03/07/2014, 00.00
INDONESIA
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Dai vescovi indonesiani un piano pastorale per il recupero dei tossicodipendenti

di Mathias Hariyadi

Il centro della Kunci Drug Rehabilitation Foundation ospita fino a 18 pazienti e offre programmi di recupero. La Conferenza episcopale elabora un programma dedicato che va “dalla disperazione alla speranza”. E invita tutte le realtà cattoliche ad aderire. Entro il 2015 almeno 5,2 milioni di cittadini avranno problemi di droga.

Jakarta (AsiaNews) - "Sono felice di aver conosciuto altri pazienti, con esperienze diverse" dopo essere stato emarginato dalla famiglia di origine, che lo ha cacciato a causa della dipendenza dalla droga. È quanto confida ad AsiaNews un uomo nativo di Jakarta (il nome lo omettiamo per ragioni di riservatezza, ndr), ospite da oltre sette mesi del centro di recupero cattolico per tossicodipendenti Kunci Drug Rehabilitation Foundation. La struttura è nata nel 2005 sorge a Nandan, a Yogyakarta (isola di Java) ed è in grado di ospitare fino a 18 pazienti, provenienti da tutto l'arcipelago indonesiano, con programmi mirati di riabilitazione che vanno da due a sei mesi. "Da quando sono al centro - aggiunge l'uomo - ho ritrovato la mia dignità". Un percorso analogo è quello compiuto da un ragazzino di 13 anni della provincia di Riau, con problemi di droga dall'età di sette anni: "Ho iniziato a consumare droga all'interno del mio gruppo, a scuola e nel tempo libero" ma grazie all'istituto cattolico ha intrapreso un percorso di recupero. 

Da tempo la Conferenza episcopale indonesiana (Kwi) ha posto l'accento sul problema della droga, che riguarda una fetta consistente della popolazione. A confermare la gravità del problema, i dati forniti dal generale Anang Iskandar dell'Agenzia nazionale anti-droga: nel 2013 il numero di tossicodipendenti ha superato i 4,9 milioni, la maggior parte dei quali dedita al consumo di cannabis. entro il 2015, secondo gli esperti, il numero potrebbe superare quota 5,2 milioni. Essa è presente in ogni strato sociale, compresi studenti, professionisti e persino politici.

Lo scorso anno i vescovi hanno lanciato un programma di assistenza e recupero "fisico e morale", che ora coinvolge anche il Dipartimento anti-droga (Bnn) e la Catholic Kunci Drug Rehabilitation Foundation, specializzata per i tossicodipendenti. La nascita della collaborazione fra le tre diverse entità è stata sancita dalla lettera pastorale della Conferenza episcopale, dedicata proprio ai problemi sociali e legali connessi alla droga: "Dalla disperazione alla speranza". 

Mons. Johannes Pujasumarta, arcivescovo di Semarang e segretario generale Kwi, assieme al responsabile dell'antidroga, ha lanciato il programma "Help" per tossicodipendenti in cerca di aiuto e sostegno. Una iniziativa che ha trovato l'adesione della Catholic Kunci Drug Rehabilitation Foundation e che ambisce a diventare una realtà operativa sul territorio nazionale. Nella lettera pastorale i vescovi invitano tutte le strutture cattoliche - scuole, ospedali, istituti - a sostenere il progetto. 

Il prelato conferma l'urgenza e la gravità del problema droga, che mina le basi stesse della società e della famiglia e che non risparmia nemmeno il mondo cattolico, in particolare i giovani e gli adolescenti. Da qui l'impegno della leadership cattolica, che intende mettere in campo tutti gli sforzi per "mettere la parola fine" al dramma sociale. In aggiunta, il segretario esecutivo Bnn ispettore Nicholas Eko descrive come "monumentale" l'impegno dei vescovi nella lotta alla tossicodipendenza e auspica un trattamento "umano e personale" i tossicodipendenti, che non vanno messi all'indice come "criminali". 

In Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, i cattolici sono una piccola minoranza composta da circa sette milioni di persone, pari al 3% circa della popolazione totale. Nella sola arcidiocesi di Jakarta, i fedeli raggiungono il 3,6% della popolazione. La Costituzione sancisce la libertà religiosa, tuttavia la comunità è vittima di episodi di violenze e abusi, soprattutto nelle aree in cui è più radicata la visione estremista dell'islam, come ad Aceh. Essi sono una parte attiva nella società e contribuiscono allo sviluppo della nazione o all'opera di aiuti durante le emergenze, come avvenuto per in occasione della devastante alluvione del gennaio scorso. 

 

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