo non mangiamo pollo o carne tutti i giorni, ma i mercati sono pieni di tutto". La moglie non esce di casa, non per tradizione, ma per paura. Così è lui che fa la spesa e si reca al mercato "perché rischiare in due? io comunque devo stare fuori per lavoro". Un fenomeno nuovo "è la comparsa di medicinali venduti sulle bancarelle, spesso scaduti perché rubati un anno fa dai depositi durante il caos o perché lasciati al sole". Per molta gente povera tuttavia che non è in grado di pagare le medicine vendute in farmacia "queste rappresentano l'unica speranza".

Anche per la convivenza inter-religiosa Muayed insiste con tono sicuro che "siamo tutti iracheni e noi caldei cattolici abbiamo un ottimo rapporto con i sunniti e gli sciiti". "Ci stimiamo e ci rispettiamo, siamo cresciuti insieme". Una volta ci chiamavano "crociati, ora i crociati per la gente sono gli stranieri. Possiamo liberamente pregare non abbiamo alcuna paura da questo punto di vista".

Muayed, il cui nome in arabo significa "sostenitore", prima di lasciarci rivolge un appello al mondo "Abbiate pietà del nostro popolo, dopo tanti anni di sofferenza e di guerre vogliamo un governo nostro, ma le truppe straniere devono partire soltanto dopo aver garantito la sicurezza, finora è stato fatto poco per assicurare l'incolumità dei civili, ci sono molti armi in giro, rubate o lasciati dall'ex-regime, che nessuno ha preso la briga di raccogliere e sequestrare". Nega le voci sulla fuga dei cristiani iracheni dal paese. "Al contrario, molti cristiani stanno rientrando dall'estero. Questa è la nostra patria, noi siamo iracheni e viviamo bene con tutti i musulmani: siamo qui e vi rimarremo".

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