10/06/2009, 00.00
INDIA
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Andhra Pradesh: arcivescovo dalit chiede pari dignità fra cristiani e indù

di Nirmala Carvalho
Mons. Marampudi Joji afferma: “Solo la Chiesa ci tratta come un'unica famiglia senza nessuna discriminazione”. Alla guida di una delegazione della Federazione della Chiese dello Stato indiano ha incontrato il governatore Rajasekhara Reddy. Alle autorità chiede di difendere la libertà di religione e di conversione e di riconoscere ai dalit cristiani gli stessi diritti dei fuori casta indù, buddisti e sikh.
Hyderabad (AsiaNews) -  “Sono il primo arcivescovo dalit dell’India e ho il dovere di assicurare che la larga parte di cristiani che si trovano nella condizione di dalit possano godere i privilegi dei fuori casta delle altre religioni”.
 
Mons. Marampudi Joji, arcivescovo cattolico di Hyderabad e vice-presidente esecutivo della Federazione della Chiese dell’Andhra Pradesh (APFC), spiega così ad AsiaNews le ragioni del suo impegno, e di quello di tutti i cristiani dello Stato indiano, a difesa dei diritti dei cosiddetti intoccabili.
 
Il 6 giugno mons. Joji ha guidato una delegazione di 40 membri della APFC che ha incontrato Yeduguri SandintiRajasekhara Reddy, governatore dello Stato che da poco ha iniziato il suo secondo mandato di governo.
 
L’APFC ha chiesto a Rajasekhara Reddy d’impegnarsi per la difesa della libertà di religione e di conversione e affinché i dalit cristiani ottengano gli stessi diritti di quelli accordati ai fuori casta indù, buddisti e sikh. Il governatore ha risposto assicurando la sua intenzione di discutere il tema con l’autorità centrale di New Delhi ed in particolare con il ministro della Giustizia e con quello della Giustizia sociale e lo sviluppo. Rajasekhara Reddy ha inoltre dato la sua disponibilità a guidare una delegazione dei leader della Chiese a New Delhi che dovrebbe incontrare il premier Singh, il 19 o il 20 giugno.
 
Un decreto presidenziale del 1950 stabilisce che ai cosiddetti fuori casta siano riservate quote nell'istruzione e nella pubblica amministrazione. Tali prerogative non sono previste per i dalit cristiani e musulmani e vengono tolte a coloro i quali si convertono al cristianesimo o all'islam. Mons. Joji attribuisce questa situazione “ad una sbrigativa interpretazioni del decreto presidenziale” che di fatto “viola nella lettera e nello spirito alcuni articoli della Costituzione come il 15 ed il 25”.
 
“Il decreto rivela una natura discriminatoria”, afferma l’arcivescovo, basata sulla “divisione della comunità dei dalit su basi religiose”. Nei fatti i fuori casta cristiani “sono privati della protezione e della garanzia dei diritti offerta agli altri dalit” e questo per loro significa “la negazione della libertà di religione”.
 
L’impegno dell’APFC per i cosiddetti intoccabili rappresenta una sfida culturale oltre che civile per la Chiesa indiana. Racconta l’arcivescovo di Hyderabad: “Quando la Santa Sede ha annunciato che io, che sono dalit, sarei diventato arcivescovo la società ha reagito polemicamente. Solo la Chiesa ci tratta come un'unica famiglia senza nessuna discriminazione. Invece, nella società indiana, il problema dei dalit ha un peso socio-economico e la Corte suprema ha stabilito in modo categorico che la conversione al cristianesimo non fa cadere la distinzione di casta”.
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